Recensione L'ultimo dei templari (2010)

Un horror d'azione che vorrebbe utilizzare la cornice di genere per trattare il tema della superstizione e dei massacri in nome della religione nel periodo medievale, esplorando al contempo il rapporto con la fede di due uomini che ad essa hanno consacrato la loro esistenza.

La stagione della (presunta) strega

Siamo nel XIV secolo. Behmen e Felson sono due crociati stanchi: amici e compagni d'armi da oltre dieci anni, protagonisti di innumerevoli e sanguinose campagne militari contro gli infedeli, i due uomini non ne possono più di uccidere in nome di Dio. Behmen, in particolare, si è reso conto definitivamente del male delle sue azioni durante l'ultimo attacco di cui è stato protagonista, che lo ha portato a uccidere una donna innocente. I due decidono così di disertare, e nel loro peregrinare lontano dalla guerra si imbattono in un villaggio devastato dalla peste. Qui, vengono riconosciuti e viene offerto loro un patto: saranno sollevati dall'accusa di diserzione se accetteranno di portare in un monastero una ragazza accusata di stregoneria, che si ritiene essere responsabile della pestilenza in corso. Behmen, convinto dell'innocenza della giovane, vede in questa missione una possibile redenzione dalle sue colpe, convinto che riuscirà a far ottenere alla presunta strega un giusto processo; ma durante il viaggio, a cui partecipano anche un cavaliere in lutto, un ingenuo prete, un viaggiatore imbroglione e un giovane aspirante guerriero, gli avvenimenti inquietanti si moltiplicheranno facendo sorgere più di un dubbio sulla reale natura della ragazza e sui suoi scopi.


A dispetto del titolo italiano, scelto probabilmente per richiamare alla mente la precedente pellicola interpretata da Nicolas Cage Il mistero dei templari, questo L'ultimo dei templari non ha nulla a che vedere col noto ordine cavalleresco medievale. Il titolo originale, Season of The Witch, è certo più esplicativo del tema del film, un horror d'azione che vorrebbe utilizzare la cornice di genere per trattare il tema della superstizione e dei massacri in nome della religione nel periodo medievale, esplorando al contempo il rapporto con la fede di due uomini che ad essa hanno consacrato la loro esistenza. Il regista Dominic Sena (specialista di action metropolitani qui prestatosi alla nuova ambientazione) apre il film con un prologo che ne rivela il carattere fantastico, facendo capire in che perimetro ci si muoverà: tre presunte streghe vengono impiccate pubblicamente, e in seguito due di esse tornano in vita, uccidendo il prete che ha presenziato all'esecuzione e confermando così la propria natura maligna. Il film di Sena, più che come un excursus storico sulla stregoneria, si presenta così da subito come un fantasy horror ad ambientazione medievale, che tuttavia si propone anche di gettare un occhio sulla realtà politica e religiosa del periodo, attraverso storie di personaggi che vivono a fondo quel contesto storico.

Sono proprio le ambizioni (verrebbe da dire: le pretese) di questa pellicola, unite a una sceneggiatura incerta e a una regia piuttosto stanca, a decretarne la sostanziale non riuscita. Lo script presenta da subito i due protagonisti in modo fin troppo convenzionale, manca di dare uno spessore che sia più che macchiettistico ai vari comprimari, unisce dialoghi da action movie di serie B a una generale incertezza sulla direzione da prendere, con il tema della reale natura della ragazza che viene gestito male in termini di suspence. Nonostante un'ambientazione che non manca di fascino, e che si giova anche di una certa cura scenografica (da bocciare, invece, il frequente uso del digitale, che porta in alcune sequenze ad effetti involontariamente kitsch) il film restituisce ben poco del clima di violenza e sopraffazione del periodo, facendo dell'ambientazione una variabile sostanzialmente indipendente e caricando anche di una pomposa, forzata epicità il viaggio dei protagonisti. E' difficile prendere sul serio i dilemmi morali di un Cage che si sforza come può di dare credibilità a un personaggio evidentemente poco nelle sue corde, mentre un pur bravo Ron Perlman si rivela anch'egli ingabbiato nelle maglie di un carattere scontato e monodimensionale. Si segnala anche un cameo di un Christopher Lee che è sempre un piacere rivedere, anche se ci piacerebbe trovarlo in progetti più degni della sua statura di attore.

Così, dopo un viaggio di un'ora e mezza tra le lande desolate di un'imprecisato territorio, con ponti pericolanti, lupi digitali e poco edificanti visioni, L'ultimo dei templari si avvia a un finale che si avvale di un tripudio di effetti in CGI non esattamente accattivanti, seppellendo ogni residuo di credibilità e confermando la grana grossa dell'intera operazione. La morale finale, per discutibile che sia, non viene praticamente avvertita dallo spettatore, già con la testa fuori dalla sala: questo Medioevo in salsa fantasy/horror evidentemente non ha coinvolto più di tanto, e nonostante i propositi è destinato ad essere ben presto, e inesorabilmente, dimenticato.

Movieplayer.it

2.0/5