Recensione Mean Girls (2004)

Waters, complice anche lo script della Fey, si dimostra abile narratore ed inscena un godibile teen-movie, figlio del filone "rosa" lanciato da John Hughes negli anni Ottanta.

Girl power!

"Bisogna riconoscere che le ragazze sono molto abili nel districarsi in una struttura sociale estremamente sofisticata e complessa. I migliori politici e diplomatici non riuscirebbero a comprendere meglio di una adolescente gli intrighi e le strategie politiche che conducono alla conquista del potere". Questa osservazione viene da Rosalind Wiseman, co-fondatrice dell'Empower Program, organizzazione no profit che aiuta ragazzi e ragazze a riconoscere ed evitare fenomeni di violenza, autrice del libro Queen bees and wannabes: Helping your daughter survive cliques, gossip boyfriends and other realities of adolescence, da cui Tina Fey ha tratto la sua sceneggiatura per Mean Girls, diretto da Mark Waters, in cui la sceneggiatrice recita anche nel ruolo di Ms Norbury.

La quindicenne Cady Heron giunge al liceo di North Shore, piccola cittadina nei pressi di Chicago, dopo aver vissuto infanzia ed adolescenza in Africa. Qui, oltre a dover competere con le regole della sopravvivenza scolastica nella cosiddetta "società civilizzata", compie il grave errore di innamorarsi di Aaron Samuels, ex fidanzato di Regina George, soprannominata "Ape Regina", leader delle Plastics (ribattezzate nella versione italiana Barbies), il gruppo di ragazze più in dell'istituto. Inizia così tra le due una sfida all'ultimo sangue che finirà per coinvolgere l'intera scuola.

Reduce da Quel pazzo venerdì, Mark Waters ci racconta questa storia di rivalità femminile tra teen-agers, scegliendo ancora una volta come interprete la giovane Lindsay Lohan, ultimamente impegnata in Confessions of a Teenage Drama Queen, e mostrandoci immediatamente, mentre i titoli di testa ancora scorrono sullo schermo, il difficile tentativo d'inserimento, da parte di Cady, spaesata ed imbranata agli occhi di tutti, nel nuovo contesto sociale, vera e propria giungla metropolitana. Ci mostra quindi, facendo comunque sempre ricorso all'ironia, generata soprattutto dalla voce narrante della protagonista che viene messa in contrasto con il contenuto delle immagini, l'ambiente scolastico, attraverso la descrizione dei vari gruppi che lo costituiscono, divisi proprio come tante diverse fazioni politiche.
E ricordandoci ancora una volta che la scuola, come un po' tutti i luoghi di ritrovo, è tranquillamente paragonabile ad una vasca piena di squali in cui devi imparare a nuotare, pone in primo piano l'ossessione che le ragazze hanno nei confronti dell'estetica, sempre impegnate ad apparire assolutamente perfette ed a fare della bellezza il proprio irraggiungibile potere, che le rende superiori agli altri ed invidiate da tutti.

Waters, complice anche lo script della succitata Tina Fey si dimostra abile narratore ed inscena un godibile teen-movie, figlio del filone "rosa" lanciato da John Hughes negli anni Ottanta, che non annoia mai lo spettatore, grazie ad una regia tutt'altro che piatta, e non privo di sorprese. Merito soprattutto delle diverse situazioni che, divertenti o no, suscitano comunque interesse, come quella (tra le tante) dell'esibizione di Jingle Bells Rock, o quella della telefonata in cui lo schermo è diviso in quattro distinti riquadri, con tanto di dialoghi tra le conversanti che s'intrecciano l'uno con l'altro.

Purtroppo, però, la pellicola viene in parte rovinata dal finale che, caratterizzato da un banalissimo e scontato fondo morale, è intuibile fin dai primissimi minuti di visione, in quanto il messaggio positivo che (giustamente) lancia, anziché esserci servito sotto metafora, come ci si sarebbe aspettato da un film così ben diretto, ci viene spiattellato in faccia verbalmente dalla protagonista, in una sequenza decisamente patetica.
Ciò lo farà tranquillamente annoverare tra i lungometraggi destinati ai palinsesti dei caldi pomeriggi estivi di Italia 1.