Venezia 74, Guillermo Del Toro ci immerge nella fiaba liquida di The Shape of Water

Dopo l'anteprima veneziana del suo nuovo racconto visionario, abbiamo incontrato l'apprezzato regista messicano per esplorare l'ultima, romantica e toccante opera di un autore appassionato.

The Shape of Water: Sally Hawkins e Richard Jenkins in una scena del film
The Shape of Water: Sally Hawkins e Richard Jenkins in una scena del film

La sala assomiglia ad un acquario. Al suo interno ci si cala lentamente, con garbo e delicatezza. Poi si sprofonda dentro una fiaba liquida, piena di amore, odio e coraggio, per poi riemergere impregnati di sentimenti. Di ogni tipo. Perché i sentimenti, proprio come l'acqua, non possiedono una forma e una definizione precisa, ma cambiano a seconda di chi li prova e di chi li ospita, dentro o attorno a sé. Avrete intuito che vedere The Shape of Water significa vivere un'esperienza totalizzante, significa immergersi in una storia d'amore delicata che ha il coraggio di passare anche dall'odio, dalla violenza e dal sesso per raggiungere la sua apoteosi. Guillermo del Toro ritrova lo stesso tocco magico de Il labirinto del fauno per raccontarci di Elisa (una splendida Sally Hawkins), un'addetta alle pulizie affetta da mutismo, e del suo incontro imprevisto con una strana creatura acquatica.

The Shape of Water: Sally Hawkins in una scena del film
The Shape of Water: Sally Hawkins in una scena del film

Il tutto vissuto nell'America protesa verso il futuro degli anni Sessanta, dove il boom economico e l'ottimismo borghese celavano l'antica tensione nei confronti dell'Unione Sovietica. The Shape of Water è un film sognante, per sognatori che non si arrendono alle bocche senza voci e ai respiri senza polmoni, un'opera sussurrata e potente che sembra aver convinto quasi tutti dopo l'anteprima della 74esima Mostra d'Arte Cinematografica di Venezia. Dopo la presentazione del mattino, abbiamo partecipato alla affollata conferenza stampa veneziana dove il regista messicano è stato accompagnato da Sally Hawkins, Octavia Spencer, Richard Jenkins e dal compositore Alexandre Desplat. Peccato solo che la creatura di Del Toro fosse assente. Tra canali e lagune si sarebbe certamente sentita a casa.

Leggi anche: The Shape of Water: la fiaba nera di un Guillermo del Toro misurato e maturo

L'amore annacquato nel sesso

Venezia 2017: il cast al photocall di The Shape of Water
Venezia 2017: il cast al photocall di The Shape of Water

Chi ama Guillermo del Toro non apprezza soltanto il regista visionario e il suo immaginario oscuro quanto fiabesco, ma è colpito dalla gioia di vivere e dalla spontaneità contagiosa di una persona genuina. Il regista messicano si presenta con la solita aria bonaria e un sorriso largo quanto le sua braccia, quasi a voler abbracciare con gratitudine una sala stampa prodiga di affetto e di applausi. Per capire meglio il personaggio Del Toro, vi diciamo soltanto due cose. Appena arrivato qui al Lido di Venezia, ha chiesto su Twitter dove trovare un buon gelato, mentre durante la conferenza stampa si è preoccupato, domanda dopo domanda, di aver soddisfatto ogni giornalista chiedendo ogni volta: "Le ho risposto?". La prima domanda scomoda il punto di vista adottato per raccontare questa fiaba adulta, che non rinuncia mai anche agli istinti più bassi dell'essere umano (e non umano). Del Toro, con un sorriso perenne stampato sul volto, risponde: "Credo che ogni racconto di fantasia sia estremamente politico. E fare politica significa scegliere. La scelta di The Shape of Water è quella di preferire l'amore alla paura. Oggi la paura e il cinismo sono molto persuasive, ma tutti noi dovremmo alzarci ogni mattina e credere sempre e comunque nell'amore".

The Shape of Water: un primo piano di Sally Hawkins
The Shape of Water: un primo piano di Sally Hawkins

Al doveroso parallelismo con La Bella e la Bestia, il regista replica così: "Ci sono due versioni di quella fiaba. Quella puritana, dove si parla di un amore platonico senza alcun rapporto fisico e una più perversa e spinta. A me non interessava nessuna delle due, per cui ho preferito fonderle, scegliendo una sintesi tra le due. L'aspetto che mi premeva di più era quello di dare forma ad un protagonista dalla femminilità forte e spiccata. Elisa doveva essere una donna reale, per questo sin dalle prime scene la presento come una persona con delle pulsioni naturali: si sveglia, fa colazione e si masturba. Spero che il sesso appaia in modo naturale e non forzato, perché ho cercato di metterlo in scena in maniera delicata e sensibile, giocando molto con la fotografia e con le luci. Pensate che la scena della doccia è stata la più lunga e complessa da girare. Ci abbiamo messo sei ore soltanto per preparare le luci".

Leggi anche: Guillermo del Toro: 50 anni di mostri

L'abbraccio creativo

Locandina di The Shape of Water
Locandina di The Shape of Water

La locandina di The Shape of Water, suggestiva ed evocativa, contiene l'abbraccio tra una donna e un mostro lagunare. Un abbraccio dolce, nato da un reciproco abbandono. Ed è proprio da un abbraccio che è nata la storia del nuovo film di Del Toro. Infatti, il processo creativo ha coinvolto anche la protagonista Sally Hawkins, che ha detto: "Guillermo è generoso a dire che l'abbiamo scritto insieme, però è vero che tutto è nato da una strana e rara sincronia di pensieri. Qualcosa che succede solo quando si fanno cose speciali. Tutto è nato dalla bozza di una storia, da cui pensavo di trarre un cortometraggio. Parlava di una donna che non sapeva di essere una sirena. Non c'era molto altro perché avevo scritto solo note sparse, idee, descritto immagini vaghe e suggestioni. Mentre scrivevo, il mio agente mi ha chiamato per dirmi che Guillermo stava lavorando ad un film su tritone di cui si innamora una donna. Quando me l'ha detto, mi è caduto il telefono dalla mano. È stato quasi magico e raro". Del Toro interviene dicendo: "Ero ubriaco quando ho pensato quella storia, eh!". Quando gli viene chiesto se anche questa volta ha scritto la biografia dei suoi personaggi per dotarli di un profondo background, l'autore ha ammesso: "Sì, l'ho fatto anche questa volta. Ho scritto biografie molto dettagliate su ognuno di loro, tranne che per Elisa e per la creatura. Nel caso della bestia ho scelto volutamente di avvolgerla nel mistero, senza darle un nome, perché lei rappresenta sempre qualcosa di diverso a seconda dei personaggi che interagiscono con lei. Per alcuni è un'entità divina, per altri è una creatura sporca o oscura, per Elisa incarna il miracolo di un riconoscimento inaspettato, come quando qualcuno di guarda per la prima volta".

Leggi anche: Il labirinto del Fauno: 5 motivi di fascino del cult di Guillermo del Toro

La forma dell'acqua

Venezia 2017: un sorridente Guillermo del Toro al photocall di The Shape of Water
Venezia 2017: un sorridente Guillermo del Toro al photocall di The Shape of Water

La forma di cui parla il titolo è una forma paradossale, impossibile, perché dinamica, fluida, in continuo cambiamento e divenire. Perché l'acqua non ha una sola forma. Però ogni film deve averne una ben precisa, per cui l'aspetto visivo di The Shape of Water è stato curato in maniera a dir poco maniacale. Su questo Del Toro ha chiarito: "Per me è importante mettere le fondamenta visive di ogni film prima che arrivino i collaboratori. Soltanto dopo si può aprire un dibattito su come definire al meglio ogni dettaglio. Pensate che la palette cromatica è stata scelta due anni prima, perché si tratta di un film basato su suggestioni cromatiche, nel quale gli spazi hanno un grande ruolo narrativo. Ad esempio: credo che Elisa e Giles (n.d.r., uno straordinario Jenkins) siano due lati dello stesso cervello, così ho scelto di farli abitare sullo stesso pianerottolo, condividendo la stessa finestra, ma ho volutamente dato toni diversi alle loro case. Elisa vive in un mondo umido, quasi corroso dall'acqua, mentre la casa di Giles è più calda e dorata. Non è un caso, poi, se dopo una predominanza assoluta del verde, il rosso arrivi (negli abiti, nel cinema) soltanto quando si scopre l'amore". Subito dopo aver chiarito che The Shape of Water non è un prequel di Hellboy (ci sono molti punti di contatto estetici e caratteriali tra la creatura e il personaggio di Abe Sapien), Del Toro saluta dicendo: "Questo è un film d'epoca, il mio film più francese per certi versi, ambientato nel 1962, ma parla dei problemi che abbiamo oggi. Quell'America piena di promesse, che voleva essere grande, sempre lanciata verso il futuro ma afflitta dal razzismo e dal classismo non è morta del tutto. Essendo messicano, so bene come si viene guardati quando qualcuno ti considera 'l'altro', così ho cercato di ricreare nella creatura tutta l'alterità possibile. Ho scritto questo personaggio pensando ad una marea di persone invisibili". Quello che invece si vede benissimo sono l'amore, la passione e la dedizione che sgorgano da questo film stracolmo di emozioni contrastanti, nato dall'abbraccio di due menti e naufragato in un abbraccio dolcissimo tra una donna e una creatura.