Berlino 2012: al via con Farewell, My Queen con Jacquot e Diane Kruger

Presentato a Berlino il film d'apertura di Benoît Jacquot incentrato sulla figura della regina Maria Antonietta e su quella della sua devota dama di compagnia, frutto della trasposizione cinematografica del pluripremiato omonimo romanzo del 2002 di Chantal Thomas.

Ambientato all'inizio della Rivoluzione Francese e incentrato sul dramma vissuto dalla Regina attraverso lo sguardo del suo vastissimo entourage stanziato a Versailles, in particolare della sua dama di compagnia nonché lettrice personale di Sua Maestà, la bellissima Léa Seydoux, una ragazza dalle umili origini disposta ad accontentare in ogni modo la sua regina. Un ritratto umano e intimo di Maria Antonietta, splendidamente interpretata dalla star tedesca Diane Kruger, protagonista 'regale' dell'apertura della Berlinale 2012 nella sua Germania del film che apre il sipario sul concorso nei panni di una regina in fuga dal suo castello dorato nei quattro giorni cruciali della Storia della Francia.
Dramma storico velato di un'elegante ironia e per certi versi molto attuale, Farewell, My Queen (in originale Les adieux à la reine) è stato presentato stamattina a Berlino dal regista Benoît Jacquot, già alla Berlinale nel 1996 nella sezione Panorama con A single girl, accompagnato dallo sceneggiatore Gilles Taurand, dal produttore Jean-Pierre Guerin e da Diane Kruger che ha rubato la scena alle due colleghe Léa Seydoux e Virginie Ledoyen apparse piuttosto timorose ed evidentemente in soggezione di fronte alla vastissima platea di giornalisti accorsi nella sala conferenze dell'Hyatt Hotel di Marlene-Dietrich-Platz.

Signora Kruger, qual è stata la sfida più grande come attrice nell'interpretazione di una figura storica così importante come Maria Antonietta che qui viene narrata in chiave un po' diversa dal solito e nelle pieghe più private della sua intimità?
Diane Kruger: Molte sono state le opinioni sulla sua figura, sulle sue abitudini e sulla sua presunta complessa ed ambigua personalità, capricciosa e volubile, lunatica e anche teneramente scontrosa, sempre circondata da belle donne e da tante attenzioni. Quando ho deciso di accettare il ruolo ho anche scelto di non giudicarla mai ma anzi di incarnare quanto più possibile una regina moderna anche perchè il film forse per la prima volta apre con discrezione i segreti delle sue stanze private e della sue passioni.

Cosa sente di avere in comune con la regina? Diane Kruger: Sento un forte legame con la figura della regina Maria Antonietta, primo perchè ho la stessa età che aveva lei nei giorni narrati dal film, gli ultimi del suo regno, e mi sono spesso immedesimata in lei visto che anche io quando ero poco più che una ragazzina mi sono trasferita dalla Germania in Francia avvertendo intorno a me un forte senso di smarrimento. Se ci aggiungiamo che sono nata il 15 luglio e che mia madre si chiamava Maria Teresa capirete quanto mi senta legata a questa figura di donna (ride).

Qual è stata la cosa che più l'ha attirata verso il ruolo e verso il film? Diane Kruger: Il fatto che fosse una donna molto passionale, una donna che ama e che alla fine viene tradita da una delle persone che ama di più ma non per questo rinuncia ad un gesto d'amore estremo. Una figura molto spesso rappresentata al cinema che stavolta viene analizzata dal punto di vista del suo entourage. La cosa che più mi ha interessato del personaggio è stata la paura che si diffondeva a palazzo e la sensazione che tutto stesse per crollare da un momento all'altro, che stesse per succedere qualcosa di irreparabile. Della sua personalità ho amato il suo essere borderline, un po' pazza ed amorevole allo stesso tempo.

Quali sono state le ricerche a livello di ricostruzione storia del periodo narrato dal romanzo di Chantal Thomas e dal film?
Gilles Taurand: E' stata una grande sfida per me come sceneggiatore, soprattutto perchè sapevo che il film avrebbe aperto la 62ma Berlinale. Non è un film in sé per sé incentrato sul periodo storico ma su quattro giorni in cui tutto crolla intorno alla famiglia reale, quattro giorni di grande confusione e paura tra le mura della reggia. Il romanzo di Chantal Thomas era già un'ottima base da cui partire e a quella ho abbinato una mia ricerca personale che ho portato a termine semplicemente usando il web e le enormi fonti che Internet può fornire. Non è tanto importante il dettaglio di quel che accadeva fuori da Versailles ma molto di più il sentimento, le così tangibili e umane che accadono ai personaggi ed un ritratto intimo e sincero della regina e delle sue attente servitrici.

Nel suo film il sound design ha rappresentato un aspetto molto importante e dona un grande contributo alla narrazione, come ha lavorato con Bruno Coulais sulla colonna sonora?
Benoît Jacquot: Quella narrata in Farewell, My Queen è una storia difficile da rendere appetibile per un pubblico contemporaneo che tante volte l'ha vista al cinema, la musica del film è stata composta in contemporanea con l'inizio delle riprese ed ha rappresentato una parte integrante del progetto che avevo in mente di realizzare. Dà al film il ritmo giusto di cui aveva bisogno per non annoiare e rendere sempre viva l'attenzione dello spettatore.

Mike Leigh in conferenza ha detto che nessun film viene giudicato dalla giuria se non con gli occhi della situazione storica, politica e sociale odierna del paese in cui è stato prodotto. Il film, secondo Diane Kruger, ha qualche legame con le rivoluzioni in atto in questo periodo nei paesi africani? Diane Kruger: Ogni rivoluzione e in particolare quella francese è frutto di un abuso di denaro e potere, quando iniziamo un film non possiamo sapere cosa accadrà nel mondo in quel momento.

Quando uscì il film di Sofia Coppola incentrato sulla figura di Maria Antonietta ci fu un gran parlare delle difficoltà riscontrate dalla regista nel girare a Versailles. Lei come è stato accolto?
Jean-Pierre Guerin: Abbiamo girato a Versailles solo di lunedì quando il castello è chiuso al pubblico, mentre gli altri interni li abbiamo ricostruiti in altri castelli francesi soprattutto per le scene sulle scale e nelle stanze. Non ho trovato grosse difficoltà nel girare a Versailles, francamente.

Un film il suo in cui la bellezza la fa da protagonista sia nei personaggi che nelle attrici. Quanto è stata importante la bellezza estetica nel suo film? Benoît Jacquot: Quello che ame interessava era la bellezza in quanto splendore del vero e della realtà, come disse Platone. La bellezza delle attrici è una bellezza autentica e quindi il film di conseguenza appare notevolmente più autentico. Ci sono due modi di fare i film storici come questi, da antiquario e da osservatore interessato allo splendore della verità, io ho optato per un approccio più moderno, diverso dal solito, volevo inserire i personaggi in un contesto storico globale ma concentrarmi su un particolare aspetto della vicenda.

Questo ritratto del Re come figura debole e un po' vile di uomo che si lascia manipolare è stata voluta o è secondo lei vicina alla realtà? Benoît Jacquot: E' stata una cosa voluta da parte mia, ma io non intendo assolutamente questa cosa come un'accezione negativa del personaggio, volevo solo sottolineare come il Re si sentisse in quei giorni ed in generale durante il suo regno molto poco protagonista del suo destino e incapace di prendere decisioni ferme se non spinto e consigliato da una figura femminile.

Diane, cosa significa per lei essere qui alla Berlinale protagonista del film d'apertura? Diane Kruger: Sono molto contenta di essere qui oggi, ricordo benissimo tutti passi della mia carriera che mi hanno portato fin qui e sono strafelice di tornare a casa con un film così importante che non solo è in concorso ma che apre le danze di questa edizione della Berlinale. Poco importa che sia una regina francese, viste le sue origini austriache (ride).