Recensione Drive (2011)

Con una colonna sonora (e titoli) in un perfetto stile anni '80, un'atmosfera alla Taxi Driver, un intelligente uso della luce e dei ralenty per le scene topiche e un'ottima direzione delle scene di guida, frenetiche ma non confuse, Refn realizza un film di genere perfetto in ogni suo aspetto proprio perché misurato, asciutto, senza fronzoli.

Il piacere del guidare

L'esordio a Cannes, dove concorre per la Palma d'oro, per il regista danese di culto Nicolas Winding Refn non poteva essere migliore; se infatti troppo spesso accade che - quando un regista straniero sulla cresta dell'onda arriva negli USA per fare un film su "commissione" - il risultato finale non riesce ad esprimere nessuna delle qualità di due opposti modi di far cinema, questo Drive è invece tutto quello che una collaborazione di questo tipo dovrebbe essere: la perfetta unione tra un film che è americano nel suo impianto ma con la sensibilità e il tocco personale di un regista europeo, conosciuto e celebrato per il proprio stile visionario.


Scritto dallo sceneggiatore Hossein Amini e ispirato ad un racconto di James Sallis, il film racconta di un talentuoso pilota senza nome e di poche parole che di giorno si divide tra il mestiere di meccanico e quello di stunt per il cinema, e la notte ogni tanto si arrabatta a fare da guidatore per alcuni piccoli criminali. La sua esistenza è solitaria ed è evidente che la sua unica vera compagnia - oltre al padre putativo Shannon, padrone del garage presso cui lavora e improvvisato agente per le sue performance - è la sua automobile che lo accompagna per le labirintiche strade di Los Angeles. Ma quando si trasferisce presso un nuovo condominio e conosce la sua nuova vicina Irene, una bella cameriera con un bambino piccolo ed un marito in carcere, qualcosa in lui scatta e questo sentimento lo porterà a prendere decisioni che cambieranno per sempre la sua vita.

C'è tutto in questo Drive: azione, violenza, ironia, sentimenti, ma è soprattutto un film fatto di personaggi; poco o nulla ci viene detto del loro passato, eppure non possiamo fare a meno che empatizzare subito con ciascuno di loro, a partire dal protagonista tanto silenzioso quanto affascinante ed espressivo, per proseguire con la tenera coppia formata da madre e figlio, fino a un villain che prima di rivelarsi tale assume un atteggiamento quasi paterno nei confronti del protagonista. Il merito è certamente del regista che preferisce non indugiare sulle scene di azione se non quando realmente necessarie (un qualsiasi mesteriante hollywoodiano avrebbe trasformato lo stesso script in un blockbuster tutto motori e muscoli) e lasciare invece spazio ai suoi protagonisti e ai loro intensi sguardi, ai lunghi silenzi carichi di emozioni non espresse ma non per questo meno evidenti.

D'altronde l'abilità di Refn è evidente già dal grande lavoro effettuato sugli attori: se Ryan Gosling è assolutamente perfetto nel donare al suo protagonista senza nome dolcezza e generosità senza perdere nulla di quella risolutezza e quella freddezza che ci ricorda lo Steve McQueen di Getaway, e la Mulligan così come i tanti comprimari - che curiosamente arrivano tutti dai migliori prodotti televisvi dell'ultimo periodo (Bryan Cranston da Breaking Bad, Christina Hendricks da Mad Men, Ron Perlman da Sons of Anarchy) - rappresentano ormai una certezza, la scelta di inserire Albert Brooks nel ruolo del malavitoso Bernie Rose è un vero e proprio colpo di genio che conferisce, anche grazie alla sorprendente performance dell'attore, un tocco di imprevidibilità ad ogni scena.

Con una colonna sonora (e titoli) in un perfetto stile anni '80 che ricorda Miami Vice, un'atmosfera alla Taxi Driver (che incidentalmente rappresentò l'esordio al cinema per Brooks), un intelligente uso della luce e dei ralenty per le scene topiche e un'ottima direzione delle scene di guida, frenetiche ma non confuse, Refn realizza un film di genere perfetto in ogni suo aspetto proprio perché misurato, asciutto, senza fronzoli: è un film girato esattamente come un grande pilota guida la propria auto, con sicurezza e attenzione, anche con brusche accellerate quando serve, ma senza perdere mai di vista la strada.

Movieplayer.it

4.0/5