Lincoln: le magie della make up designer Lois Burwell

In occasione dell'arrivo in home video dell'applauditissimo film di Steven Spielberg dedicato al sedicesimo presidente degli Stati Uniti e alla sua battaglia per abolire la schiavitù, abbiamo parlato con la make up designer che ha aiutato Daniel Day-Lewis a trasformarsi in Abraham Lincoln.

Ingiustamente offuscato dal successo sproporzionato di Argo di Ben Affleck agli ultimi Academy Awards, uno dei film più importanti del 2012, Lincoln di Steven Spielberg, debutta e sul mercato home video con due curatissime edizioni in blu-ray e DVD: a testimonianza dell'impegno e della visione del regista, che, in quest'opera, si è messo completamente al servizio di un personaggio allo stesso tempo pacato e titanico e del suo importante messaggio, vi raccontiamo oggi qualche segreto del lavoro svolto dalla make-up designer Lois Burwell, che ha alle sue spalle numerose collaborazioni con Spielberg (War Horse, Prova a prendermi, La guerra dei mondi, Salvate il soldato Ryan) e che ha avuto, per Lincoln, il compito non facile di trasformare Daniel Day-Lewis nel sedicesimo presidente della storia degli Stati Uniti - aiutandolo così a mettere le mani sul suo terzo, meritatissimo Oscar.

Che cosa le ha chiesto Steven Spielberg, voleva il Lincoln dei celebri ritratti, oppure un Lincoln corrispondente alla sua personale visione? Lois Burwell: Spielberg voleva un Lincoln che il pubblico potesse riconoscere, questo era parte integrante del suo progetto per il film. Abbiamo iniziato quindi subito un grosso lavoro di ricerca nel momento in cui è stato ingaggiato per il ruolo Daniel Day-Lewis; Steven voleva un make-up che lo rendesse somigliante, ma che fosse progettato per non dare troppi problemi a Daniel nel suo lavoro, e che non richiedesse tempi troppo lunghi per l'applicazione; anche per Daniel questa era assolutamente un priorità. Il mio lavoro quindi è stato trovare il giusto mezzo per un make up che lo rendesse più somigliante possibile senza creare ingombri.

Non deve essere stato facile, credo; Daniel ha lineamenti forti e definiti ma non certo la struttura ossea molto particolare e affilata di Lincoln, che aveva probabilmente la sindrome di Marfan. Come ha ovviato a questa difficoltà?
Abbiamo usato la barba. Se ci fate caso Lincoln non è mai sbarbato, nel film; perché la barba ci serviva a rendere il viso più scolpito. Tra l'altro abbiamo tinto la barba di Daniel per renderla più scura e più simile a come la portava Lincoln, e a questo punto la difficoltà è stata la ricrescita, con la barba i ritocchi devono essere molto più frequenti che con i capelli! Cambiando la forma della barba, si crea l'illusione di cambiare il contorno del viso, e così abbiamo cercato di trasformare il mento volitivo di Daniel in quello più corto e appuntito di Lincoln. Per fare sembrare le orecchie più grandi abbiamo trovato un sistema per spingere in avanti quelle di Daniel, invece di cercare di ingrandirle, cosa che avrebbe potuto risultare un po' buffa. Infine abbiamo cambiato la forma delle sopracciglia e dell'attaccatura dei capelli per modificare l'espressione e rendere la fronte apparentemente più ossuta e prominente, come era quella di Lincoln, ed è stato necessario dare l'idea di una pelle più invecchiata. Il resto è stato fatto interamente con il colore, ovvero con il trucco vero e proprio, base, contorni e ombreggiature.

Un altro elemento riconoscibile di Abraham Lincoln è lo sguardo penetrante e autorevole, che Daniel ha riprodotto alla perfezione. Con il suo aiuto?
Senz'altro! Ho lavorato sugli occhi di Daniel con tre colori diversi soltanto sulle palpebre, e anche con dell'eyeliner scuro per definire le rime degli occhi e rendere lo sguardo più forte ma anche, quando serviva, più profondo e preoccupato.

Quindi makeup ha avuto un ruolo nel film per sottolineare i momenti più drammatici della vicenda, ad esempio gli scontri tra il presidente e la Frist Lady Mary Todd?
Indubbiamente, anche solo leggendo la sceneggiatura prendiamo appunti e iniziamo a progettare il make up che andremo a utilizzare durante le riprese: il nostro lavoro è proprio quello di contribuire alla narrazione, aiutando il regista e gli attori a esprimere sentimenti diversissimi, dall'allegria all'angoscia, dalla prostrazione al trionfo.

Nel film di Spielberg, vista la sua centralità assoluta, il personaggio di Lincoln aveva un'importanza iconografica particolare; ma quali altri personaggi hanno rappresentato sfide interessanti per lei?
A dire la verità, tutti. Tra l'altro c'era una notevole quantità di ritratti e di riferimenti su tutti i protagonisti del film; l'unico personaggio a cui non siamo riusciti a trovare un "volto" è quello interpretato da James Spader. E' soltanto menzionato in alcune lettere in cui si accenna a un gilet particolarmente elaborato e a poco altro; quindi per caratterizzarlo abbiamo usato un baffo un po' vezzoso, e ne abbiamo fatto non dico un dandy, ma un personaggio più attento alle apparenze di altri. Il personaggio interpretato Tommy Lee Jones, invece, in vita soffriva di una grave forma di alopecia, ed è per questo che Tommy Lee nel film porta in testa quell'orribile parrucca: è basata su un'autentica orribile parrucca che, secondo i commentatori dell'epoca, Thaddeus Stevens utilizzò per ben venticinque anni!

Anche quella di Ulysses S. Grant è una faccia familiare per il pubblico, e Jared Harris, al momento delle riprese, stava lavorando a Mad Men, aveva un taglio di capelli molto anni '60 e il viso completamente glabro; in questo caso abbiamo dovuto ricreare Grant praticamente dal nulla.
Ma con praticamente tutti i personaggi, anche quelli non necessariamente noti, anche con i volti nella folla, abbiamo usato dei riferimenti visivi, adattandoci, certo, ai volti che avevamo a disposizione, senza copiare pedissequamente: è stato un vasto lavoro di compromesso per rendere l'aspetto di ogni singolo personaggio credibile.

Basta guardare all'opera di Steven Spielberg per vedere che si tratta di un filmaker assolutamente unico. Qual è la cosa che ama di più del lavorare al suo fianco?
E' un regista straordinario e una persona molto amabile: praticamente il meglio che può capitarti in questo ambiente. Steven ha la capacità di raccontare qualsiasi storia, una visione organica del suo lavoro , e una tecnica insuperabile - e a questo affianca una grande gentilezza e umiltà. Non ce n'è di meglio!