Recensione La sorgente dell'amore (2011)

Il regista Radu Mihaileanu, per questo La sorgente dell'amore, si ispira ad una vera storia di qualche anno fa accaduta in un villaggio della Turchia, ma "trova" la chiave del film nello spostare l'azione in un contesto musulmano ben più rigido, trasformando così il soggetto in una ben riuscita riflessione sulla condizione della donna nei paesi del Medio Oriente.

Dove c'è acqua, c'è amore

In un villaggio non meglio precisato al confine tra il nordafrica e il medioriente, non c'è acqua corrente, non c'è elettricità, ma c'è invece una tradizione che va avanti da secoli: gli uomini si devono occupare dei campi, dell'allevamento, eventualmente di proteggere il villaggio; le donne devono occuparsi dei bambini, della cucina e della casa. Questo significa che sono anche coloro che devono andare a raccogliere l'acqua, ogni giorno, alla fonte che si trova su una montagna, attraverso un sentiero irto e molto pericoloso. Siccome fa parte della tradizione, nessuno osa opporsi, anche se questo per le donne incinte significa troppo spesso cadere durante il faticoso percorso e perdere il bambino.


Chi non ha più intenzione di accettare questa situazione è la bellissima Leila, la "forestiera", ovvero una donna con una cultura ed una tradizione diversa che ha sposato il maestro del villaggio e cerca di convincere le altre donne a ribellarsi contro questa usanza ormai assurda, soprattutto considerato che a causa della forte disoccupazione, della interminabile siccità e della mancanza di guerre o conflitti, gli uomini ormai da tempo non hanno più nessun ruolo da occupare e passano le giornate seduti al bar. Supportata anche dalla coraggiosa Mother Rifle (Madre Fucile), una vedova saggia ed emancipata, Leila propone a tutte le donne di indire uno "sciopero dell'amore" fino a che gli uomini non avranno accolto la loro richiesta di procurare acqua al villaggio.
Il perché agli uomini questa cosa proprio non vada giù è facilmente intuibile: non solo la mancanza di rapporti sessuali o qualsiasi manifestazione affettiva, ma è soprattutto l'idea che le loro donne possano così palesemente andare non solo contro la tradizione ma anche contro i dettami del Corano che così chiaramente parla di una naturale sottomissione delle donna ai loro mariti.

Il regista de Il concerto e Train de vie, Radu Mihaileanu, per questo La sorgente dell'amore si ispira ad una vera storia di qualche anno fa accaduta in un villaggio della Turchia, ma "trova" la chiave del film nello spostare l'azione in un contesto musulmano ben più rigido, trasformando così un soggetto già interessante in origine in una ben riuscita riflessione sulla condizione della donna nei paesi del Medio Oriente raccontata con un tono vivace e mai pietistico ed una realizzazione tecnica di buon livello che trova il suo apice nella calda fotografia di Glynn Speeckaert. Ma è l'intero gruppo di attrici - tra cui emergono la deliziosa protagonista Leila Bekhti, la solita intensa Hiam Abbass nel ruolo della tirannica suocera e la simpatica Biyouna in quello di Madre Fucile - a regalare interpretazioni sentite e convincenti, prestandosi in alcuni casi anche a canti e danze, che emozionano e rendono questo La source des femmes, nonostante alcune ingenuità nello script, una piacevole chiusura del formidabile lineup di questo 64° Festival di Cannes.

Come nota a margine, vale certamente la pena di notare che negli scorsi giorni uno dei gioielli più brillanti di questo festival era stato un film dai temi piuttosto vicini, lo straordinario E ora dove andiamo? di Nadine Labaki: ci eravamo effettivamente chiesti il perché della scelta di mettere il film della Labaki in Un Certain Regard e non in concorso, adesso ci viene da sospettare che il motivo possa essere proprio questa somiglianza con il film di Mihaileanu. Un peccato, perché oltre ad un discorso qualitativo, film che trattano argomenti così importanti meriterebbero sempre massima visibilità e sostegno.

Movieplayer.it

3.0/5