The Sparks Brothers, la recensione: chiedi chi erano gli Sparks

La recensione di The Sparks Brothers, tributo vivace e appassionato del regista Edgar Wright alla band californiana glam rock e tecno-pop Sparks.

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The Sparks Brothers: una scena

Senza Todd Rundgren non ci sarebbero stati gli Sparks. Senza Edgar Wright, in pochi avrebbero conosciuto una delle band più influenti della storia del pop e glam rock di cui, però, in molti non hanno mai sentito parlare. Come sveliamo nella nostra recensione di The Sparks Brothers, l'inglese Edgar Wright, fan sfegatato dei californiani Sparks, ha deciso di regalare al duo formato dai fratelli Ron e Russell Mael un tributo cinematografico monumentale stilizzato e scoppiettante. Un po' come gli Sparks.

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The Sparks Brothers: i fratelli Ron e Russell Mael

L'amore per il cameolontico duo in attività dagli anni '70 ha spinto Edgar Wright a cimentarsi con un genere mai frequentato prima d'ora: il documentario. A visione avvenuta del film, presentato in anteprima mondiale al Sundance 2021, è impossibile non notare che, pur mantenendosi fedele ai canoni del genere, l'autore di L'alba dei morti dementi e Baby Driver reinventa il genere alla sua maniera. Pur rimanendo fedele all'alternanza interviste/video musicali/materiali di repertorio, nei suoi 140 minuti di durata The Sparks Brothers diventa un biopic, una commedia, un dramma, un thriller, un nostalgico melò e un musical entusiasmante grazie alle musiche degli Sparks e alla scelta del regista di adottare un ordine cronologico ripercorrendo la pubblicazione dei loro 24 album, ognuno diverso dal precedente per mood, sonorità e atmosfere.

Mille voci, una sola voce: come reinventare genere il documentario

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The Sparks Brothers: una sequenza

Capaci di reinventarsi costantemente restando fedeli a se stessi, Ron e Russell Mael hanno attraversato cinquant'anni di carriera da rockstar atipiche. Lontani dal cliché dell'artista maledetto, i due fratelli californiani si sono sempre distinti per l'impegno costante, per il lavoro duro, per una certa morigeratezza nel quotidiano che ha permesso loro di restare a galla anche nei lunghi periodi senza un'etichetta, quando il successo faticava arrivare, e per un certo humor pungente che è parte del loro essere. Sono il coro di interviste che fanno da controcanto alla musica degli Sparks a raccontare la loro evoluzione come una sorta di unico narratore polifonico grazie a un montaggio eccezionale. Il talento nell'accostamento di musica e immagini di Edgar Wright è noto da tempo, ma stavolta il cineasta si è avvalso dell'aiuto del montatore Paul Trewartha.

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The Sparks Brothers: una sequenza del documentario

The Sparks Brothers si distingue per ricchezza nei materiali. Il documentario si è apre con una sorta di intervista doppia a Ron e Russell Mael che rispondono a una serie di domande sfoggiando l'ironia garbata che li contraddistingue, la stessa che pervade i testi delle loro canzoni e che Wright ha cercato di infondere nel suo documentario. Sono i fratelli Mael a fornire le informazioni primarie sulla loro carriera, ma al regista interessa anche fornire una visione esaustiva di come sono stati percepiti gli Sparks, "la band più famosa di cui non avete mai sentito parlare", dai loro estimatori. Si va da colleghi quali Duran Duran, Beck, New Order, Bjork e Flea, bassista dei Red Hot Chili Peppers (ma pare che gli Sparks avessero fatto colpo perfino su John Lennon e Paul McCartney), a produttori musicali, da cineasti come Patton Oswalt, Mike Myers, Jason Schwartzman e la coppia formata da Daniel ed Amy Sherman-Palladino a semplici fan scovati da Edgar Wright sui forum on line dedicati alla band. Lo stesso regista si mette in gioco unendosi al coro di voci unanimi che loda il talento e l'originalità di una band che ancora oggi ha molto da dire nel panorama musicale.

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La band che risorgeva come l'araba fenice

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The Sparks Brothers: un'immagine

Un caleidoscopio di video, foto, immagini di repertorio, video e animazioni coloratissime, che fa da controcanto ai mezzi busti delle interviste rigorosamente in bianco e nero, ci racconta nascita ed evoluzione degli Sparks giocando sui luoghi comuni e i miti nati intorno alla band a cominciare dalla provenienza. Lo stile musicale e il look spingono molti, infatti, a credere che gli Sparks siano inglesi, credenza sfatata dai fratelli Mael che rivendicano una gioventù californiana a base di hot-dog, football e surf. Certo è che l'Inghilterra regalerà alla band i primi veri successi oltre a fornirgli l'imprinting, come racconta Ron Mael ricordando i due concerti dei Beatles visti durante l'adolescenza grazie a una madre rockettara che li ha caricati sulla sua Fiat Multipla portandoli a Las Vegas (episodio evocato grazie a una gustosa animazione in stop motion).

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The Sparks Brothers: un'immagine del documentario

L'entusiasmo che trapela da The Sparks Brothers è pari alla dedizione per l'arte dei fratelli Mael, con centinaia di brani composti dal pianista Ron e interpretati dall'ugola d'oro del bel Russell, il rubacuori della band che incanta le donne col suo inconfondibile falsetto e il look androgino. Singoli come This Town Ain't Big Enough for Both of Us, White Women, La dolce vita e The Number One Song in Heaven, queste ultime frutto della collaborazione con Giorgio Moroder che segna una delle tante fasi di rinascita della band, fungono da colonna sonora di un documentario capace di reinventarsi passo dopo passo proprio come l'oggetto di cui parla. Non manca neppure un accenno finale all'incontro con Leos Carax, per cui gli Sparks hanno composto la score di Annette, coronamento del tanto agognato connubio con la settima arte che ha visto fallire tentativi di film con Jacques Tati e Tim Burton, un progetto per un musical sul manga Mai, the Psychic Girl e una partecipazione al disaster movie Rollercoaster - Il grande brivido, massacrato dalla critica.

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The Sparks Brothers: i fratelli Ron e Russell Mael in una scena

La riscossa arriva con Leos Carax e con lo stesso Edgar Wright, che ha regalato agli Sparks un film appassionato, ricco, spumeggiante e vario proprio come la loro musica. Non per nulla il documentario si chiude con un riferimento all'influenza passata, presente e futura della musica dei Mael sulle altre band mentre i fratelli ultrasettantenni, di nuovo in stop-motion, saltano di fiore in fiore impollinando il ricco giardino della musica.

Conclusioni

Ricco, vivace e appassionato, l'omaggio di Edgar Wright rende giustizia alla sua band preferita, come sottolinea la recensione di The Sparks Brothers. Attraverso l'uso di interviste, materiali di repertorio, video musicali e animazioni, il regista ricostruisce la cinquantennale carriera artistica in un tributo vario, ironico e spettacolare che colma una gravissima lacuna: permette di conoscere la musica degli Sparks anche a chi non li aveva mai sentiti nominare prima d'ora.

Movieplayer.it
3.5/5
Voto medio
4.0/5

Perché ci piace

  • Film appassionato e appassionante, con un montaggio da urlo, che ci guida alla scoperta di una band seminale seppur poco nota.
  • La ricchezza e la varietà dei materiali catturano l'attenzione dello spettatore.
  • Le interviste in bianco e nero fanno da contrasto agli sgargianti inserti in animazione e ai numerosi video musicali.

Cosa non va

  • Nell'intento di essere esaustivo, il film è forse un po' più lungo del necessario.