Recensione Finalmente la felicità (2011)

Un Pieraccioni sottotono per un film che vede relegati a piccole apparizioni gli attori su cui forse sarebbe stato meglio puntare tutta la posta.

Chi fermerà la musica?

Benedetto è un uomo normale, anche troppo. E' uno timido, pacifico e senza grilli per la testa, un musicista amante della filosofia che insegna al conservatorio di Lucca e ad alcuni ragazzi in un piccolo laboratorio sognando che arrivi finalmente la felicità. Benedetto ha infatti un sogno nel cassetto, quello di aprire una scuola in cui i ragazzi possano scegliere d'istinto, guardando e toccando, lo strumento che è loro più congeniale. Sarebbe questa l'unica cosa che riuscirebbe a fargli dimenticare per sempre il maltolto, la sinfonia intitolata per l'appunto 'Felicità' che un suo collega tanti anni prima gli ha rubato senza scrupoli insieme alla possibilità di diventare maestro d'orchestra. E' durante una riunione di condominio, cui Benedetto cerca di dare ritmo a suo modo, che suona alla porta la postina di Maria De Filippi che lo catapulta in una situazione al limite del paradossale. Benedetto scopre così in diretta televisiva a C'è posta per te di avere una sorella acquisita di nome Luna, una splendida modella brasiliana che la sua defunta madre aveva adottato a distanza tanti anni prima. Il colpo di fulmine per lui è pressoché istantaneo, impossibile non rimanere travolto dalla bellezza e della semplicità di una donna cresciuta nelle favelas che non si è mai montata la testa nonostante il successo. Spinto dallo sfortunato amico Sandrino, Benedetto decide così di seguire la ragazza fino in Sardegna dove la aspetta un servizio fotografico con un partner assai sgradito: il suo bellissimo ex fidanzato fedifrago Jesus. Sarà missione difficile per un professore di musica della provincia di Lucca dimostrare che il mondo non è fatto per i belli ma semplicemente per i 'normali'.


Sempre la stessa musica, verrebbe da dire. Ma stavolta, purtroppo, si stona in più di un'occasione. La felicità prima o poi arriva se sei una brava persona e la sai apprezzare, devi solo saper aspettare, questo è sinteticamente il messaggio racchiuso nel nuovo film di Leonardo Pieraccioni intitolato Finalmente la felicità. Se fai una buona azione, se vivi con passione e fai sempre del bene alla fine la vita ti ricompensa sempre, a volte un po' tardi, con la felicità. Se non sei quel che si dice una persona leale prima o poi la paghi perché le cattive azioni tornano sempre indietro e prima delle altre, come un boomerang.
Anche se fai un film bruttino, anzi una serie di film zoppicanti, prima o poi la cosa ti si ritorce contro, o almeno dovrebbe. E invece no, con Leonardo Pieraccioni tutto questo sembra non valere. Il regista del buonumore cui gli italiani sembrano essere quasi più affezionati che al cinepanettone, sembra essere impermeabile ad ogni critica. Le avvisaglie nei film precedenti c'erano eccome, ma eccolo tornare sul grande schermo natalizio con una nuova commedia, nuova si fa per dire, che racchiude nella sua impalpabilità la totale perdita di orientamento dei suoi autori. Insomma, del Pieraccioni (e del Veronesi) de Il Ciclone è rimasto solo il boomerang, quello metaforico e non quello di legno che a volte ti torna dritto in mano e qualche volta ti sbatte violentemente in fronte lasciandoti un po' stordito. E' proprio questo l'effetto che si ottiene alla fine del film, una sensazione di stordimento mista a delusione che spiazza di molto lo spettatore italiano affamato di risate soft e di spensieratezza. Non ci aspettavamo i ritmi sincopati e irresistibili del 'ciclonico' flamenco né i Fuochi d'artificio o Il paradiso all'improvviso, ma almeno qualche sana risata che ci distraesse per un momento dalla crisi nerissima che stiamo vivendo.

Non è servito togliere di mezzo Massimo Ceccherini (protagonista di un fulmineo cammeo) e prendere a bordo, con un ruolo più 'ingombrante' rispetto al passato, lo straordinario Rocco Papaleo, un attore al quale basta anche un solo sguardo per far ridere, sperando che l'accoppiata funzionasse e che bastasse la sua bravura per sfangarla un'altra volta. Ma in Finalmente la felicità c'è ben poco che funzioni davvero, neanche Papaleo fa ridere, il che la dice lunga. La mancanza di idee e di ritmo nella narrazione questa volta sono così evidenti da ispirare tenerezza. Insomma un Pieraccioni sottotono che fa il paio con un cast male allestito per un film che vede nelle piccole apparizioni gli attori su cui sarebbe stato forse meglio puntare tutta la posta (vedi Maurizio Battista, la Andreozzi, Shel Shapiro) e nei ruoli principali attori improvvisati come la bellissima protagonista Ariadna Romero, piuttosto impacciata e visibilmente inesperta, il bello del gruppo Thyago Alves sempre a suo agio ma relegato ad un ruolo abbastanza fastidioso, e Andrea Buscemi nei panni del direttore d'orchestra truffaldino che è sì un grande attore di teatro ma totalmente fuori ruolo e inadatto ad una commedia leggera.
Era il lontano 1995 quando un giovane cabarrettista dalla parlata buffa di nome Leonardo Pieraccioni faceva la sua prima apparizione sul grande schermo. Spontaneo, simpatico, sempre pronto a prendersi poco sul serio, anche un po' cattivello per certi aspetti. Con merito aveva conquistato il grande pubblico con commedie esilaranti e dolciastre come I laureati e Il ciclone facendo registrare incassi stratosferici che col tempo lo hanno infiacchito anziché ispirarlo. Sembrano passati anni luce da quei tempi: viene da chiedersi dove siano finite le allegre bischerate di provincia che connotavano i suoi primi film, quelli che tra un sorriso e una lacrima di commozione erano capaci di regalare un paio d'ore di assoluta evasione e di prendere le distanze dal cinepanettone tutto bulli e pupe senza un minimo di impegno e di romanticismo.

Movieplayer.it

2.0/5