Recensione After The Battle (2012)

After the Battle è un film importante per l'argomento che tratta, quello della rivoluzione egiziana, ma risulta frammentario e non riesce a dare un quadro approfondito dei tanti argomenti che affronta.

La giusta distanza

Ci sono storie che vanno raccontate, eventi così importanti da non poter essere ignorati. In modo particolare se l'immagine di essi che viene trasmessa a chi ne è distante risulta artificiosa, parziale e controllata. È in questi casi che tanti artisti sentono il bisogno di dare il proprio punto di vista sull'argomento, spinti da un'urgenza, più che da un'idea di natura creativa. È il caso del regista egiziano Yousry Nasrallah, che si è avvicinato al progetto di After the Battle per raccontare alcuni mesi della recentissima storia egiziana, quella che prende le mosse dalla Battaglia dei cammelli del febbraio 2011 e che affronta problemi sociali che vanno dai diritti delle donne al sopruso ai danni degli abitanti di Naztal, fino ad arrivare alla manifestazione del 9 ottobre successivo.

Uno spaccato di storia talmente vicina da giustificare a stento tale nome, uscita com'è da così poco tempo dalle cronache internazionali, che però non rappresenta l'oggetto diretto del film, presentato in concorso alla 65ma edizione del Festival di Cannes. Il regista egiziano concentra invece la sua attenzione su frammenti di vite: prendendo spunto dalla morte di molti animali a causa della povertà derivante dalla mancanza di turisti, e quindi di lavoro, per chi sopravviveva all'ombra delle piramidi, Nasrallah segue Mahmoud e la sua famiglia, mentre cercano di tirare avanti con i ridotti introiti di lui, impossibilitato anche a nutrire il suo cavallo, fonte principale di guadagno, dopo la costruzione di un muro che separa il loro villaggio Nazlet El-Samman dalle piramidi, impedendo l'accesso diretto ai turisti, impoverendo la popolazione locale per costringerla ad andare via e cedere una terra di altissimo interesse archeologico; parallelamente lo script segue la pubblicitaria Reem, una giovane divorziata di cui la moglie dell'uomo è governante, che ha una visione più moderna e progressista. Si tratta di due mondi agli estremi che entrano in contatto e ci mostrano i due lati della società egiziana e come questi abbiano sentimenti e reazioni diverse nei confronti della rivoluzione in atto nel paese: da una parte la tradizione di chi vive sfruttando il turismo, ma a sua volta sfruttato da chi controlla il paese; dall'altra quella fetta di popolazione che crede in idee più moderne e crede che la rivoluzione in atto possa portare a tempi migliori.
Il regista inizia a lavorare al progetto senza una forma in mente per il suo film, solo la certezza di voler realizzare un'opera di finzione e non un documentario (pur usando, almeno per le due sequenze di massa della Battaglia dei cammelli e per la manifestazione del 9 ottobre, sequenze filmate sul posto da alternare a quelle con i suoi protagonisti), scrivendo e girando man mano che la realtà si andava delineando sotto i loro occhi. Ne risente la compattezza dell'opera, la sua coerenza formale, e After the Battle risulta frammentario, senza riuscire a dare un quadro approfondito sui tanti temi che affronta: c'è tanto da dire e la voglia di farlo e la vicinanza temporale ai fatti che vengono narrati non aiuta a prenderne le distanze per poter metterli a fuoco e filtrarli nel modo giusto e servire allo scopo prefissato. After the Battle resta comunque un film importante per l'argomento che affronta ed è comprensibile che ci sia spazio per loro nei principali festival di cinema internazionali.

Movieplayer.it

2.0/5