Recensione Una notte da leoni 2 (2011)

Dopo l'inaspettato successo di Una notte da leoni, era prevedibile la messa in cantiere di un sequel. Sequel che, sin dalle prime battute, sembra seguire il solco sicuro tracciato dal suo predecessore: ma il teatro, anziché la scintillante Las Vegas, è ora la cupa Bangkok, luogo alieno e pericoloso che può prendersi le persone e non restituirle.

Bangkok Lions

Sono passati due anni dal tragicomico addio al celibato in cui Phil, Stu, Alan e Doug rischiarono di mandare a monte il matrimonio di quest'ultimo, perdendosi (e soprattutto perdendo lo sposo) nei meandri e nelle tentazioni della Sin City per eccellenza, Las Vegas. Nel frattempo, Doug ha smaltito l'esperienza e vive tranquillo con sua moglie, Phil ha avuto un altro figlio, Alan continua a vivere con i suoi genitori e ad essere preda delle sue simpatiche paranoie. E' la vita di Stu, però, ad essere cambiata più radicalmente: mandata definitivamente al diavolo la tirannica fidanzata, il dentista sta per sposarsi con Lauren, ragazza thailandese con cui c'è un sentimento genuino e reciproco. Logico l'invito a nozze dei tre amici, altrettanto logico l'imperativo di non ripetere la disastrosa esperienza che li portò a vivere quella (in)dimenticata notte di follie: specie perché il matrimonio si terrà proprio in Thailandia, e il padre di Lauren non vede esattamente di buon occhio il futuro sposo... ma un innocente falò in spiaggia due giorni prima delle nozze, quattro birre sigillate e qualche marshmallow finiranno di nuovo per far precipitare, inopinatamente, la situazione. Stavolta ad essere disperso è Teddy, giovane fratello di Lauren, e il teatro della ricerca è la temibile Bangkok. Il sogno di tranquillità di Stu sta per infrangersi definitivamente?


Dopo l'inaspettato successo di Una notte da leoni, film con cui il regista Todd Phillips mescolava la classica commedia giovanilistica statunitense con suggestioni da thriller e altre quasi lisergiche (il fantasma di Hunter S. Thompson e del corrispondente filmico del suo romanzo, Paura e delirio a Las Vegas, era lì dietro l'angolo) era prevedibile la messa in cantiere di un sequel. Sequel che, sin dalle prime battute, sembra seguire il solco sicuro tracciato dal suo predecessore: di nuovo, una telefonata avvisa la futura sposa che c'è stato un grosso guaio che comprometterà le nozze, di nuovo il film si struttura come un lungo flashback in cui l'hangover del titolo originale è oggetto di un'ellissi narrativa, "buco" nella memoria dei protagonisti da ricostruire con un'attenta indagine a ritroso nei luoghi da loro attraversati. Il teatro non è più la scintillante Las Vegas ma la cupa Bangkok, luogo alieno e pericoloso, che può prendersi le persone e non restituirle: a correre questo rischio è stavolta l'adolescente Teddy, amatissimo rampollo della famiglia di Lauren, mentre simili sono le dinamiche: una camera devastata, un animale come compagnia (alla tigre del film precedente si sostituisce una più innocua scimmietta), l'esile filo da seguire per la ricostruzione degli eventi della notte. La già collaudata formula si arricchisce solo di qualche variante, tale da sfumare il pur presente effetto-fotocopia: uno dei quattro amici (Doug) è rimasto fuori dalla notte brava, sostituito dal simpatico gangster cinese Chow, già presente nel primo film e qui assurto a co-protagonista; la presenza di un volto riconoscibile come Paul Giamatti, oggetto di curiosità per come potrà essere integrato nella vicenda.

Il regista, qui anche co-sceneggiatore del film, sceglie di non rischiare e di seguire la struttura narrativa del fortunato predecessore, ammiccando in più punti ai suoi spettatori (difficile seguire ogni singolo passaggio della pellicola e capirne ogni gag se non si è visto il primo film) ma riproponendone al contempo stilemi e meccanismi comici. La follia bonaria di Alan (un Zach Galifianakis sempre mattatore, anche con la testa rasata), la fredda calma di Phil, la "metà oscura" del tranquillo Stu, che lo porta di notte a compiere azioni per lui impensabili alla luce del giorno: la sensazione di deja-vu è molto forte, la presenza più organica dell'effeminato Chow (il sempre simpatico Ken Jeong) non modifica sostanzialmente la formula, e lo stesso inserimento di Giamatti è limitato a poche scene e risulta poco più di una curiosità per lo spettatore. Si ride ancora, a tratti di gusto, ma la prevedibilità delle situazioni stempera in parte il divertimento; lo stesso valore di novità del primo film, quel singolare mix di generi e suggestioni che esprimeva, è andato inevitabilmente perduto in questo sequel. Qualche elemento di novità sarebbe potuto venire dal confronto tra culture, pur declinato in chiave di commedia, quella dell'occidentalissimo Stu con i suoi vani sforzi autorepressivi e quella tradizionalista della famiglia di Lauren: ma la sceneggiatura sceglie consapevolmente di non approfondire questo punto, così come lascia, in definitiva, sullo sfondo la realtà della città di Bangkok, ridotta (con la parziale eccezione dei suggestivi titoli di testa) a puro elemento scenografico.

Ci si trova così di fronte al paradosso che questo Una notte da leoni 2 è rivolto sì, principalmente, a chi abbia visto l'originale (per i motivi sopra spiegati) ma finisce per ricalcarne talmente alla lettera la struttura e le soluzioni narrative da risultare un po' stanco, e risaputo, proprio per questa categoria di spettatori. Era forse possibile, pur mantenendo alla base una formula che si è rivelata fortunata, osare un pochino di più. Sarà così nel già annunciato (è notizia recentissima) terzo capitolo? O ci troveremo di fronte a un nuovo addio al celibato-fotocopia? Ai già tanti fans, e ai semplici curiosi, non resta che attendere.

Movieplayer.it

3.0/5