Recensione Tutti i nostri desideri (2011)

Con il tocco leggero e quasi invisibile che contraddistingue la sua regia, Lioret si serve di elementi narrativi classici e prevedibili per costruire una storia normale ma dai particolari eccezionali.

La vita, nonostante tutto

Claire è un giovane magistrato di Lione. Felicemente sposata e madre di due figli, la giovane donna si dedica con grande passione alla sua professione, in modo particolare quando le permettere di soccorrere le vittime spesso inconsapevoli di una società troppo consumistica. E' per questo motivo e per ragioni personali che accetta di interessarsi con particolare attenzione al caso di una donna in difficoltà economica. Per Claire non si tratta di un'estranea, ma della madre di una compagna di classe di sua figlia trascinata in tribunale da una società di credito. Decisa a fare chiarezza, chiede l'intervento di Stephane, un giudice più esperto ma ormai disincantato e inaridito dalla durezza del mestiere. Sarà questo incontro a cambiare completamente il percorso della sua esistenza, dandole non solamente l'energia per portare avanti la sua battaglia professionale, ma anche la lucidità per affrontare la minaccia di un male incurabile e del poco tempo lasciato a disposizione. Amore, amicizia, comprensione e fratellanza: i due non riescono a identificare la natura dei loro sentimenti ma, attraverso un rapporto che si sviluppa con naturalezza, costruiscono un'unione basata sull'appartenenza e la comprensione.


Che cosa siamo disposti a fare e fino a dove siamo pronti ad arrivare quando si presenta una situazione estrema e imprevista? Questa è la domanda cui Philippe Lioret sembra voler rispondere ardentemente in ogni suo film. Dall'esordio con Tombes du ciel all'acclamato Welcome, il regista francese ha sempre messo i suoi personaggi in una condizione di emergenza, osservando tra il divertito e l'incuriosito gli effetti di una momentanea segregazione all'interno di una dogana aeroportuale, i tentativi di un clochard di riconquistare i favori di una ex moglie ormai sposata ad un ricco americano (Tenue correcte exigée), la breve passione di una signora per bene per un attore dalle dubbie qualità (Mademoiselle) e lo scontro di due duri marinai temprati dalla solitudine di un faro per aggiudicarsi l'amore di una donna (L'équipier). Messa sotto pressione dagli eventi e spesso sconvolta da incontri imprevisti, fino ad ora questa varia umanità non ha mai tradito le sue aspettative e sembra averlo accontentato anche nel suo ultimo Tutti i nostri desideri. Presentato alla 68° edizione della Mostra di Venezia nella sezione Giornate degli autori e ispirato al romanzo di Emmanuel Carrère Vite che non sono la mia, il film segna la seconda collaborazione consecutiva con Vincent Lindon portando sullo schermo una vicenda allo stesso tempo dolorosa e rassicurante.

Con il tocco leggero e quasi invisibile che contraddistingue la sua regia, Lioret si serve di elementi narrativi classici e prevedibili per costruire una storia normale ma dai particolari eccezionali. Abituato a gestire situazioni realistiche senza calcare mai la mano sull'enfasi e la drammaticità, in questo caso utilizza l"inconveniente" della malattia e l'avvicinarsi della morte come un colpo di scena che, invece di distruggere armonia e speranza, crea nuovi scopi e nuova vita da onorare con maggior passione. Una trasformazione ottenuta quasi esclusivamente cambiando il punto di vista di osservazione e mettendo la protagonista nella condizione di concentrarsi esclusivamente sulla realtà esterna che la circonda. Per questo motivo Claire, rappresentata dal volto timido e ricco di charme dell'ex ragazzina prodigio del cinema francese Marie Gillain, non si sofferma a compiangere la sua sorte ma, nelle urgenze della famiglia come nel confronto costante con Stephane, lotta accanitamente per non lasciare nulla in sospeso. Così, attraverso dei dialoghi quasi impercettibili e una messa inscena invisibile, prende forma la storia di una donna qualsiasi e delle sue scelte obbligate. Allo stesso modo si assiste alla nascita di un'unione che, fuggendo a ogni possibile classificazione, ha lo scopo di mantenere viva l'energia andando oltre la morte e sconfiggendo la crudeltà della malattia. Un regalo, questo, che il regista concede, probabilmente, alla più fragile e vitale delle sue eroine.

Movieplayer.it

4.0/5