Recensione Sulla strada di casa (2012)

Per il suo lungometraggio d'esordio Emiliano Corapi sceglie di rappresentare frammenti di esistenze invisibili, capaci di mostrare sotto gli stimoli della realtà una determinazione tanto inaspettata quanto drammaticamente comune.

La fragile esistenza dell'uomo comune

Alberto è un uomo perbene. Due figli, una moglie soavemente inconsapevole e una villetta fuori città con giardino sono l'emblema della sua esistenza condotta nel rispetto delle regole del vivere civile. Piccolo imprenditore ligure, cerca di resistere alla crescente crisi economica senza cedere alle seduzioni di trasferte all'estero che promettono risparmi e facilitazione fiscali. Sergio, dal canto suo, ha una vita da riorganizzare. Barba incolta e aspetto trascurato raccontano la storia di un padre in affanno che, dopo una separazione più o meno voluta, cerca di mantenere in vita il suo ruolo nonostante evidenti difficoltà pratiche ed emotive. Due uomini diversi nelle attitudini come nel carattere che, per motivi inconfessabili nascosti sotto una parvenza di serenità quotidiana o sollevati da problemi economici sempre più pressanti, intrecciano le proprie strade nel tentativo di assolvere velocemente e senza ripercussioni esterne il compito di corrieri per la criminalità organizzata calabrese. Così, vittime di eventi ricattatori, Alberto e Sergio si espongono a una realtà sempre più incerta e minacciosa, perdendo la rotta verso casa e lasciandosi trascinare in un inseguimento alimentato da un'ansia fobica che accomuna il destino del singolo a quello di un paese intero.


Dalla letteratura al cinema, l'eroe sconfitto ha rappresentato da sempre un cardine fondamentale intorno al quale costruire una drammaturgia dal linguaggio facilmente riconoscibile. Allontanando qualsiasi presupposto di neorealismo, la scelta di una narrazione e di un epilogo inglorioso accende nel pubblico la scintilla dell'immedesimazione che, se da una parte crea empatia, dall'altra offre la possibilità di un alibi globale nei confronti delle umane miserie celebrate sul grande schermo come nella vita di tutti i giorni. Alla luce di queste considerazioni, si comprende la scelta di Emiliano Corapi che, per il suo lungometraggio d'esordio, decide di rappresentare frammenti di esistenze invisibili capaci di mostrare, sotto gli stimoli della realtà, una determinazione tanto inaspettata quanto drammaticamente comune. In questo modo, andando oltre una sceneggiatura dalla struttura semplice e diretta, a definire l'anima di un film votato nella forma al cinema di genere è la contemporaneità in grado di piegare la volontà degli uomini a un credo criminale praticato nel segreto e difficile da contrastare. Una momentanea disobbedienza alle regole sociali, subita per mantenere intatto un presente faticosamente costruito e non sottostare a una disfatta totale.

Strappati alle ben definite delimitazioni di universi conosciuti e gestibili nonostante l'inevitabile apparizione dell'elemento imprevisto, Alberto e Sergio perdono coscienza del proprio "ruolo" e, come comparse improvvisamente inconsapevoli della posizione assegnata, danno inizio a un vagare circolare, a una corsa verso un traguardo rappresentato da una normalità da ristabilire. Una sorta di zona franca che Corapi pospone costantemente, costruendo un road movie pressante e claustrofobico. Ovviando agli evidenti problemi economici che caratterizzano le produzioni indipendenti, il regista accetta il rischio di disubbidire, almeno in parte, alle regole del genere e, trasformando la strada in un luogo scenico dove consumare il dramma dell'umanità dispersa, affida il ruolo narrativo quasi esclusivamente a una macchina da presa indagatrice. Sottoposti a una costante inquisizione emotiva da parte dell'obiettivo, "il freddo" Vinicio Marchioni e Daniele Liotti si trasformano così in volti serrati dal sospetto dietro le finestre di una camera d'albergo o intrappolati nell'abitacolo di una macchina, unica zona franca in cui confrontarsi con un presente che, attraverso la singolarità di due vite in apparenza insignificanti, si fa specchio di un paese consapevolmente indifferente dei propri limiti.

Movieplayer.it

3.0/5