Christian Molina e Valeria Marini insieme per I want to be a soldier

Il nostro incontro con il regista e la produttrice-attrice del film che critica la violenza dei media, in uscita il prossimo 14 ottobre con il patrocinio del Movimento Italiano Genitori e dell'UNICEF; 'Non sono complice di certa televisione - racconta la Marini - ho fatto programmi leggeri, ma non è contro questi che si scaglia la pellicola'.

Arriva nelle nostre sale dopo aver conquistato all'ultimo Festival di Roma il Marc'Aurelio d'oro di Alice nella città come miglior film nella categoria under 12, la nuova opera di Christian Molina, I Want to be a soldier, dramma che si propone di criticare l'invadente presenza della televisione nella vita di giovanissimi spettatori come il protagonista Alex, l'eccezionale Fergus Riordan, bravissimo nel restituire davanti alla macchina da presa il dolore di un'innocenza perduta. E' proprio a causa di un esasperante dipendenza dal piccolo schermo che il ragazzino, in profonda crisi dopo la nascita dei fratellini, diventa un bulletto violento, una persona completamente distaccata dalla realtà, intrisa di rancore nei confronti di tutti gli esseri umani. Affascinato dalle immagini viste ogni giorno alla tv e fomentato da un personaggio creato dalla sua immaginazione, il sergente Cluster, che lo istiga all'aggressività, Alex imbocca una strada senza ritorno. Prodotta da Valeria Marini, che si è ritagliata il piccolissimo ruolo dell'insegnante del bambino, la pellicola uscirà in 30 copie il prossimo 14 ottobre grazie alla Iris Film e si è guadagnata il patrocinio del MOIGE, il Movimento Italiano dei Genitori, e il supporto dell'UNICEF. Ancora da stabilire, ed è questione che verrà risolta nelle prossime ore, se verrà imposto il divieto di visione ai minori di 14 anni. Una restrizione che al momento non sembra preoccupare più di tanto il regista spagnolo, a Roma per la presentazione del film, felice di aver realizzato un'opera destinata a far discutere per il forte impatto di alcune sequenze. Affiancato da una sorridente Valeria Marini e dal presidente del MOIGE, Maria Rita Munizzi, l'autore di Barcellona è voluto proprio partire dalla questione relativa alla distribuzione del film, assecondando il discorso iniziato dal presidente della Iris, Christian Lelli, secondo cui sarebbe interessante che la pellicola fosse proiettata nelle scuole, per una platea di studenti e professori. "E' quello che è successo ieri - spiega Christian Molina - ho partecipato ad una proiezione in una scuola, davanti a ragazzi e insegnanti. Il film è stato applaudito per venti minuti. Mi hanno detto che per la prima volta gli era capitato di vedere un film che raccontasse esattamente la realtà di un ragazzino costretto a diventare adulto troppo in fretta. Sono convinto che il film vada visto assieme ai genitori, perché è a loro che il messaggio è destinato. Spetta a loro tutelare i propri figli, fargli vivere in tranquillità la loro età".

La storia di un bambino come Alex vuole dunque essere un monito per i genitori distratti e distanti e non solo un attacco frontale alla televisione. "Noi prendiamo di mira anche internet e i videogiochi, ma le immagini televisive ci servivano perché erano maggiormente fruibili e non c'erano problemi di diritti da pagare - aggiunge Christian Molina -. Ci tengo a sottolineare una cosa e cioè che tutte i filmati che Alex vede sono stati raccolti in programmi trasmessi nella cosiddetta fascia protetta, quindi disponibili anche per i più piccoli. E' logico che un telegiornale debba dare delle notizie, ma tutto dipende da come queste vengano mostrate. Il terremoto ad Haiti può essere raccontato in mille modi diversi, mostrando un palazzo che cade o inquadrando dei corpi senza vita. Questo nello specifico è ciò che attacchiamo, tutte quelle immagini crude e forti che possono essere traumatiche". "Tante volte abbiamo chiesto una maggiore regolamentazione - gli fa eco Maria Riti Munizzi -, ma finché non ci saranno delle sanzioni economiche in caso di trasgressione, le tv continueranno a mostrare immagini violente in orari non adeguati. Noi siamo contro la censura, ma laddove c'è una responsabilità a rispettare i bambini, allora dobbiamo difendere i più deboli". Su questo arriva diretta anche la puntualizzazione della produttrice e attrice Valeria Marini, chiamata in causa in quanto personaggio televisivo di spicco. "Non mi sento complice di una certa televisione - dice Valeria Marini - certo ho fatto programmi popolari, leggeri, ma non è contro questi che si scaglia il film, che ha obiettivi ben più importanti. Questa non è un'opera contro il piccolo schermo, ma contro i messaggi che possono arrivare agli adolescenti. Se poi mi chiedete di un reality come L'isola dei famosi, posso dirvi che è uno dei meglio riusciti e uno dei più contenuti".
La Valeria 'nazionale' si illumina quando racconta l'inizio di questo progetto, una coproduzione con gli spagnoli della Canònigo Film, che ha portato alla riunione di un cast internazionale che comprende anche Danny Glover e Robert Englund. "Ero a Barcellona per lavoro e ho conosciuto Marivì de Villanueva della Canònigo che mi ha fatto leggere il copione di Cuca Canals - racconta la bionda soubrette -. L'ho trovato bello e interessante. Posso dire che si tratta di una scommessa vinta. I Want to be a soldier è un film intelligente che sa raccontare la realtà come solo il grande cinema sa fare". Incontrando, a quanto pare, il favore del Movimento Italiano dei Genitori. "E' la prima volta che noi del MOIGE diamo il patrocinio ad un film - conclude Maria Rita Munizzi - perché riteniamo sia un'opera che in maniera equilbrata racconta il sistema televisivo e la famiglia. Oggi la TV è presente ovunque, anche nelle camere dei bambini e vogliamo invitare gli adulti a riflettere sulla loro fragilità educativa. Spero che il messaggio del film arrivi anche ai produttori televisivi, a chi fa la tv generalista, perché i figli sono un bene sociale e non una proprietà e la responsabilità della loro educazione va condivisa a tutti i livelli".