Bif&st 2014: a lezione di cinema con Sergio Castellitto

Dopo Paolo Sorrentino, un altro grande nome del cinema italiano è arrivato al Bari International Film Festival per tenere una divertente ed appassionante lezione e raccontare i momenti salienti di una carriera divisa tra recitazione, regia e sceneggiatura. All'attore è stato anche consegnato dal presidente Ettore Scola il Federico Fellini Platinum Award for Cinematic Excellence.

Ha lavorato con i più grandi registi italiani e con attori leggendari, ha girato il mondo, ha recitato in più di settanta film tra cinema e televisione ma per lui tutto è iniziato per puro caso, in un momento in cui la sua vita era indirizzata da tutt'altra parte. Dopo la proiezione di Non ti muovere, forse uno dei suoi film più belli in cui dirige e recita al fianco di una straordinaria Penelope Cruz, Sergio Castellitto è arrivato al Teatro Petruzzelli per incontrare il pubblico e raccontare la sua esperienza di artista a tutto campo rivelando segreti, passioni, sogni e paure del mestiere che gli ha cambiato la vita.

Tra paura e delirio
La paura di non farcela e il panico, sensazioni utili anzi indispensabili per la recitazione, per incominciare da zero qualsiasi cosa e riempire spazi vuoti, che siano pagine bianche o tele vuote. Sergio Castellitto ci ha raccontato di conoscere bene questi istinti primordiali che lo hanno accompagnato per un lungo periodo della sua vita e della sua carriera: "La sensazione che provi in quei momenti interminabili in cui hai paura di fallire davanti al tuo pubblico somiglia molto a quella che si prova quando si è consapevoli di essere troppo vicini ad un pericolo, la paura è l'essenza di questo mestiere, la benzina che accende il motore del processo creativo di un artista e ti spinge sempre a fare meglio" - ha confessato il regista e attore al pubblico che ha affollato il teatro per assistere alla sua lezione - "e il giorno in cui ho sentito svanire questa paura e capito che stavo trasformando la mia vita in uno stereotipo ho deciso di cambiare mestiere e di provare a fare qualcosa che non avevo mai provato a fare prima". Un inizio inconsueto quello di Castellitto, che non nasce in una famiglia di attori o artisti, ma faceva un normale lavoro da impiegato prima di decidere di iscriversi all'Accademia d'Arte Drammatica: "Quel che mi ha spinto a fare questo mestiere è stato un fortissimo desiderio di esprimermi, un qualcosa che io definisco come una sorta di nevrosi, una manifestazione narcisistica ma allo stesso tempo un gesto di entusiasmante disperazione. L'unica paura che non ho mai avuto è stata quella di non lavorare, di stare ore accanto al telefono in attesa di una chiamata e per questo mi ritengo molto fortunato, perché se c'è un'ossessione distruttiva che affligge gli attori è proprio questa".
Voglia di sperimentare
Sono tanti gli attori passati dietro la macchina da presa negli ultimi anni, pensiamo a Laura Morante, Michele Placido, Valeria Golino e Alessandro Gassman solo per citarne alcuni; un fenomeno che fa riflettere e che sta forse a testimoniare una certa insoddisfazione degli attori italiani rispetto a quello che il cinema è in grado oggi di offrire loro. "Non so perché Vittorio De Sica e John Cassavetes abbiano iniziato a fare i registi ad un certo punto della carriera" - ha spiegato Castellitto chiamato a esprimersi su questa tendenza sempre più diffusa - "nel mio caso non è stato per fortuna un modo per combattere un'insoddisfazione, da questo punto mi reputo molto fortunato per la carriera che ho fatto, ma di un'esigenza nata dalla consapevolezza di non essere solo un attore ma un artista a tutto tondo. E' pur vero che da qualche anno avevo la sensazione di star ri-recitando cose già fatte e di aver iniziato ad essere ripetitivo e anche questo aspetto ha contribuito a questo mio passaggio alla regia". Nella carriera di ogni attore ci sono poi quei film che tracciano una linea di demarcazione e segnano una sorta di passaggio di coscienza: "L'ora di religione - Il sorriso di mia madre di Marco Bellocchio è stato il film che ha segnato un punto di svolta della mia carriera perché fu durante la lavorazione che capii cosa ero in grado di fare e cosa non sarei mai riuscito a diventare. Ho capito solo in quel momento che avrei voluto diventare un cineasta e non un semplice regista".

Ma la carriera di Castellitto non è stata solo costellata di film drammatici come L'uomo delle stelle, La famiglia, L'ora di religione e La stella che non c'è, ma molte sono state anche le commedie popolari da lui interpretate, pensiamo a Stasera a casa di Alice, Caterina va in città, La bellezza del somaro (di cui è anche regista), Italians e Una famiglia perfetta. Il motivo è presto spiegato: "Mi sono sempre trovato qualcosa che, nei periodi morti, riaccendesse l'amore e l'eccitazione per il mio lavoro. La recitazione, da qualche parte, è anche balordaggine perché è strettamente legata allo stato d'animo di un attore che può paradossalmente rendere un'interpretazione indimenticabile senza che nessuno capisca il nesso tra le due cose".

Talento e successo: i consigli di Sergio
Nonostante gli studi accademici e la dedizione al mestiere dell'attore tra teatro e set, Castellitto ha dichiarato di non essersi mai sentito un attore accademico di stampo troppo classico: "Il neorealismo italiano ci ha insegnato che il talento può provenire da ogni parte e non ha importanza come esso si manifesta, la cosa importante è riconoscerlo, saper capire se c'è veramente qualcosa da mettere sul tavolo da gioco. A volte sono gli altri a riconoscere il tuo, a volte te ne rendi conto da solo ma penso che nessuno nasca con l'obbligo di dover fare l'attore per campare, è una vocazione congenita". Il mestiere di attore e quello di regista rappresentano anche un modo diverso per esprimere opinioni sugli argomenti più disparati, dalla politica al sociale alla religione: "Nella mia carriera ho sempre scelto di fare un film piuttosto che un altro per avere la possibilità di dire la mia, di esprimere il mio punto di vista, recitare consiste anche nel condividere la parte negativa di un'opera o di una storia e la commedia italiana è stata maestra assoluta in questo senso perché ha messo in scena dei mostri per aiutarci a capire che anche noi eravamo dei mostriciattoli senza rendercene conto". E' per questo motivo che non possiamo dimenticarci dei grandi nomi del nostro cinema come Vittorio Gassman, Marcello Mastroianni, Nino Manfredi, Ugo Tognazzi e Gian Maria Volonté ma neanche dimenticare attori grandiosi e importanti come Renzo Montagnani e Mario Carotenuto, che hanno lasciato un'impronta importante nel nostro cinema: "Ho sempre scelto di mettermi al servizio di progetti che avessero un profumo di innovazione perché per me ogni film è come un bisturi, perché è capace di squarciare i pensieri e i cuori della gente e suscitare emozioni forti, in fondo è per questo che faccio l'attore e il regista, perché ritengo che sia fondamentale riuscire a far piangere e a far ridere la gente".
Piccolo schermo, grandi soddisfazioni
Non solo grande cinema ma anche la grande televisione nazional-popolare ha arricchito la carriera eclettica e lunghissima di Sergio Castellitto: "Sì, ho fatto anche quel tipo di televisione che faceva storcere la bocca a certi registi" - ha dichiarato con un sorriso sardonico stampato in volto il regista di Venuto al mondo e Non ti muovere - "ho vestito i panni di Fausto Coppi ne Il grande Fausto, quelli di Padre Pio, di Don Milani in Don Milani - Il priore di Barbiana, ma questo non mi ha mai confinato nel mondo del piccolo schermo, la mia carriera parla chiaro". Il metodo di lavoro è sicuramente diverso quando si affronta un film per la TV rispetto a un film da grande schermo, ma l'impegno e la passione sono state impiegate sempre allo stesso modo: "Quando reciti in televisione raccontando la vita di un'altra persona entri in possesso di tante informazioni da cui poter attingere, hai documentazioni, racconti di persone che hanno conosciuto quella persona ed è inevitabile che il modo di lavorare cambi" - ha spiegato Castellitto - "mi sono avvicinato a Coppi facendo degli estenuanti giri in bicicletta, decine di chilometri al giorno per poter riuscire a capire come viaggia la mente di un atleta dopo tante ore passate a faticare. Ho vissuto intensamente anche l'esperienza sul set durante le riprese di Padre Pio, un'esperienza mistica che mi ha fatto capire quanto fosse importante per i fedeli questa figura e quanta influenza avesse sulla vita di milioni di persone la figura di Padre Pio da Pietralcina. Ogni personaggio ha richiesto un metodo diverso di avvicinamento e di preparazione".
Quando il cinema è di casa
Sposato dal 1987 con la scrittrice, sceneggiatrice e attrice Margaret Mazzantini, che gli ha dato anche quattro figli, Sergio Castellitto ha definito così il suo rapporto professionale e personale con la consorte che ha sceneggiato tutti i suoi film da regista a partire da Libero Burro, proseguendo con Non ti muovere, La bellezza del somaro e Venuto al mondo: "Io e Margaret facciamo una vita di una normalità devastante ed è sempre stato così perché il nostro procedere insieme non è mai stato costruito su una strategia. Certo non è sempre stato un rapporto rose e fiori e di conflitti ne abbiamo avuti, ma l'idea della famiglia è stata sempre al centro della nostra vita, come direbbe il maestro Ettore Scola 'la famiglia è un aggregato di sangue e di relazioni' e in tutto questo bordello c'è sempre l'amore al primo posto". Chiamato a raccontare il rapporto con i figli, in special modo con quello più grande, Pietro Castellitto, che ha iniziato da poco la sua carriera di attore, Sergio ha risposto con grande convinzione: "Credo che il rapporto con i figli sia determinato in larga parte dalle tue esperienze di vita, perché se sei riuscito a realizzare i tuoi sogni la tua predisposizione ad accettare i loro è sicuramente molto più grande. Certo mi piacerebbe che i miei figli guardassero tutti i film che ho fatto ma non c'è niente da fare, al momento preferiscono quelli di Paolo Sorrentino (ride). Spero che mio figlio Pietro possa scoprire presto se ha veramente il talento per poter fare l'attore, ma prima spero che riesca a laurearsi".
Il rapporto col pubblico e con il successo
La carriera di un artista è costellata di successi ma gli insuccessi vanno messi in conto come le delusioni e le insicurezze, la capacità di saper accettare la sconfitta è una dote molto importante per un artista e non è così comune come si può pensare. Per non parlare di quanto è difficile saper gestire il successo e il talento in modo sano: "Nella mia carriera ho vissuto molto male gli insuccessi ma benissimo i successi" - ha spiegato Castellitto a proposito del suo rapporto con la celebrità e con i fan - "mi ha sempre fatto piacere fare autografi, ricevere complimenti e richieste di foto dai miei ammiratori. Penso che sia uno straordinario privilegio di noi artisti poter stabilire un contatto diretto e vero con il pubblico che poi è il 'consumatore finale' del nostro lavoro, ed è un aspetto della mia professione che ho sempre vissuto in maniera autentica e serena". La cosa veramente importante è capire su che basi si costruisce questo rapporto e che peso ha per le due parti: "Se lo si costruisce sull'inettitudine e sul colpo di fortuna è difficile che possa durare perché l'equazione talento-uguale-successo non è sempre ovvia, anche se c'è sempre un motivo dietro e in fondo al successo di chiunque. Il successo è un po' come il talento, è un olio che ti scivola tra le mani, è come una pianta da curare, che non vuole né troppa acqua né poca, è un qualcosa che devi coltivare giorno dopo giorno ". A conclusione della lunga chiacchierata del Petruzzelli, Sergio Castellitto ha voluto spendere due parole per il teatro e per il palcoscenico, uno dei suoi grandi amori: "E' l'unica forma di rappresentazione che non sarà mai virtuale perché il teatro accade là, sul palcoscenico, in quel preciso istante, e questo fa la differenza da sempre ed è forse per questo che vive da quattromila anni. Ricordatevi di andare ogni tanto a teatro perché è l'unica forma di spettacolo che rimarrà sempre fedele a se stessa e resterà un rito".