Recensione Curling (2010)

In questa distesa di ghiaccio e sangue l'evocazione onirica del curling occupa uno spazio ridotto, ma infinitamente significativo. Lo sport di squadra come metafora dell'esistenza, della solidarietà, della fiducia reciproca, del divertimento e della realizzazione personale a cui il protagonista aspira.

Gelidi paesaggi esistenziali del Quebec

Il raffinato Denis Côté ci regala ci regala un altro gioiello, il gelido Curling, spaccato di vita familiare immerso nell'innevato Quebec. Amante del cinema che non imbocca lo spettatore con facili risposte azzerandone le facoltà cognitive e predittive, Côté popola l'universo da lui creato di personaggi ambigui, controversi, stratificati e imprevedibili, mettendo in scena l'incredibile complessità dell'animo umano. Emmanuel Bilodeau, premiato come miglior attore a Locarno, interpreta Jean-François, un padre che cresce da solo la figlia dodicenne da quando l'ex moglie è stata imprigionata per un crimine non meglio precisato. L'uomo, spaventato da ciò che lo circonda, impedisce alla figlia Julyvonne di frequentare la scuola e di avere contatti con i suoi coetanei, costringendola a passare intere giornate da sola in un'abitazione sperduta nella sterminata campagna del Quebec. Il ferreo sistema di regole che Jean-François ha stabilito viene infranto da Julyvonne nelle sue lunghe passeggiate nel bosco e proprio nel corso di una delle sue sortite la ragazza si imbatte in un mucchio di cadaveri semisepolti nella neve. All'impulso, subito soffocato, di avvertire la polizia seguirà una sorta di avvicinamento progressivo ai corpi senza vita che culmina in una vera e propria simbiosi. La morte si sovrappone alla vita e i cadaveri diventeranno i soli compagni di giochi di Julyvonne, gli unici in grado di comprendere i suoi lunghi e sospesi silenzi.

Sotto la superficie sospesa e raggelata, Curling nasconde una violenza psicologica e fisica sorda, che serpeggia costantemente fino ad esplodere in pochi, ma significativi momenti. Dalla stanza imbrattata di sangue del motel in cui Jean-François lavora (uno dei tanti misteri che resteranno privi di soluzione) ai cadaveri nascosti nel bosco fino al terrificante episodio del bambino morente abbandonato sul ciglio della strada, le relazioni tra personaggi sono contraddistinte dalla violenza, la cui messa in scena è sottolineata dal gusto per il dettaglio grafico o per il particolare raccapricciante dell'abile Denis Côté. Il gelido paesaggio invernale del Quebec, con la sua desolazione, funge da correlato oggettivo dell'animo dei suoi abitanti incapaci di agire e reagire di fronte alla natura ostile e all'umanità ferina che in essa dimora. L'assenza delle istituzioni è un urlo che squarcia il silenzio. La raffigurazione della polizia, che appare frequentemente nel corso della pellicola senza mai incidere sugli eventi, si rivela cupamente minacciosa. Sia il poliziotto che interroga Jean-Francois e la figlia di ritorno dall'oculista sia le numerose sirene che squarciano l'aria durante le lunghe giornate solitarie di Julyvonne contribuiscono a evocare un senso di pericolo, l'ombra di una catasfrofe imminente che pende sulle teste dei personaggi.
In questo desolante paesaggio umano non mancano figure positive. Per creare un senso di smarrimento, se possibile, ancor maggiore, Denis Côté circonda il rude Jean- Francois di vicini eccentrici e solidali. La proprietaria del motel prossimo alla chiusura, l'eccentrico gestore del bowling in cui l'uomo lavora, la sua nuova cassiera, la comprensiva Isabelle (interpretata dalla bella Sophie Desmarais), giovane punk che indossa coloratissime parrucche, e la prostituta in cui Jean-François si imbatte nella sua fuga solitaria rivestono la funzione di aiutanti in un cammino irto di ostacoli che l'(anti)eroe dovrà superare per approdare a una nuova consapevolezza, a una maturazione tardiva, ma necessaria per rivestire il ruolo di figura paterna/guida nel percorso di crescita di Julyvonne. Ecco che in questa distesa di ghiaccio e sangue l'evocazione onirica del curling occupa uno spazio ridotto, ma infinitamente significativo. Lo sport di squadra come metafora dell'esistenza, della solidarietà, della fiducia reciproca, del divertimento e della realizzazione personale a cui Jean-François aspira. Per poter raggiungere tutto questo l'uomo dovrà prima attraversare l'orrore.

Movieplayer.it

4.0/5