The Survival of Kindness, la recensione: sopravvivere ad un'umanità che ha perso la parola

La nostra recensione di The Survival of Kindness, film presentato in concorso al Festival di Berlino 2023, che ci porta nel viaggio di resistenza di una donna in fuga in un mondo distopico.

The Survival of Kindness, la recensione: sopravvivere ad un'umanità che ha perso la parola

Il cinema è fatto di infinite storie e infiniti mondi, proprio per questo attraverso di loro è possibile raccontare qualcosa di noi, della nostra società passata e futura. The Survival of Kindness fa proprio questo: il film di Rolf de Heer, presentato in concorso alla 73esima edizione del Festival del cinema di Berlino, racconta allo spettatore una realtà distopica dove le persecuzioni etniche hanno messo in ginocchio il mondo cancellando cultura, arte e spazzando via ogni barlume di civiltà. Il regista mette quindi in scena la volontà di resistere, di non arrendersi all'orrore, per restare un po' umani, per lasciarsi alle spalle una realtà dai tratti bestiali che a stento è possibile chiamare vita. Dal canto nostro, ciò che possiamo fare in questa recensione è solo tentare di analizzare il film e i suoi messaggi, cercando di rendere almeno una parte di quella che è un'esperienza sia visiva che sonora piuttosto importante.

La necessità di uscire dalla gabbia

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The Survival of Kindness: una scena tratta dal film

La trama di The Survival of Kindness ha un incipit tanto semplice quanto efficace: una donna nera viene portata in una gabbia chiusa a chiave in mezzo al deserto per poi essere lasciata lì a morire. I suoi carcerieri non le riservano alcuna premura, l'abbandonano lì, sola, circondata da spesse barre di ferro e da una natura che non potrà fare altro che ucciderla. La volontà di resistere però è forte: dopo essere riuscita a rompere una piccola porzione di ferro e dopo averla limata con estrema perseveranza e cura, la prigioniera riesce ad uscire scardinando la pesante porta di metallo. Quello che si troverà davanti, però, sarà un percorso tutt'altro che semplice dove a mettere in pericolo la sua vita saranno la natura stessa, gli altri esseri umani e una strana malattia che sembra aver colpito come una piaga biblica un'umanità peccatrice e allo sbando.

Cosa resta dell'umanità

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The Survival of Kindness: un'immagine del film

Quella che ci propone Rolf de Heer è una sorta di cupa favola con annessa una sua morale: è impossibile per lo spettatore non interrogarsi sulle diverse tematiche proposte e che vengono mostrate in modo sempre estremamente esplicito. Nulla viene velato ma tutto viene messo in scena per ciò che è: i soprusi, la violenza, l'abominio di un'ideologia razziale e la ferocia della natura sono tutti elementi aggiunti con attenzione, anche se in dosi generose, in grado di conferire forza emotiva al racconto. Cosa ci resta quando perdiamo la nostra umanità? Cosa diventiamo veramente una volta che ci abbandoniamo alla legge della prevaricazione e della violenza?

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The Survival of Kindness: una foto del film

A questa domanda in particolare, che comunque per quanto importante potrebbe sembrare banale, il regista offre una delle risposte più semplici e immediate che possiamo ottenere: bestie. Qui torna a farsi prepotente un'altra immagine biblica, quella della Torre di Babele: il film, infatti non presenta veri e propri dialoghi. All'orecchio dello spettatore nessun personaggio sembra in grado di parlare una lingua comprensibile. In una realtà dove l'incomunicabilità regna, l'uomo lasciato senza la parola torna assimilabile alla bestia, ad un animale selvaggio mosso da istinti furiosi e primordiali.

Il peso di sonoro e immagini

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The Survival of Kindness: una sequenza del film

In una pellicola dove i dialoghi vengono a mancare sono i suoni a rivestire un ruolo estremamente importante, amplificando la loro funzione narrativa. Il passo di una formica, il sibilare del vento, le suole delle scarpe che calpestano il terreno, un urlo improvviso nel bosco, tutto viene amplificato, tutto vibra secondo una frequenza che possa raccontare la storia, che sia in grado di catturare lo spettatore quasi quanto le immagini. The Survival of Kindness, infatti, punta anche su una componente visiva potente ed evocativa per immergere lo spettatore. Una cura maniacale nella composizione e la scelta di riproporre più volte scene dall'alto valore simbolico dimostrano l'enorme volontà comunicativa di questo film e del suo regista e autore. Un'operazione a nostro parere riuscita, in grado di conferire originalità ad un'idea che in partenza originale non era ma che per il suo sviluppo riesce ad appassionare non solo grazie alla leva della componente emotiva ma soprattutto per l'eccellente scrittura e realizzazione.

Conclusioni

Per sintetizzare la nostra recensione di The Survival of Kindness possiamo affermare che quello realizzato da Rolf de Heer non è un survival movie come tutti gli altri. Grazie all’utilizzo di interessanti espedienti narrativi il regista e autore riesce a raccontare una storia di sopravvivenza dando maggiore risalto a immagini e suoni, eliminando quasi del tutto i dialoghi e catturando lo spettatore con una favola cupa e spietata da cui è possibile trarre una morale.

Movieplayer.it
4.5/5
Voto medio
N/D

Perché ci piace

  • Le immagini, potenti ed evocative.
  • La scrittura, efficace nello sviluppare gli intenti narrativi del film.
  • Il sonoro che acquista una maggiore capacità narrativa.

Cosa non va

  • Il film potrebbe non piacere a chi ricerca l’originalità a tutti i costi.