Bernardo Bertolucci, un bambino con gli occhi da poeta a Cannes

Il maestro emiliano presenta a Cannes la sua ultima fatica, l'intimo Io e te. Una storia di scoperta, di conoscenza e di gioventù ambientata nel calore di un microcosmo, uno scantinato romano.

Ritorno all'azione per il maestro Bernardo Bertolucci che, dopo essere transitato da Cannes nove volte, l'ultima per ritirare un premio alla carriera, stavolta approda alla Croisette per presentare il suo ultimo film, evento speciale fuori concorso della manifestazione. La genesi di Io e te è piuttosto particolare. Il film, adattamento letterario del romanzo omonimo di Niccolò Ammaniti, è stato inizialmente pensato per essere girato in 3D. Bertolucci, da anni inattivo a causa della malattia che lo ha colpito, ha deciso di tornare a fare cinema dopo essersi 'innamorato' del romanzo dell'autore di Io non ho paura e ha ipotizzato la possibilità del 3D per accentuare il senso di intimità tra i due giovani interpreti, entrambe 'scoperte' del regista, la bionda Tea Falco e il giovane Jacopo Olmo Antinori. I due attori in erba sono presenti a Cannes insieme a Bertolucci, entusiasta all'idea di parlare della sua opera, accolta con entusiasmo dalla critica.

Bernardo, è bello vederti tornare a fare film dopo la malattia che ti ha colpito.
Bernardo Bertolucci: All'inizio sapere di essere costretto su una sedia a rotelle è stato difficile, ho vissuto per anni come in uno stato di torpore, ma una volta che l'ho accettato sono tornato a vivere e mi sono detto: "Ok, ora si va a avanti. Facciamo un film!" La sedia elettrica a rotelle elettrica mi permette di muovermi, di girarmi e di dirigere.

Avevi annunciato che avresti girato Io e te in 3D per renderlo più intimo.
Si, all'inizio ci ho pensato, ma poi mi sono reso conto che cambiare ogni volta lente e obiettivo mi avrebbe portato via troppo tempo e io volevo girare in fretta. Alla fine credo che il film, pur non essendo in 3D, sia ugualmente venuto in 3D.

Dopo The Dreamers - I sognatori torni a realizzare un film sulla giovinezza. Cosa ti attrae di questo momento della vita?
Mi interessa concentrarmi su qualcosa che cambia, Jacopo è cresciuto di fronte alla macchina da presa e veder qualcuno crescere davanti alla macchina da presa è qualcosa di estremamente commovente.

Voi siete d'accordo col vostro regista?
Jacopo Olmo Antinori: Sicuramente. Dall'inizio delle riprese alla fine c'è stato un cambiamento, spero in positivo. E' qualcosa che ti cambia. Magari riguardandomi tra cinque anni potrò capire meglio cosa mi è successo sul set.

Tea Falco: Il mio personaggio è una fotografa come me, come mia madre e anche come Bernardo Bertolucci che mi ha preso dalla mia vita. Lui mi ha detto che gli piacevo perché dentro di me c'era Olivia. Per me lavorare con Bernardo è stata un'esperienza incredibile, lui mi ha formato l'animo. Mi ha modellato rendendomi quella che sono adesso. Bertolucci è un bambino con gli occhi da poeta.

Bernardo, tu sei un vero poeta.
Bernardo Bertolucci: A ventuno anni ho pubblicato un libro di poesie, ma poi ho deciso di non seguire la strada di mio padre perché ho capito che potevo fare poesia con la macchina da presa. Devo ringraziare i miei attori perché devo molto a loro. Con i loro volti e i loro sguardi sono riusciti a donare molto di più ai loro personaggi rispetto alla pagina scritta.

Quando giri è già tutto nella tua mente o lasci spazio all'improvvisazione?
La sera prima delle riprese parlo con mia moglie per focalizzare ogni aspetto, per pormi il problema del realismo dei dialoghi e accade qualcosa di straordinario. I personaggi acquistano vita, guadagnano movimento e consistenza. Io non sono illustratore, ma devo trovare il mio spazio nel mondo che narro.

Come è stato per voi attori misurarvi con questo tipo di personaggi?
Tea Falco: E' difficile descrivere le emozioni provate sul set. Bernardo è la persona più bella che abbia mai incontrato sia per la sua umanità che per il suo talento. Abbiamo vissuto un momento di malinconia grandioso. E' come se Bernardo avesse tirato fuori dei frammenti che erano già dentro di noi e li avesse ricuciti in modo perfetto.

Jacopo Olmo Antinori: Per me era la prima esperienza, ma sul set di Bernardo si sente un'energia stranissima, un'armonia, è qualcosa che succede una volta sola nella vita.

Io e te parla anche di solitudine e di emarginazione. Come è stato entrare nella mente di un ragazzo di quattordici anni?
Bernardo Bertolucci: Io penso di essere un caso di sviluppo arrestato, non sono mai cresciuto, perciò non mi è così difficile. In più il libro di Niccolò Ammaniti è scritto in prima persona, noi siamo sempre nella mente di Lorenzo. A un certo punto, però, ho scelto di allontanarmi dal libro, soprattutto nella fine di Olivia. Io ho capito che non andava bene farla morire nel film e ho deciso di prendere una strada diversa.

L'uso dello spazio, come in altri tuoi film, ad esempio Il conformista, è usato per creare una separazione, per mettere una distanza tra il protagonista e gli altri personaggi.
La cantina è stata disegnata apposta per il film. Credo che i miei collaboratori abbiano visto centinaia di cantine a Roma, poi tornavano e mi mostravano le foto, i muri scrostati, l'umidità, le finestre, ma quando si accendono le luci sul set si crea una vera e propria magia. A tenere insieme il tutto contribuisce anche la musica, bellissima e discreta di Franco Piersanti che servita a creare il mood necessario.

Nella colonna sonora troviamo anche la versione italiana di un celebre pezzo di David Bowie, Space Oddity.
Si è una canzone del 1969, il testo è scritto da Mogol. L'avevo già sentita tanti anni fa a Los Angeles mentre me ne andavo in giro su una decappottabile. La versione italiana, Ragazzo solo, ragazza sola, è molto diversa dall'originale, è una canzone d'amore e sembra scritta proprio per il film.

Puoi parlarci del lavoro fatto con il direttore della fotografia Fabio Cianchetti?
Fabio Cianchetti è uno di quei professionisti che quando arriva sul set si guarda intorno, ascolta qualche parola che gli dico, la fa sua e poi va per la sua strada. Alla fine ogni inquadratura che viene fuori è un piccolo miracolo. Aspetto sempre di rivedere il girato perché mentre giriamo siamo in trance. Il nostro è un rapporto molto stretto e per un film come questo è stato fondamentale perché capisce sempre i miei desideri e la mia necessità.

Voi come vi ponete rispetto alla gioventù di oggi?
Jacopo Olmo Antinori: Lorenzo rappresenta uno di quei giovani che si chiudono in se stessi per evitare la sofferenza però non credo che rappresenti la maggioranza delle persone. Soprattutto non sono così per sempre, spesso è un momento di transizione che con la maturità scompare.

Tea Leoni: Olivia e Lorenzo sono dei ribelli che vivono la propria vita cercando di uscire allo scoperto. Nella cantina è come se vivessero nel loro inconscio, ma si fanno una promessa, quella di cambiare.

Bernardo, lavorando molto all'estero come vivi il rapporto col tuo paese? Come è stato il tuo ritorno a casa?
Bernardo Bertolucci: Per ovvie ragioni non ho potuto girare Ultimo tango a Milano. Il mio allontanamento è dovuto alla situazione politica dell'Italia, ai limiti che avrei trovato a girare certi miei lavori a casa. Per molti anni ho sofferto la situazione e ho preferito lavorare all'estero, poi sono tornato anche a causa della mia malattia e ho girato Io e te in Italia. Nel lavorare ai dialoghi ho cercato di dare il senso di semplicità tipico dei dialoghi americani, evitando la letterarietà in cui spesso cadono molti film italiani, per mantere l'immediatezza e la naturalezza tra i miei personaggi.

Quando vedo Olivia con la giacca mi viene in mente Maria Schneider in Ultimo tango a Parigi. C'è qualcosa in comune tra queste due donne?
Sono due personaggi estremamente drammatici. Forse c'è qualcosa che torna in tutte le ragazze e le donne che torna. Mi piacerebbe, in futuro, dar vita a donne meno disperate.