Recensione Bert Stern: L'uomo che fotografò Marilyn (2011)

La compagna Shannah Laumeister ripercorre la carriera di Bert Stern, mettendo l'accento sulla sua grandezza di artista ma anche sulle sue debolezze di uomo, celebrando una vita sempre e comunque al servizio della bellezza.

Lo spazio tra di noi

Per alcune culture, si sa, l'atto del fotografare è un atto malvagio, perché la fotografia è in grado di rubarti l'anima. Certe fotografie, però, l'anima sono invece in grado di farla risplendere, di tradurla in una forma compiuta ed evidente; sanno svelare la natura più intima di un soggetto, altrimenti sedata dalla timidezza, dalla paura del giudizio, dal bisogno di essere convenzionali. Tra le fotografie in grado di fare questo ce ne sono anche parecchie di Bert Stern, artista diventato famoso ai più per aver realizzato l'ultimo servizio per Marilyn Monroe, poche settimane prima della sua morte, ma che aveva già innovato, come nessuno prima di lui, il mondo della pubblicità e, in generale, dell'editoria.


E pensare che Bert Stern il fotografo non lo voleva nemmeno fare. Shannah Laumeister, sua attuale compagna, lo esorta qui a raccontare nuovamente quelle esperienze e quegli incontri che lo hanno portato al successo, alla caduta e poi alla rinascita. La regista sa bene come tessere le fila di una vita complessa, appassionata e sempre tesa a raggiungere, e superare, i propri limiti, proprio perché di quella vita è stata, ed è, una delle protagoniste indiscusse. Perché Shannah Laumeister è bella, come era bella quando, da giovanissima, ha conosciuto Bert Stern, e ne è rimasta subito affascinata, perlomeno quanto lui è rimasto affascinato da lei. Non fa mistero, Stern, del potere di seduzione che la bellezza femminile esercita su di lui, e infatti è proprio in virtù della propria ossessione per una ragazza stupenda che il giovane art director si avvicinò alla fotografia. L'amico Stanley Kubrick lo invita sul set di un proprio servizio, e Stern impiega poco a concludere che, se fosse lui a fotografarla, quella bellissima modella si lascerebbe senz'altro baciare. Mesi dopo, a baciarla ce la farà eccome, e ce la farà persino a sposarla ("ma io non volevo sposarla, volevo soltanto baciarla", ricorderà con scanzonata onestà), e riuscirà a baciare molte altre donne, alcune capaci di minacciarlo con un coltello di fronte ai suoi continui tradimenti, fino al matrimonio con Allegra Kent, prima ballerina del New York Ballet e grande amore della sua vita.

Grande amore della sua vita, certo, ma sempre al netto della fotografia, e delle bellezze che fotografava: perché la fotografia, per Stern, è il modo per riempire quello spazio tra le persone, tra soggetto e artista nel proprio caso, che normalmente ci tiene distanti, ma nel quale può succedere qualunque cosa. La fotografia è il mezzo attraverso il quale ottenere quello che si vuole: tutta quella bellezza è lì, davanti a lui, e da dietro il suo obiettivo Bert Stern è in grado di prendersela, di attingerne a piene mani, di saziarsene, ma mai fino in fondo. Il suo metodo di lavoro è aggressivo, sensuale: stordisce la modella di musica, la affascina con il proprio fare sornione, la seduce con la sicurezza di chi sa di essere in grado di tirare fuori il meglio di te. Perché per Bert Stern, e sarebbe impossibile pensare il contrario, l'immagine è tutto, al punto da fargli dire che "noi siamo la nostra immagine", e cogliere l'immagine più congrua al nostro essere autentico è quello che ha sempre saputo fare meglio. Proprio in virtù di questa sua penetrante sensibilità è stato definito il primo fotografo concettuale della storia: Stern ha innovato il mondo della pubblicità spazzando via le signorine perbene, giulive e soddisfatte per l'acquisto del nuovo sapone, e sostituendole con immagini in grado di andare oltre la semplice funzionalità del prodotto, di regalare, per la prima volta, dei sogni, anche nello spietato reame del profitto.

La Laumeister dipinge Bert Stern come un uomo imperfetto, che ha commesso grandi errori a cui forse guarda tuttora con troppa leggerezza: ma è tipico di un artista soprassedere su alcune questioni, per quanto vitali per chi artista non è, ma che passano in secondo piano quando si è guidati da una passione irrefrenabile, che magari si lascia diventare ossessione. Guardando Bert Stern così da vicino, si animano di un significato molto più profondo e complesso anche le sue fotografie, che la regista sovrappone alla narrazione in modo che parole e immagini si commentino a vicenda, e ci restituiscano il senso di una vita passata alla ricerca di quella bellezza che non si può trovare nell'ovvio, o sulla superficie, ma che emerge solo dalla volontà di comunicare, ed essere comunicata.

Movieplayer.it

3.0/5