Marc Webb e Andrew Garfield presentano il loro Spider-Man

In occasione della presentazione di The Amazing Spider-Man, reboot del franchise dedicato al personaggio di Stan Lee, il regista Marc Webb e il cast hanno incontrato la stampa per parlare del 'loro' Uomo Ragno.

The Amazing Spider-Man era un progetto rischioso e insieme stimolante. Di questo, il regista Marc Webb, il protagonista Andrew Garfield e tutti coloro che ci hanno lavorato, saranno stati certo ben consapevoli. Un reboot a così pochi anni di distanza, col grande pubblico che ha ancora negli occhi (e nella mente) i tre film di Sam Raimi e l'interpretazione di Tobey Maguire, significava accollarsi un compito ingrato che era anche una sfida. Artisticamente, a nostro avviso, l'operazione è riuscita solo in parte: con l'ottima intenzione di rileggere il personaggio da un'ottica diversa, che non sempre si traduce in una narrazione equilibrata e coinvolgente. Resta comunque l'importanza intrinseca del prodotto, specie in prospettiva: questo reboot darà vita sicuramente a una nuova serie, che avrà modo di sviluppare il soggetto (come già Webb, pur con tutte le riserve del caso, ha iniziato a fare) in direzioni diverse e impreviste. Di questo, del loro rapporto col personaggio, e delle prospettive che questo film apre, hanno parlato proprio Webb, Garfield, i co-protagonisti Emma Stone e Rhys Ifans, e i produttori Matt Tolmach e Avi Arad, nell'incontro stampa che ha presentato il film ai giornalisti romani.

Marc Webb, per usare un termine che in questo periodo di Europei va molto di moda, questo film è una "ripartenza": quali sono state le difficoltà e le cose che l'hanno appassionata in questa operazione di ritorno?
Marc Webb: Credo che Spider-Man sia un personaggio iconico e leggendario. A differenza di eroi contemporanei come Harry Potter, è in giro da 50 anni, e la nostra è una diversa visione del personaggio: un'angolazione diversa, che ci fa sapere cos'è successo ai genitori e approfondisce la storia di Gwen. Volevo trovare un tono che fosse più con i piedi per terra, più naturalistico: in questo film, più importante del morso del ragno è il momento in cui lui è stato abbandonato dai genitori.

Il film sembra assimilabile alla serie Ultimate Spider-Man: una storia già nota narrata da un diverso punto di vista. Nei sequel ci saranno i vecchi cattivi con nuove storie e nuove origini? Marc Webb: C'è un certo elemento iconico nel personaggio, ma anche un nuovo contesto. In Ultimate Spider-Man ci sono anche nuove dinamiche che sicuramente ci hanno ispirato. Si potevano costruire tante storie, ma volevamo uno sguardo nuovo: il film, in realtà, è un mix di vecchio e nuovo.

Considerato il gran numero di fan di Spider-Man, avete sentito la pressione? Qual è stato il vostro rapporto con loro?
Emma Stone: Da parte nostra c'è una grandissima responsabilità nei loro confronti, un qualcosa su cui all'inizio ho molto riflettuto: dall'esperienza di The Help, comunque, ho imparato a calmarmi e a rendermi conto che potevo solo fare il miglior lavoro possibile, senza l'ossessione di soddisfare tutti. Potevo solo dare la mia visione del personaggio. Io non penso mai, tra l'altro, alla parola fan rapportata a me: è strano pensare ai propri fan, ma capisco quelli di Spider-Man, perché anch'io ne faccio parte.
Andrew Garfield: I fan sono il pubblico più importante presente al cinema: se riusciamo a soddisfare loro, facciamo già un bel lavoro. La pressione l'ho sentita fortissima quando sono entrato in questo costume, ma è stata una bella pressione, una cosa fantastica: guai se non ci fosse stata.

Nel film si coglie un po' l'ansia di non ripetersi, che sembra mettere un po' in secondo piano, per esempio, il senso di responsabilità di Peter. E' stata una scelta voluta, o il personaggio si evolverà nei sequel? Marc Webb: In generale, mi piace il personaggio che si evolve, e sicuramente ciò succederà. Non scendo nei dettagli, ma mi piace l'idea di lasciare il personaggio aperto, in modo che abbia spazio per crescere in eventuali altri film.

Ifans, la sua performance ricorda archetipi come Jekyll e Hyde, e anche certi momenti di Batman o La mosca. Ha avuto ispirazioni del genere per interpretare il personaggio? E Marc Webb ci ha pensato o no?
Rhys Ifans: Grazie per il complimento, intanto: noi non volevamo mostrare solo uno scienziato pazzo, ma un uomo che all'inizio ha una sua etica e dei legami emotivi con Peter visto che conosceva bene il padre. In Jekyll e Hyde c'è una sorta di magia, in quella scrivania in cui l'uno appare e l'altro scompare: noi volevamo mostrare cosa c'era dietro questa scrivania. Nei drammi di William Shakespeare c'è uno stratagemma in cui il protagonista parla al pubblico: noi abbiamo usato come trucco la macchina da presa e il computer, che consentono al cattivo di avere momenti di soliloquio in cui si rivolge anche al pubblico.
Marc Webb: Questo svolgersi lento del personaggio è stato divertente. Non si tratta di un semplice cattivo, visto che abbiamo discusso le varie fasi in cui la parte cattiva man mano emerge. Esplorare la sua graduale pazzia è stato divertente.

Webb, come ha affrontato il problema di trasportare una storia a fumetti al cinema, anche in virtù di quanto aveva già fatto Raimi? Marc Webb: Raimi ha fatto un ottimo lavoro, anche nell'ottica di rimanere il più possibile fedele allo stile del fumetto. Ma noi non volevamo mantenere lo stesso linguaggio dello Spider-Man originale: piuttosto, il nostro scopo era stabilire un tono naturalistico, tono per cui servivano gli attori giusti.

Quant'è stata impegnativa la produzione? C'erano cose che Marc Webb vi ha chiesto e che è stato impossibile fare?
Matt Tolmach: Sì, capitava spesso, ogni giorno! Però avevamo un cast che era innamorato del personaggio, e se metti insieme questo tipo di cast, i problemi si risolvono. Quando sai di avere a che fare con persone che amano davvero quello che stanno facendo, allora non c'è alcuna ragione di dire no.
Avi Arad: La decisone di girarlo in 3D ha anche cambiato il piano e la realizzazione delle riprese. E' stato bello, ma un po' pesante all'inizio: il 3D era anche un modo per far sì che le persone provassero qualcosa insieme al protagonista.

Nel mondo attuale si vive per sé stessi, ovvero l'esatto opposto di quanto fa Spider-Man. Si sente ancora la necessità di un personaggio che fa delle rinunce per aiutare gli altri? Andrew Garfield: Dico la verità, non avevo capito davvero perché amassi questo personaggio finché non ho girato questo film. Lui è come il capo della tribù, un leader: aveva un impulso eroico ancora prima di diventare un supereroe, una grande forza interna che poi non corrispondeva al suo aspetto fisico. Il fatto che sia orfano, l'empatia per gli altri, il suo percorso di crescita, fa in modo che diventi un eroe: lui fa un viaggio che lo porta ad aiutare gli altri. Attraversa eventi tragici, ma lo fa anche con senso dell'umorismo.

Il film tratta anche il tema degli esperimenti genetici. Qual è la vostra opinione a riguardo? Andrew Garfield: Se si possono fare le cose in modo umano, senza fare del male a uomini o animali, allora la genetica va benissimo.
Rhys Ifans: Il dottor Connors/Lizard ha un profondo legame emotivo con Peter: gli dà come un avvertimento, visto che il suo personaggio parla di sviluppi rapidi nella scienza e nella tecnologia. Non c'è tempo, nel mondo attuale, per discutere gli esiti morali od etici di questi sviluppi: essi sono spesso presi in ostaggio da persone senza scrupoli, con forti interessi personali.
Emma Stone: La ricerca sulle staminali, quando si vedono i risultati positivi, stupisce molto: ma la questione ha anche altri aspetti. La mia opinione, comunque, non vorrei renderla pubblica.

Garfield, cosa ha provato la prima volta che si è visto vestito da Spider-Man? Andrew Garfield: La primissima volta veramente avevo 3 anni: ero convinto di essere lui! Ora è stata un'esperienza diversa, sentivo una grande pressione e i tanti soldi che giravano: volevo che tutto fosse "protetto", specie tutto ciò che riguardava questo personaggio. Però per me era importante provare quella stessa emozione, volevo sentirmi libero anche di sbagliare e di sperimentare. Ce l'ho messa tutta, ma c'erano anche dei momenti di leggerezza.

Stone, si parla già di sequel e di vari attori possibili per interpretare il prossimo cattivo. Tra questi, si fa anche il nome di Jim Carrey. Lei ha recuperato il rapporto con lui? Emma Stone (ridendo, ndr): Io lui non l'ho mai incontrato ma mi sembra una persona fantastica, meravigliosa. Questo è tutto ciò che posso dire!

Ifans, recentemente l'abbiamo vista in un film abbastanza diverso come Anonymous. In base a cosa sceglie i personaggi? Rhys Ifans: Semplice: cerco sempre di scegliere persone che mi facciano apparire più bello!

Come ci si sente ad essere in un franchise alla partenza? Lei che ha una certa esperienza, si è sentito una guida per gli altri? Rhys Ifans: No, non mi sono sentito affatto come luce guida, anzi mi sono sentito umile di fronte alla loro performance. E' stato fantastico, una gioia lavorare con loro, e direi anche una lezione per gli attori della mia generazione.

In che modo avete affrontato il tema della storia dei genitori di Peter? Marc Webb: Ci ho pensato molto, a quando i genitori lo abbandonano. Doveva sentirsi molto sfiduciato verso le persone, e forse da lì viene il suo frequente sarcasmo. E' anche narrativamente la storia di un ragazzino che cerca suo padre, e trova se stesso.
Andrew Garfield: E' un orfano, che subisce la più grossa ingiustizia che si possa subire: questo lo rende difficile da avvicinare. E' una fortuna che le tragedie che lui affronta, tra cui la morte dello zio, colpiscano un orfano: altri non sarebbero stati in grado di reggerle.

Spider-Man è un fumetto, ma i ventenni di oggi è anche un fenomeno cinematografico. Continua ad essere raccontato in varie forme. In che modo il personaggio è stato assorbito dalla società americana, e perché secondo voi è così amato? Marc Webb: E' un personaggio che ha in sé varie componenti: l'utopia, il fatto che sia un guardiano, il fatto che è un "amico". Forse è il costume colorato, la simmetria dei simboli... i bambini sentono l'affinità primordiale con questo personaggio. Forse Stan Lee, quando l'ha creato, ha toccato qualcosa di universale. Forse c'è anche il fatto che è l'unico supereroe il cui costume copre tutto il corpo: tutti possono identificarsi con lui, perché dietro quel costume potrebbe esserci chiunque. Non conta come sei fuori, puoi comunque sentirti lui.