Recensione Another Earth (2011)

Un film da vedere per il gusto di riscoprire un cinema adulto, non banale, capace di sollevare interrogativi sulla natura delle cose e sul senso della nostra esistenza.

Congiunzione astrale

"Che fai tu, luna, in ciel? Dimmi, che fai, silenziosa luna?" Così cantava Giacomo Leopardi nel 1830 in uno dei suoi più celebri componimenti, rivolgendosi all'astro che osserva immobile le sventure umane dall'alto del cielo notturno. Le premesse contenute in Another Earth, pellicola indie diretta da Mike Cahill, sembrano mutuate dalle elucubrazioni pessimistiche del grande poeta recanatese anche se in questo caso al posto della luna troviamo un altro pianeta terra, esattamente identico al nostro, ma distante anni luce. L'incredibile scoperta causa una distrazione momentanea, ma fatale per Rhoda, giovane studentessa reduce dai festeggiamenti per il raggiungimento di un importante traguardo accademico che provoca un terribile incidente stradale in cui perdono la vita la moglie e il figlio di un noto compositore. Tante vite distrutte, ogni speranza verso un futuro di felicità e soddisfazione stroncata sul nascere. Il film di Cahill si ammanta di un pessimismo e di una malinconia calmierati solo dalla presenza costante (sui media, nei discorsi, nei pensieri e nella curiosità degli abitanti, nel cielo diurno) di questa seconda misteriosa terra, enorme punto di domanda sferico che incombe sugli uomini, ma allo stesso tempo rappresenta un'ipotetica via di fuga dagli errori commessi, un luogo delle seconde possibilità.


Mike Cahill, qui alla sua opera prima co-firmata insieme alla compagna di studi alla Georgetown University Brit Marling, talentuosa protagonista, attinge a una premessa di tipo fantascientifico per poi addentrarsi in elucubrazioni filosofiche al tempo stesso personali e universali. Il ritmo lento di Another Earth si accompagna al mood riflessivo dei suoi interpreti, la straordinaria Marling e l'altrettanto convincente William Mapother, noto per il ruolo del minaccioso Ethan in Lost, qui chiamato a interpretare il musicista vedovo John Burroughs. Il film, caratterizzato da un look tipicamente indipendente, si libera di orpelli inutili adottando uno stile asciutto e sobrio per concentrarsi sul dolore che consuma i due protagonisti, un dolore sordo, inesploso, tanto più bruciante visto che Rhoda e John si chiudono in un ostinato silenzio affidando la trasmissione dei loro sentimenti a gesti e sguardi. Poche le trasgressioni concesse a una sceneggiatura avara di dialoghi, ma assai curata e ricca di spessore. Brit Marling, tallonata dalla macchina da presa per la maggior parte del tempo, ha il compito più arduo: rendere credibile il progressivo annullamento del suo personaggio, determinato ad autopunirsi per l'errore commesso attraverso la solitudine, il degrado e il disprezzo di sé. La recitazione trattenuta, cerebrale e raggelata trova qui e là momentanei sfoghi. Splendida la scena in cui la ragazza decide di gettarsi nella neve priva di abiti, che rappresenta uno dei momenti più drammatici e al tempo stesso liberatori del film che subito, però, rientra nei binari raggiungendo un nuovo grado di complessità nell'ambigua relazione instauratasi con l'ignaro John Burroughs.

Figlio del Sundance di cui incarna in pieno i tratti, Another Earth si innesta in quel flusso cinematografico orgogliosamente indie e low budget che rinnova il genere drammatico innestandovi elementi nuovi (in questo caso la fantascienza) e finisce curiosamente per condividere alcuni tratti con un altro progetto sviluppato in luoghi e modi diversi, l'apocalittico Melancholia di Lars von Trier. Entrambe le pellicole sono figlie di un sentire comune legato all'instabilità della nostra epoca e capitalizzano un sentimento collettivo rendendolo unico e personale attraverso il filtro dell'arte. Il film di Cahill, meno visionario e più concreto della maestosa opera di von Trier, rappresenta una piacevole sorpresa nel panorama cinematografico attuale contribuendo a lanciare la carriera dei suoi interpreti, soprattutto dell'intensa Marling, e dello stesso regista. Un film da vedere per il gusto di riscoprire un cinema adulto, non banale, capace di sollevare interrogativi sulla natura delle cose e sul senso della nostra esistenza.

Movieplayer.it

3.0/5