Elio Germano è la Magnifica presenza del cinema italiano

Dopo Mine Vaganti, Ferzan Ozpetek torna al cinema con un nuovo ritratto umano in cui una soffusa nostalgia si fonde con un chiaro omaggio al cinema del passato.

Prima giornalista, poi aiuto regista e, alla fine, finalmente autore; Ferzan Ozpetek è sicuramente un regista follemente innamorato del suo mestiere e della materia cinematografica utilizzata come strumento per veicolare emozioni e passioni umane. Un amore che, per una sorta di proprietà transitiva degli affetti, dalle sue storie passa direttamente agli interpreti chiamati a dare voce e corpo a delle suggestioni fino a quel momento solo immaginate. Quest'attitudine ha cominciato a prendere corpo con Stefano Accorsi e Margherita Buy, interpreti de Le fate ignoranti, si è consolidata per Giovanna Mezzogiorno, musa ispiratrice de La finestra di fronte, e oggi torna a farsi prepotentemente più intensa dopo essersi confrontato con il talento di Elio Germano. Protagonista di Magnifica presenza, distribuito da Fandango dal 16 marzo in 400 copie, l'attore si è lanciato nell'interpretazione di Pietro, giovane puro e sensibile dalle belle speranze, alle prese con un'intera compagnia teatrale fantasma in cerca non di un autore, ma del proprio passato. A parlarci di questa nuova avventura in cui i tratti distintivi del cinema di Ozpetek si fondono con uno stile un po' retrò, sono lo stesso regista, il suo protagonista e il cast composto dal "capo compagnia" Beppe Fiorello, le "prime donne" Margherita Buy e Vittoria Puccini, "l'attor giovane" Andrea Bosca e le "spalle" Cem Yilmaz e Claudia Potenza.

Spostandosi dall'Ostiense a Monteverde si nota uno stile diverso che caratterizza fortemente un film amante del cinema e del presente. Cosa l'ha ispirato? Ferzan Ozpetek:Tutto è nato dal ricordo di un mio amico e delle sue esperienze soprannaturali. Una ventina d'anni fa aveva iniziato a raccontarmi di particolari presenze nel suo appartamento. All'inizio si trattava di una signora vestita di nero, successivamente era apparsa anche una ragazza con un abito bianco, una sorta di sposa. Per molto tempo abbiamo un po' ironizzato su questi racconti, imputandoli a un periodo difficile della sua vita o a troppa solitudine. Ad un certo punto, però, la sua cameriera ci ha rivelato di sentire sempre degli strani rumori causati da una presenza invisibile. In seguito abbiamo scoperto che in quell'appartamento avevano vissuto durante la guerra madre e figlia, morte a causa dei bombardamenti. Quando ho cominciato a lavorare su una nuova sceneggiatura, mi è tornata in mente questa vicenda. Dopo aver ricevuto il favore di Domenico Procacci, mi sono immediatamente immerso nella scrittura con Federica Pontremoli.

Il film è un chiaro omaggio allo spirito teatrale e alla finzione. Quanto è stato ispirato da Sei personaggi in cerca di autore di Pirandello? Federica Pontremoli: Moltissimo. Per decidere quale spettacolo la nostra compagnia stava mettendo in scena all'inizio della loro vicenda personale, abbiamo ripercorso la storia del teatro italiano. Alla fine, abbiamo deciso di non specificare nessun titolo in particolare, ma tutto il film è intriso di riferimenti a Pirandello. Il gioco di specchi tra presente e passato che si riflette nell'alternanza tra finzione e realtà rimanda propria a questo, tanto che alla fine non si capisce più cosa è reale e cosa è frutto dell'immaginario.

Oltre a questo riferimento al tetro italiano, i personaggi sembrano essere delle creature del cinema di Bunuel... Ferzan Ozpetek: Magari. Nel caso specifico del mio film gli attori non hanno consapevolezza della loro situazione particolare o non vogliono riconoscerla. Quando Pietro arriva in casa con suoi abiti moderni e le novità tecnologiche, comprendono di trovarsi di fronte un uomo di un'altra epoca, ma negano ugualmente la loro morte. L'unico che riesce a uscire dall'appartamento è il bambino, mentre gli altri si arrestano ai limiti del giardino, troppo spaventati per affrontare la realtà.

Signor Germano, dopo aver costruito una carriera su un certo tipo di cinema impegnato, questa volta si è confrontato con una vicenda tutta basata sul sentimento e le debolezze umane. Come si è trovato a dar voce a un personaggio umanamente così delicato e puro? Elio Germano: E' stata un'esperienza incredibile, un viaggio ricchissimo sia dal punto di vista del linguaggio che per la costruzione del personaggio. Il segreto è nell'amore che Ferzan ha per ogni attore in modo viscerale, riuscendo a sopportare anche le nostre piccole perversioni di perfezione. Con lui abbiamo fatto delle letture lunghissime, evocando per primi il fantasma di Pietro, tanto che ancora oggi mi sembra incredibilmente reale. Si è trasformato in una persona vera e propria, una specie di amico in comune. Per quanto riguarda, poi le fragilità umane credo che questo film rappresenti proprio la rivendicazione della debolezza e della diversità. Viviamo in mondo che, per convenienze varie, ci obbliga a nascondere le nostre sensazioni più intime. Durante la nostra vita interpretiamo ruoli e indossiamo maschere per riuscire meglio all'interno di questa società, mentre la magia, rappresentata dai sogni e dalle aspettative, deve rimanere nascosta, celata agli occhi di tutti. Questa è la situazione in cui si trova a vivere il mio personaggio, costretto a mascherare il lato tenero della propria natura perché a vincere sono sempre gli altri ed anche i fantasmi sono vittime sacrificali delle proprie passioni.

Signora Proclemer, per lei il palcoscenico è da sempre un luogo familiare. Come ha vissuto questo incontro con il cinema di Ferzan Ozpetek? Anna Proclemer: Io non so molto di cinema ma Ferzan è così appassionatamente innamorato dei suoi attori che non ho potuto non ricambiarlo. Non ho una gran simpatia per i registi. Soprattutto a teatro, non vedo l'ora che si facciano da parte per interagire con il mio vero pater, ossia il pubblico. Il cinema è diverso. Con Ferzan ci si sente talmente amati che si ha solamente voglia di accoccolarsi tra le sue braccia e andare avanti all'infinito. Purtroppo, però, la mia parte da vecchiaccia è finita subito. Anzi, l'unica cosa che non gli perdono è di avermi fatto più anziana di quanto non sia nella realtà.

A questo punto, visto tanta disponibilità da parte del regista, com'è stato per il resto del cast lavorare con Ozpetek? Margherita Buy: Con Ferzan mi trovo benissimo. Il nostro è un rapporto intenso, a volte burrascoso, ma di grande affetto.
Paola Minaccioni: Cura ogni dettaglio con una cura maniacale e poi quando giri ti sembra di stare in una cucina immensa. Ti senti dentro una specialità che sta preparando e, alla fine, il risultato è un piatto sempre diverso. E non è un caso che l'elemento gastronomico sia sempre presente nei suoi film. Per quanto riguarda il mio personaggio, mi sono divertita a interpretare questa donna perfettamente costruita, bella di giorno e disperata di notte. Un essere umano che, non riuscendo a confrontarsi con se stessa, sceglie di farsi aiutare da altri, anche se in questo caso si tratta di uno stuolo di avvocati.
Beppe Fiorello: Ferzan mi ha offerto un'occasione irrinunciabile, ossia giocar a fare l'attore che interpreta un attore. Professionalmente, un vero triplo salto mortale.
Vittoria Puccini: Effettivamente sono rimata colpita dalla sua capacità di tenere gli occhi aperti su tutti e tutto. Solitamente i registi sono molto concentrati sul proprio lavoro e non hanno tempo di percepire gli stati d'animo dei loro protagonisti. In questo caso, invece, ho percepito un'attenzione umana costante e questo non capita spesso.
Claudia Potenza: Misurarsi con un gruppo di colleghi di questo livello non è certo cosa da poco e ti scatena dei dissidi interni che Ferzan ti aiuta a superare attuando dei meccanismi ben precisi.
Andrea Bosca: Il desiderio e l'amore di cui abbiamo parlato fino ad ora è qualche cosa che Ferzan concede ampiamente e a lui ritorna. Per quanto mi riguarda, io ho cercato di rivolgerlo soprattutto nei confronti di Elio, un attore che stimo immensamente e che, in quel momento, doveva rappresentare l'oggetto del mio desiderio.