Giorgio Molteni e gli Oggetti smarriti del cinema italiano

Il regista ligure torna dietro la macchina da presa con una storia a metà strada tra la commedia e il fantasy onirico interpretata da Roberto Farnesi, Giorgia Wurth e Chiara Gensini.

Nel caso probabile in cui vengano smarriti oggetti di uso quotidiano come chiavi, telecomandi o occhiali è necessario seguire delle regole precise per ritrovarli velocemente e senza credere nella presenza di folletti dispettosi. In primo luogo è assolutamente necessario interrompere la ricerca, quasi sempre affrettata e senza criterio. Segue un momento di rilassamento in cui distrarsi, senza prestare troppa attenzione al problema in questione. Poi, raggiunto nuovamente l'equilibrio necessario, possiamo cominciare a focalizzare e ricostruire i nostri movimenti. Quasi sempre l'oggetto si trova esattamente dove dovrebbe essere o è semplicemente celato alla nostra vista. Bene, ma nel caso raro eppure possibile che a perdersi dentro una casa sia una bambina di sei anni cosa dovrebbe fare un padre spesso distratto e poco entusiasta di rivestire il suo ruolo? A spiegarlo è il regista Giorgio Molteni che, dopo quasi tre anni dalla fine delle riprese, presenta il suo Oggetti smarriti, distribuito nelle sale da Microcinama l'11 luglio. Protagonista di questa insolita caccia al tesoro organizzata tra realtà e favola onirica, è Roberto Farnesi che, dopo aver visto scomparire misteriosamente la sua bambina di sei anni all'interno del proprio appartamento, comprende di essere lui l'oggetto perso all'interno di un universo parallelo. Come tornare alla realtà dove ad attenderlo c'è la sua Arianna ed una ex moglie forse un po' punitiva interpretata da Giorgia Wurth? Sicuramente non senza una guida con tanto di parigine e sguardo sexy.

Come nasce il progetto di questa favola onirica? Giorgio Molteni: Le cose succedono sempre per caso. Ad un certo punto si gira l'angolo e si va a sbattere contro qualcuno o qualche cosa. In questo modo ho incontrato questo spartito che aveva bisogno di un direttore e di un'orchestra. Per il resto, ho messo in gioco tutto quello che so fare con esperienza e un po' di cuore. Ogni elemento, poi, ha preso forma in modo naturale, proprio come la fluidità delle riprese.

Oggetti smarriti si trova a metà strada tra il genere fantasy e la commedia. Quanto è stato difficile realizzare la commistione di questi due elementi? Giorgio Molteni: La commedia era già presenta in fase di sceneggiatura e noi non abbiamo fatto altro che stimolarla ulteriormente. Ad un certo punto, però, il film devia verso una dimensione sovrannaturale. Farnesi non si rende conto di essere caduto in un mondo diverso e parallelo dove abitano gli oggetti smarriti nel tempo. Alla fine, però, tutto ritorna nuovamente nella commedia con tanto di lieto fine. Perché, infondo, è bello chiudere con una nota positiva.

A Giorgia Wurth è stato affidato il doppio ruolo dell'ex moglie e quello di una fantomatica centralinista di un universo parallelo. Come è stato giocare nell'interpretazione tra reale e irreale? Giorgia Wurth: L'idea di cimentarmi in una doppia versione mi ha divertito fin dal primo momento. Credo, inoltre, che la creazione immaginaria di questa operatrice di call center non sia altro che la proiezione della moglie, pronta a punirlo per il suo comportamento irresponsabile. Comunque, quando ho letto questa storia, ho trovato immediatamente una grande armonia. Mi piace il baratro in cui cade il personaggio di Roberto Farnesi e il perdersi dentro la propria casa senza uscire mai. In definitiva, si tratta di un viaggio nello stesso luogo e con uno spazio temporale brevissimo.
Giorgio Molteni: La cosa più stimolante per un attore è proprio giocare su due ruoli diversi, un'opportunità che nel nostro cinema capita raramente. Inoltre, credo che l'aspetto più intrigante di un film è la possibilità di utilizzare l'elemento umano facendolo annegare nella storia.

Farnesi, dopo il suo esordio cinematografico accanto a Monica Guerritore, la televisione sembra aver caratterizzato gran parte della sua carriera. Cosa l'ha convinto a tornare sul grande schermo con un film indipendente? Roberto Farnesi: Con Giorgio ci conosciamo da molto tempo e ci unisce una grande stima personale. Oltre questo, però, quando mi ha parlato della storia e mi ha fatto leggere la sceneggiatura, mi sono immediatamente innamorato del progetto. Ero libero da impegni televisivi, così ho dato la mia disponibilità senza esitazione. Oggetti smarriti è costruito come una favola filosofica in cui il protagonista deve fare i conti con la propria coscienza di uomo e di padre. La parte più difficile è stata sicuramente l'interpretazione del momento onirico. Non era semplice comprendere in che direzione andare. Io credo di aver fatto del mio meglio scegliendo l'angoscia. Per quanto riguarda, poi, il mio essere tornato al cinema mi piacerebbe che questa strada potesse correre parallelamente a quella televisiva. In Italia non è un discorso così scontato, visto che c'è ancora una sorta di snobismo. Si tratta, a mio avviso, di un atteggiamento che non ha alcuna ragione di essere. Basta vedere, ad esempio, gli esempi oltreoceano dove George Clooney ha recitato per molto tempo in E.R. - Medici in prima linea e Tim Roth è il protagonista di Lie to me. Perché un attore rimane tale sia che si impegni in tv o al cinema.

Chiara, a te è stato affidata la rappresentazione di una guida sexy, destinata a trasportare il protagonista dalla dimensione del reale in quella della fantasia e viceversa. Come hai costruito il personaggio? Chiara Gensini: Il è un ruolo completamente fantastico che nasce proprio in funzione della personalità di Guido. Per ritrovare un oggetto smarrito bisogna riuscire a non pensare e distrarsi. Per lui tutto questo è rappresentato dall'essere in compagnia di una donna giovane e avvenente. Nella mia interpretazione, però, non volevo fare nulla di troppo strano. Per questo motivo ho cercato una via di mezzo tra il reale e l'onirico.

Oggetti smarriti viene definito il prodotto di un cinema indipendente. Quali caratteristiche lo fanno rientrare in quest'area? Giorgio Molteni: In primo luogo perché non dipende nella sua produzione da reti televisive e da sovvenzioni dello stato. Per quanto riguarda il punto di vista creativo, poi, vive della stessa libertà perché non può essere inserito in alcun genere precostituito. Io sono cresciuto all'ombra del cinema un po' come il ragazzino di Nuovo Cinema Paradiso. Ad affascinarmi in modo particolare è stato la produzione indipendente americana degli anni settanta, quella che ha salvato Hollywood dalla bancarotta. Allo stesso modo, credo che questo tipo di direzione possa essere in grado di risollevare le sorti del nostro cinema e di trasformarlo nuovamente in industria.