Recensione Qualcuno da amare (2012)

Kiarostami continua il discorso già intrapreso con il precedente Copia conforme, ovvero la visione della vita e dell'amore come il più intricato dei giochi di ruolo. E con Qualcuno da amare gioca non tanto con i suoi personaggi ma piuttosto con le aspettative dei suoi spettatori.

Amori astratti

In un bar di Tokyo conosciamo la bella Akiko quando è al telefono con il fidanzato geloso. Nonostante i dubbi e le insistenze di lui, la ragazza riesce a convincerlo che è semplicemente in giro con un'amica e che non si potranno incontrare perché troppo impegnata con lo studio, e per di più si deve incontrare con la nonna venuta a trovarla da fuori città. Poco dopo scopriamo che in realtà Akiko non è solo una studentessa ma anche una giovane escort e in quel bar il suo "capo" sta cercando di convincerla a tutti i costi ad andare da un cliente speciale. Akiko preferirebbe non lavorare perché davvero la nonna le ha fatto una visita a sorpresa e la sta aspettando da tempo alla stazione, ma alla fine si fa convincere ed entra nel taxi che la porterà da questo misterioso cliente.


Una volta arrivata, ma non prima di aver chiesto al tassista di passare davanti alla stazione così da poter almeno vedere da lontano la nonna, scopre che il cliente in questione è un tenero vecchietto di nome Takashi Watanabe, ex insegnante di sociologia e adesso scrittore e traduttore. Lei gli offre il suo corpo, ma lui vorrebbe semplicemente cenare ed è così che Akiko semplicemente si addormenta. Il giorno dopo Takashi si offre di accompagnarla all'università, ma fuori l'edificio as aspettarla c'è Noriaki, il fidanzato geloso, che dopo una prima scenata si avvicina all'anziano signore e, credendolo il nonno della ragazza, gli comincia a parlare.

Qualcuno da amare di Abbas Kiarostami continua il discorso già intrapreso con il precedente Copia conforme, ovvero la visione della vita e dell'amore come il più intricato dei giochi di ruolo. Ed il regista letteralmente gioca non tanto con i suoi personaggi ma piuttosto con le aspettative dei suoi spettatori, arrivando addirittura ad interrompe il film proprio quando finalmente la storia, fino a quel punto lenta e priva di particolari punti di interesse, sembra avere un qualche sviluppo.

E se il precedente film, grazie anche alla grande interpretazione di Juliette Binoche, aveva il merito di appassionare ed emozionare e soprattutto di portare, a film concluso, lo spettatore a ripensare a quanto visto in una nuova ottica, con questo Like Someone in Love il regista iraniano in trasferta in Giappone, altra scelta senza apparente motivo, si regala un'opera talmente compiaciuta da sembra un mero esercizio di stile, o forse una vera e proprio beffa verso lo spettatore che aveva individuato, e piacevolmente accolto, nella precedente opera un avvicinamento verso un tipo di cinema meno astruso ed ermetico.

Movieplayer.it

2.0/5