Recensione Sleeping Sickness (2011)

Ulrich Kohler prova a mettere insieme le esperienze vissute al seguito dei genitori, che lavoravano come aid worker in Africa, ma il risultato è un film poco chiaro, che vorrebbe essere un dramma ambientato in un opprimente e torrido scenario fluviale, ma in realtà finisce per stancare quasi subito.

Io sto con l'ippopotamo

Ebbo Velten vive e lavora in Africa da trent'anni ed è a capo di un programma sanitario che gestisce i finanziamenti per la cura della tripanosomiasi, più conosciuta come la malattia del sonno, una delle più diffuse nella regione equatoriale. Ad un certo punto si ritrova a scegliere se proseguire il suo lavoro - sebbene non ci siano più le condizioni per farlo - o lasciare tutto e far ritorno in Germania accanto a sua moglie, che si sente estranea alla vita della comunità locale e vorrebbe stare accanto a sua figlia Helen. Ebbo decide di restare, convinto che in Europa ormai si sentirebbe uno straniero, ma alla fine sarà proprio il luogo in cui sceglie di rimanere a distruggerlo, anche psicologicamente.

Dopo Windows on Monday, che aveva presentato proprio al Festival di Berlino nel 2006, Ulrich Kohler torna alle stesse tematiche - il senso di straniamento dell'individuo nei confronti di ciò che lo circonda - per raccontare una storia ambientata in Africa, in uno scenario fluviale tetro ed opprimente. Allo stesso modo del film precedente, Sleeping Sickness si rivela una pellicola dalla struttura narrativa confusa, che finisce per stancare quasi subito e non accende nessun interesse da parte dello spettatore, nonostante il regista avesse a disposizione materiale realmente interessante, da sviluppare.
Nel presentare il suo film, infatti, Kohler ha rivelato di aver attinto alle esperienze vissute al seguito dei suoi genitori, che lavoravano come aid worker nello Zaire, ma si ha l'impressione che si sia limitato a mettere insieme una serie di stati d'animo e aneddoti vissuti durante la sua infanzia senza dare molta importanza allo sviluppo dei personaggi e soprattutto della trama, che si fa ancora più confusa nella seconda parte del film, quando ritroviamo Ebbo assieme a una donna che aspetta un figlio da lui senza che questo sia motivato da un adeguato passaggio narrativo e alle prese con un medico francese che cerca di incontrarlo, e nei confronti del quale si mostra reticente.
Sul tutto incombe una misteriosa leggenda locale, che riguarda un ingombrante e minaccioso ippopotamo e naturalmente la malattia del sonno. Che in pochi minuti ha già contagiato gli spettatori.

Movieplayer.it

2.0/5