Recensione 10 regole per fare innamorare (2012)

Film di chiarissima lettura (in amore vince chi ama davvero) e dalla struttura lineare, la commedia sentimentale di Bortone gioca le sue carte sullo scontro fra teoria e prassi; la dissertazione più ingegnosa, il piano più dettagliato, cadono senza appello sotto i colpi dell'imprevisto, liberando quell'elemento inaspettato che è fonte di comicità.

La verità è che le piaci abbastanza

"Prendi una donna, dille che l'ami, scrivile canzoni d'amore". L'incipit del pezzo più celebre di Marco Ferradini, spunto per una delle gag più divertenti di Aldo, Giovanni e Giacomo, può servirci per presentare il nuovo film di Cristiano Bortone, 10 regole per fare innamorare, commedia sentimentale dal lieto fine più che assicurato, che dà massimo risalto, appunto, al Teorema dell'amore; uno schema che Riccardo, chirurgo plastico di una certa fama, con tendenze da Casanova, condensa in un decalogo tutto dedicato al figlio Marco. Lasciata l'università per seguire il sogno di diventare maestro d'asilo, il giovanotto spasima d'amore per la bella Stefania, neolaureata incontrata per caso. Mosso a pietà dall'occhio vitreo del figlio, incapace di fare la mossa giusta, Renato lo prende sotto la sua ala protettiva, cercando di recuperare il tempo perso dopo la separazione dalla moglie. Sotto lo sguardo attento degli amici di Marco, Mary, Paolo e Ivan, il novello dottor Stranamore snocciola uno dopo l'altro i dieci comandamenti per farla capitolare, da Conosci la tua preda a Elimina il tuo avversario, passando per Mai chiamare per primi dopo la prima sera e Fatti desiderare. Se Marco riesce nella mostruosa impresa di farsi notare e amare da Stefania, però, non è certo per merito di queste perle di saggezza, ma solo grazie alla sua indole da vero romantico.


Dopo l'ultimo lungometraggio, Rosso come il cielo, delicata storia di un bimbo che perde la vista in seguito ad un incidente, ma non per questo rinuncia a relazionarsi con il mondo e gli amici, il filmaker romano cambia decisamente passo per gettarsi nel vasto mare delle commedie romantiche e sotto la spinta dell'amico Fausto Brizzi, co-sceneggiatore assieme alla blogger Pulsatilla e a Annalaura Ciervo, costruisce una pellicola su misura per il suo protagonista, Guglielmo Scilla. Noto al grande pubblico con lo pseudonimo di WillWoosh, personaggio baciato da uno straordinario successo su Youtube, Scilla incarna con devozione i panni dell'amante sfigato e nel confronto con un marpione come Vincenzo Salemme riesce persino a non sfigurare. Film di chiarissima lettura (in amore vince chi ama davvero) e dalla struttura lineare, la commedia sentimentale di Bortone gioca le sue carte sull'atavico scontro fra teoria e prassi; la dissertazione più ingegnosa, il piano più dettagliato, cadono senza appello sotto i colpi dell'imprevisto, liberando quell'elemento inaspettato che è fonte di comicità. Un meccanismo in sé molto semplice che Bortone e soci riescono a maneggiare con una certa disinvoltura. Non sempre però il gruppo di autori ha avuto mano felice nel mettere in evidenza quella che avrebbe dovuto essere l'ossatura della storia (e fino ad un certo punto è), ovvero lo spietato esame del decalogo scritto dal papà di Marco, la sua applicazione e, naturalmente, la sua sostanziale inutilità. Troppe per poter essere opportunamente sviscerate, talvolta le regole stilate da Renato diventano un mero pretesto per allestire delle scene comiche, altre vengono addirittura lasciate sullo sfondo, ammettendone apertamente la scarsa utilità narrativa.

Se l'aria di già visto aleggia pesante su questo film, simile nello sviluppo della storia a tanti prodotti costruiti ad hoc per una platea di under 18, ciò che stupisce positivamente è come scritto l'interpretazione dei protagonisti Guglielmo Scilla e Vincenzo Salemme, bravi nel dar corpo alle contraddizioni di un rapporto che è importante tanto quanto quello sentimentale. Complessivamente godibile e aggraziata, 10 regole per fare innamorare è un'opera leggera che guarda ai modelli della romantic comedy americana, riproponendone i difetti, ma valorizzando quello che almeno su carta è il quid in più, ovvero la disarmante semplicità di Scilla, qualità fondamentale a nostro parere per sfondare la quarta parete virtuale del PC, catturare il pubblico di giovanissimi e incuriosire quello degli adulti. Attori più incisivi nei ruoli chiave (eterea la presenza di Enrica Pintore, ovvero l'amata Stefania) e un pizzico di cattiveria in più in fase di scrittura (decisamente poco valorizzato il contributo dell'antagonista, interpretato da Giulio Berruti) avrebbero migliorato un film che non si distacca dalla bonaria analisi delle dinamiche sentimentali e familiari, senza aggiungere pathos ad una favola in cui tutto appare facile.

Movieplayer.it

3.0/5