Recensione Re della terra selvaggia (2012)

Un po' favola, un po' racconto per ragazzi alla Mark Twain, il film di Benh Zeitlin tratta temi profondi come la crescita, il diventare padroni del proprio destino, ma lo fa in modo gioioso ed esplosivo, con uno stile che sprizza energia da ogni fotogramma.

Nel paese delle creature selvagge

E' davvero esplosivo il debutto di Benh Zeitlin, Re della terra selvaggia: dopo aver conquistato il premio della giuria al Sundance, ha ammaliato il pubblico di Cannes dove concorre per Un Certain Regard e la Camera d'Or e si guadagna con merito il titolo di prima sorpresa di questa 65esima edizione.

Protagonista assoluta della pellicola, eroina ma anche narratrice, è Hushpuppy, una bambina di sei anni che vive praticamente da sola nella "Bathtub" (la vasca da bagno), una zona paludosa del sud della Lousiana, a stretto contatto con gli animali e la natura selvaggia del luogo. Nonostante la madre viva solo negli sporadici ricordi del papà, anch'egli spesso assente, o nelle fantasia della bimba, l'esistenza di Hushpuppy è comunque gioiosa così come lo è per l'intera comunità del bayou, che vive senza soldi ma solo del cibo che si trova nella Bathtub. L'unica che sembra avere delle preoccupazioni è la maestra elementare che parla agli alunni di selezione naturale, riscaldamento globale e perfino di antiche e mostruose creature che in passato popolavano quelle terre.

Con l'arrivo di una spaventosa tempesta gli equilibri di questo bizzarro ma felice ecosistema sembrano venire meno e per Hushpuppy, il padre e gli abitanti della Bathtub non rimane che letteralmente imbarcarsi in una avventura attraverso quelle terre ora allagate.
Ma come se non bastasse la catastrofe naturale, altri problemi sono in arrivo per la nostra eroina, il padre infatti si scopre gravemente malato e quelle creature mostruose di cui parlava la maestra si sono liberate dai ghiacci perenni e con fare minaccioso si dirigono verso la Bathtub.

Re della terra selvaggia, un po' favola, un po' racconto per ragazzi alla Mark Twain, tratta temi profondi come la crescita, il diventare padroni del proprio destino, ma lo fa in modo gioioso ed esplosivo, con uno stile che sprizza energia da ogni fotogramma; Benh Zeitlin inventa un piccolo mondo che è sì credibile ma anche magico, e ne affida le chiavi alla bravura e alla dolcezza della deliziosa Quvenzhané Wallis, una bambina il cui viso così espressivo e ricco di personalità sembra davvero fatto per il cinema.

Il senso di fragilità ma anche di determinatezza che regala alla sua Hushpuppy è il cuore della pellicola, il suo cespuglio di capelli parte integrante di quel mondo aspro e selvaggio, la poesia del suo voice over quasi un canto che ci accompagna quanto l'ottima colonna sonora che lo stesso regista ha composto insieme a Dan Romer.
E su tutto troneggia l'evidente tema ecologista, l'inevitabile richiamo all'uragano Katrina e a tutti i bambini che hanno perso l'amore dei genitori ma che hanno continuato a vivere e lottare, sfidando natura, incubi e destino avverso.

Movieplayer.it

4.0/5