Mena Suvari e Caterina Murino raccontano The Garden of Eden

In esclusiva per il lettori di Movieplayer.it un faccia a faccia con il cast del film scandalo di John Irvin, presente come proiezione speciale nella terza edizione del Festival Internazionale del Film di Roma.

Nella splendida cornice dell'hotel De Russie, a due passi dall'affollatissimo Festival del Film di Roma che ne ospita la prima mondiale, il regista John Irvin ed il cast del suo attesissimo The Garden of Eden hanno incontrato la stampa italiana per una chiacchierata su quello che è annunciato come il film più 'caldo' della stagione cinematografica, evento speciale tra i più ghiotti. Girato nell'estate del 2007, il film è liberamente tratto dall'omonimo romanzo semi-autobiografico di Ernest Hemingway (in Italia edito da Mondadori), pubblicato dopo la sua morte nel 1986 e divenuto immediatamente un best-seller. Ambientato negli anni '20 in Costa Azzurra, il film narra di un morboso triangolo amoroso nato durante la luna di miele dello scrittore David Bourne e della sua volubile moglie Catherine . Per rendere più piccante la loro vacanza europea Catherine comincia a proporre al marito giochi erotici sempre nuovi ed estremi, fino ad arrivare a coinvolgere nel vortice della sua follia amorosa una bellissima ragazza italiana di nome Marita, che proprio come il serpente del giardino dell'Eden si intrufolerà nelle loro vite cambiandole per sempre.
Protagonisti di questo ménage à trois ad alta tensione erotica l'icona sexy di American Beauty Mena Suvari, la nostra splendida ex-Bond girl Caterina Murino, Jack Huston (Outlander, Factory Girl, unico assente qui a Roma) e l'affascinante Matthew Modine (nella parte del padre di David) protagonista della parte africana del film che sdoppia il piano narrativo per illustrare allo spettatore il romanzo ambientato in Africa che lo scrittore sta scrivendo in quel periodo.

Come si vede Caterina Murino in questo ruolo così ambiguo?
Caterina Murino: In effetti il mio è un personaggio assai controverso, ambiguo sotto il punto di vista sessuale e sentimentale. All'inizio è dalla parte della sua amica, poi la tradisce per schierarsi al fianco di lui sull'onda dell'attrazione. Sono tante le chiavi di lettura: è quella che si avvicina ai due protagonisti con gli occhi bassi e che a tratti sembra essere totalmente in balìa degli eventi, poi si innamora del marito dell'amica e glielo porta via. C'è chi la vede come una donna astuta che ha pianificato tutto dall'inizio o altri invece la vedono come colei che vince la partita solo perché l'antagonista rinuncia alla posta in palio.

Tu che chiave di lettura preferisci?
Caterina Murino: Dal mio punto di vista Marita è una donna libera e senza piani prestabiliti entra nella vita di questa coppia di coniugi con l'intento di passare 10 giorni di svago. Poi sull'onda della tentazione e della trasgressione si fa trasportare e coinvolgere in qualcosa di più grande e più profondo da cui non riuscirà più a fuggire. Anche il mio personaggio in James Bond, seppur piccolissimo, è stato sempre considerato aperto a più interpretazioni.

Cosa si prova ad accompagnare un film così importante e impegnativo ad una manifestazione internazionale come questa e per di più in Italia?
Caterina Murino: In questo momento ho tre progetti importantissimi in ballo: il film di Pappi Corsicato che ha recentemente partecipato al Festival di Venezia è ancora nelle sale (Il seme della discordia ndr), la fiction Donne Assassine su Fox Crime e poi l'anteprima mondiale di questo The Garden of Eden qui a Roma. Non solo Bond quindi, ma molto di più. Finalmente anche gli italiani potranno vedermi in ruoli diversi e apprezzarmi come attrice e io potrò sentirmi un pochino più italiana. Pensate che all'estero vengo scambiata per francese...

Come vede Mena Suvari il personaggio di Catherine? Non sembra la pazza del momento ma una donna forte e decisa che ha voglia di emozioni forti...
Mena Suvari: In questa storia e in questo personaggio nulla è bianco o nero. Catherine è una donna giovane che ancora non conosce se stessa, non sa cosa vuole e quel che sta cercando con il suo nuovo compagno di vita. Nel corso della storia si svolge per lei un processo di autocognizione che la porterà a spingersi sempre oltre, a farsi domande sempre più complesse sul matrimonio, sulla fedeltà, sull'amore incondizionato, e ogni volta tenta di reagire all'andamento imprevedibile degli eventi.

Fondamentalmente è una donna delusa dal suo uomo quindi...
Mena Suvari: Penso proprio di si. E' lei nella coppia ad avere il controllo su tutto, è lei ad avere il denaro e a decidere. Questa cosa la eccita e la spinge a cercare qualcosa di più, a cercare un controllo anche psicologico sul marito e sui suoi scritti. Ad un certo punto della storia il loro matrimonio diviene un vero e proprio gioco di potere. Quando lui diviene ostile lei realizza che il potere che pensava di avere in realtà è svanito e pian piano si fa logorare fino a mollare la presa e fuggire via.

E questo famoso bacio saffico tra lei e Caterina? E' più stato imbarazzante questo o il primo bacio dato ad un uomo sul set?
Mena Suvari: Non c'è nulla di imbarazzante in un bacio, che sia con un uomo o con una donna poco cambia. Quando ho accettato il ruolo sapevo che ci sarebbero state scene scabrose e anche questo famoso bacio di cui si parla tanto. Più difficile è stato invece superare l'imbarazzo delle scene di nudo, anche se poi quando provi e riprovi per tante volte alla fine ti ci abitui un po'.

Cosa ha rappresentato per lei la partecipazione ad American Beauty? E' stato un po' uno spartiacque per la sua carriera...
Mena Suvari: Ho cominciato la carriera di attrice a soli 14 anni con qualche apparizione in spot televisivi ed ero totalmente avulsa da quel mondo. Quando è arrivato American Beauty ho cominciato a capire che oltre alla recitazione per un attore c'è anche altro, c'è il lato commerciale del mondo dell'entertainment, c'è il mercato, le majors e tutto il resto. Quando mi proposero il ruolo di Angela devo ammettere che fui contentissima, ma solo perché in quel momento avevo ufficialmente un lavoro, poi sono cresciuta e maturata e ho capito la fortuna che avevo avuto. Questo film ha cambiato la mia carriera ma anche il mercato cinematografico in generale, oggi non si fanno più film di questo tipo, per vederli ora ci si deve rivolgere unicamente al cinema indipendente.

Signor Modine, come si è trovato ad interpretare questo ruolo così simbolico e rappresentativo della letteratura di Hemingway?
Matthew Modine: Aspettavo quest'opportunità da tantissimi anni, avevo un grande desiderio di lavorare con John Irvin e finalmente l'ho realizzato. La cosa più bella è stata lavorare in Africa, in Kenya, con un regista che è nato come documentarista e che quindi era molto preparato sul da farsi. Un piccolo camioncino equipaggiato, attrezzature ridotte al minimo necessario e siamo partiti per le riprese tra i guerrieri Masai, senza dare troppo fastidio. Sembrava quasi una spedizione di guerra tanto è stata mirata e veloce.

Signor Irvin, quanto si sente di esser stato fedele all'opera di Hemingway?
John Irvin: Quando lavori con il materiale di un genio c'è il rischio di strafare, di non essere all'altezza del compito. Tutto diventa molto più difficile quando si tratta di un'opera così sofferta, personale e sentita che l'autore non è neanche riuscito a portare a termine prima di morire. Ho cercato di rimanere il più possibile fedele allo spirito del romanzo e al carattere di Hemingway. Ho adattato molti libri nella mia carriera ed è stato sempre difficile accontentare tutti.

In due parole come definirebbe il suo film?
John Irvin: E' quasi una storia di possessione demoniaca, in senso molto lato ovviamente. I protagonisti si divertono a rincorrersi, a confrontarsi e a sfidarsi.

A quale pubblico secondo lei è diretto questo The Garden of Eden?John Irvin: Spero che più persone possibile possano vedere questo film, ma principalmente è un film per adulti, per tutti coloro che alle spalle possono avere esperienze di vita che possano permettere un avvicinamento maggiore alla storia e al contesto di per sé molto attuale. Fondamentalmente io racconto di gente adulta che col passare degli anni si sente sempre più circondata da demoni e da paure.

L'anno prossimo sarà in Italia per girare il suo nuovo film Red Gold, tratto dal romanzo di Alessandro de Gaetano e con protagonista Enrico Lo Verso. Ci racconta qualcosa di più?
John Irvin: Le riprese inizieranno l'anno prossimo tra il Canada (80%) e la Sicilia (20%), siamo in fase di pre-produzione, la famosa fase in cui si cercano i finanziamenti che per il momento hanno raggiunto l'85% del budget totale. Sarà una bellissima storia ambientata negli anni '40 tra Italia e Usa al cui centro si trova un gruppo di rifugiati di guerra italiani trapiantati in un piccolo villaggio dell'Idaho. Sarà un film sulle razze e sulle nazionalità ma fondamentalmente parlerà di giovani, della loro voglia di vivere, della loro memoria storica, delle loro infinite risorse, della loro voglia di fuggire dagli orrori della vita e ricominciare da capo. Un film d'amore e d'avventura a cavallo tra Italia e America.