The Old Oak, la recensione: l'unione è la forza di una rivoluzione gentile

La nostra recensione di The Old Oak, il nuovo film di Ken Loach presentato in concorso al Festival di Cannes 2023, una storia di razzismo e speranza nel nord dell'Inghilterra.

The Old Oak, la recensione: l'unione è la forza di una rivoluzione gentile

Ken Loach torna a Cannes con un film che nel raccontare gli orrori del mondo mantiene saldo un filo di speranza. Per il regista è sempre stata una necessità quella di portare sul grande schermo il sociale, le sue problematiche in relazione alle condizioni politiche di un paese, l'Inghilterra, complesso e multietnico, una nazione tra le più benestanti del mondo ma in cui la povertà è una piaga più diffusa di quanto si possa pensare.

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The Old Oak: Ebla Mari in una scena del film

Questa volta la narrazione ci porta in una cittadina mineraria del nord, un luogo fatto di aspri contrasti e difficoltà quotidiane, dove la svalutazione immobiliare sta colpendo tutti coloro che pensano di poter vendere la propria casa per trovare altrove una migliore qualità di vita. A queste problematiche si aggiunge l'insofferenza di alcuni abitanti verso la popolazione immigrata, persone che arrivano da zone di guerra e che tentano di ricostruirsi una vita in un paese molto diverso dal loro. Con questa recensione di The Old Oak analizzeremo il più recente lavoro del cineasta britannico che risulta essere un concentrato efficace di elementi tipici del suo cinema.

Razzismo e solidarietà nella trama

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The Old Oak: un'immagine del film

TJ Ballantyne gestisce un pub, il The Old Oak, in una cittadina mineraria nel nord dell'Inghilterra e conduce una vita fatta di una rodata routine. Un giorno si ritrova ad accogliere un gruppo di immigrati siriani ai quali sono appena stati destinati degli alloggi nelle vicinanze, ma il clima è tutt'altro che accogliente: alcuni membri del quartiere mostrano un rumoroso dissenso, finché uno di loro non sottrae ad una ragazza la reflex che ha in mano gettandola a terra danneggiandola. È così che Ballantyne conosce Yara, una giovane con la passione per la fotografia che, dopo aver passato diverso tempo in un campo per profughi e lì aver imparato la lingua, ora è stata destinata, insieme a madre e fratelli, proprio nel vicinato del pub che l'uomo gestisce. Col passare del tempo la ragazza e altri residenti cercheranno di portare avanti un progetto che prevede l'organizzazione di cene solidali per i residenti meno abbienti, un'iniziativa osteggiata da una frangia conservatrice di abitanti che frequenta l'Old Oak e che vede i nuovi arrivati come usurpatori di risorse.

Un film che racchiude l'essenza del regista

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The Old Oak: una sequenza del film

A Ken Loach le tematiche a sfondo sociale sono sempre state particolarmente care, vi ha dedicato buona parte del suo cinema e se veramente le voci sul fatto che sia questo il suo ultimo lavoro sono fondate, non possiamo non pensare che effettivamente questa potrebbe costituire un'ottima chiusura della sua lunga carriera. Ovviamente in cuor nostro speriamo che il regista ci regali ancora altre sue opere nel corso dei prossimi anni, ma The Old Oak sembra quasi un sunto di tutte quelle caratteristiche che hanno brillato nelle sue pellicole precedenti. Questa volta, però, Loach sceglie di parlare anche di razzismo e lo fa attraverso la narrazione del fenomeno migratorio: uomini e donne che fuggono da paesi in guerra, da un regime che li opprime, li incarcera e li uccide. Ad attenderli, però, in Europa c'è un altro tipo di conflitto, sicuramente meno letale, ma comunque pericoloso e subdolo: quella che chiameremmo "guerra tra poveri", tra individui poco abbienti che non riescono ad accedere a tutte le risorse, che faticano a portare il cibo in tavola e ad occuparsi dei propri figli.

Dall'unione nasce la speranza

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The Old Oak: una foto del film

Il regista decide così di servirsi dei particolari per raccontare il contesto: le dinamiche le capiamo dalle piccole cose, da gesti quotidiani e situazioni. Così vediamo la lettera K dell'insegna del pub pendere fino quasi a cadere, i cartelli immobiliari spiccare vicino le abitazioni a schiera, le credenze vuote, dettagli che in effetti fanno la storia proprio come le foto appese nella stanza chiusa del pub di Ballantyne, immagini che raccontano rivolte sindacali e momenti di forte comunità, di lotta per acquisire diritti fondamentali, insieme, perché è dall'unione che nasce la speranza. "If we eat together we stick together" ("se mangiamo insieme, rimaniamo insieme"), questa frase che campeggia sotto le immagini prima citate, costituisce il cuore del film: unendo le forze, condividendo cibo, piccoli beni e competenze è possibile colmare, almeno in parte, le mancanze della politica, una piccola rivoluzione gentile che però può fare la differenza.

Conclusioni

Per riassumere la nostra recensione di The Old Oak possiamo affermare che il nuovo film di Ken Loach sia estremamente rappresentativo del suo tipo di cinema caro alle tematiche sociali. A raccontarci il contesto sono i particolari e le situazioni che mostrano come dall'unione delle persone possa scaturire una rivoluzione gentile.

Movieplayer.it
4.0/5
Voto medio
4.3/5

Perché ci piace

  • I personaggi, veri e ben scritti.
  • I particolari che dipingono il contesto sociale.
  • Le tematiche care al cinema del regista.

Cosa non va

  • Può sembrare ripetitivo il suo approccio ai problemi sociopolitici.