Recensione Yo Puta (2003)

Un approccio molto moderno e personale, quello di Luna, che vede una fusione tra il documentarismo - con i contributi delle stesse donne che avevano offerto la loro testimonianza a Isabel Pisano, e la fiction - con le sezioni del film che vedono protagoniste Daryl Hannah e Denise Richards.

Tra inchiesta ed estetismo

L'idea per Yo puta nasce dal romanzo-inchiesta della giornalista uruguayana Isabel Pisano, famosa per gli estremi cui è arrivata per realizzare i suoi reportage di guerra. Nel suo best-seller, la Pisano aveva raccontato la sua faticosa e dolorosa esperienza d'indagine nel mondo della prostituzione; un resoconto che ha conquistato la giovane regista spagnola María Lidón, in arte Luna, già autrice nel 2002 di Stranded - Náufragos, con Vincent Gallo e Maria de Medeiros, e l'ha indotta a realizzare un film che, partendo dalle stesse premesse, illustrasse il fenomeno della prostituzione in ogni suo aspetto.

Un approccio molto moderno e personale, quello di Luna, che vede una fusione tra il documentarismo - con i contributi delle stesse donne che avevano offerto la loro testimonianza a Isabel Pisano, e la fiction - con le sezioni del film che vedono protagoniste Daryl Hannah e Denise Richards.
Ma oltre alle parentesi dedicate alle belle star americane, a fare da contraltare alla drammaticità e alla spontaneità delle testimonianze delle prostitute c'è una fotografia raffinatissima (firmata Ricardo Aronovich) e una postproduzione ingombrante ed estetizzante.

Non mancano certo gli spunti validi: alcune affermazioni inducono a riflettere, ad esempio, sulla natura della prostituzione come strumento di controllo millenario dell'uomo sulla donna. Ma tali spunti annegano in un mare di banalità e vezzi grafici, colori posticci, sovraimpressioni, canzoncine alla moda, effetti da videogame che vogliono essere audaci e spiazzanti ma risultano abbastanza gratuiti e oziosi.

Nel complesso, il film avrebbe potuto essere apprezzabile nonostante l'eccessivo e compiaciuto estetismo, se la sua anima narrativa avesse avuto buona riuscita: e invece è proprio lì che il fallimento è totale. La vicenda che vede l'aspirante attrice Hannah iniziare alla prostituzione l'amica studentessa Richards è inclusa con lo scopo di mettere lo spettatore di fronte alla scelta che hanno fatto tante donne, quella tra la miseria e la mercificazione dei loro corpi, ma la messa in scena è talmente pedestre e la recitazione talmente scadente che l'unica cosa su cui ci si interroga è il motivo per cui queste insulse scene siano state girate e inserite in un documentario un po' lezioso, ma in fondo interessante.

Movieplayer.it

1.0/5