The Marvels, fatti e opinioni: la Marvel e l'egemonia (svilente) delle scene post-credit

La fredda accoglienza di The Marvels mostra lo stato dell'arte dello studios di Kevin Feige. E se la Marvel insegue ormai solo l'hype di una scena post-credit, le parole di Bob Iger sembrano avallare il concetto: "dobbiamo tornare a concentrarci sulla qualità".

The Marvels, fatti e opinioni: la Marvel e l'egemonia (svilente) delle scene post-credit

Prima i fatti, poi l'opinione. Andando a memoria, è la prima volta che un film Marvel, nei primi due giorni di programmazione, non balza in vetta tra i film più visti nei nostri cinema. Certo, l'Italia, cinematograficamente parlando, è un mercato dall'importanza relativa, ma il dato in questione è sintomatico: nella giornata di giovedì 9 novembre, The Marvels di Nia DaCosta ha incassato 176 mila euro, mentre C'è ancora domani, che prosegue la sua corsa, riesce a guadagnare ancora 413 mila euro. Venerdì 10 ancora peggio: The Marvels 300 mila euro, Paola Cortellesi 735 mila. Sabato 11, C'è ancora domani fa 1,4 milioni, Carol Danvers si ferma a 500 mila euro. Un divario enorme, intanto che l'esordio in USA registrano un box office di soli 21 milioni di dollari - record negativo. E non finisce qui. I fatti corrono veloci, e mentre scriviamo l'approfondimento in questione (che segue quello uscito a febbraio, in occasione di Ant-Man and the Wasp: Quantumania, lo potete leggere qui), arriva un'altra notizia abbastanza eclatante, e a modo suo esplicativa: nel 2024, l'unico film Marvel che vedremo al cinema è Deadpool 3. Capitan America: Brave New World, Thunderbolts e Blade, precedentemente schedulati, sono saltati direttamente al 2025.

The Marvels Teaser Trailer Brie Larson
The Marvels: un primo piano di Brie Larson

Ufficialmente, la motivazione si aggancia allo sciopero - finalmente risolto - di Hollywood, che ha fatto saltare i piani della Major, Disney compresa, di cui il CEO Bob Iger si è detto "sollevato per l'attesa risoluzione". Tuttavia, il cuore del motivo sembra più pratico, e meno diplomatico. Lo stesso Bob Iger, in un incontro sugli utili trimestrali, ha lasciato trasparire una certa insoddisfazione, spiegando che. "[...] È stato perso il focus. Insieme ai team dello studio, lavoreremo nell'ottica di produrre meno, per concentrarci maggiormente sulla qualità [...]". E qui, legandoci alla solidità dei numeri e dei fatti, dopo aver visto The Marvels, rafforziamo l'idea che, purtroppo, si era insinuata nei nostri pensieri: escludendo Guardiani della Galassia Vol. 3 di James Gunn, in qualche modo appartenente ad un'altra visione, il Marvel Cinematic Universe è ormai diventato un enorme contenitore di scene-post credit, funzionali a creare un'infinita catena che, però, sta pericolosamente cedendo sotto la pressione dell'approssimazione e della confusione. Tanto visiva, quanto narrativa.

Le scene post-credit, i limiti del Multiverso e una narrazione stanca

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The Marvels: una foto di Goose

Se i fatti non mentono, pure l'opinione si rafforza: The Marvels, 33° film dell'MCU, riunisce le incredibili Carol Danvers (Brie Larson), Kamala Khan (Iman Vellani) e Monica Rambeau (Teyonah Parris) in un instant team al femminile con il compito (tanto per cambiare) di salvare il mondo da una cattiva (tanto per cambiare) che ha un conto in sospeso con Captain Marvel. E no, non abbiamo riassunto il plot all'osso, perché ciò che accade nel film, lasciando da parte la bravura di Iman Vellani, è solo ed esattamente questo. Lo abbiamo scritto nella recensione: Il film dura poco, vero; è colorato, vero; ci sono dei gatti irresistibili e c'è Nick Fury, vero; ma la sensazione generale, consolidata negli ultimi minuti, è che il film sia stato scritto solo per portarci verso qualche altra cosa, lontana e sfumata.

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The Marvels: una foto di Brie Larson e Iman Vellani

Annusiamo e attendiamo qualcosa che, teoricamente, dovrebbe essere più accattivante della storia appena conclusasi davanti i nostri occhi. A leggerla così, la visione di un film Marvel odierno, è quasi svilente, sia per il pubblico che per il film stesso, non avendo una sua identità, passando la mano direttamente alle scene post-credit (no spoiler, ma quelle di The Marvels sono particolarmente importanti). E rimarchiamo l'aggettivo 'odierno': i Marvel Studios di Kevin Feige hanno rivoluzionato il modo di fare cinema grazie ad una narrativa di ferro, concatenata in decide di film (le prime tre fasi) che avevano una loro splendida ragione d'esistere. Senza scomodare i film sugli Avengers, provate a rivedere adesso Iron Man, Captain America: The Winter Soldier, Ant-Man, Thor: Ragnarok. Film pieni, dai volti unici, dalla vitalità costante, e non rinchiusa in una sequenza dopo i titoli di coda.

Le uscite recenti, invece, appaiono costruiti per suggerire fugacemente un nuovo personaggio, una nuova alleanza, un nuovo Multiverso, lanciando qualcosa che, a conti fatti, non esiste ancora. A proposito: la fase calante pare coincidere anche con lo spostamento della location, dalla Terra (quindi dalla riconoscibilità) allo spazio (quindi verso l'assurdo), in un'alternarsi di multiversi che permettono tutto e più di tutto. Talmente tutto, che il cortocircuito narrativo è palese, e non può giustificare le possibilità offerte dal Multiverso. Si è persa l'identità, e il fattore chiave che ha segnato dieci anni di successi: non c'è più l'epica, e non c'è più una motivazione fondante capace di unire gli eroi tra di loro, e di conseguenza manca il rapporto tra gli eroi ed il pubblico, persi tra la CGI sempre uguale, un umorismo sdentato e gli sfondi spaziali che sembrano usciti dalla galassia di Star Wars.

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La soluzione? Meno produzioni, più qualità

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The Marvels: una foto di Samuel L. Jackson

Abbiamo provato a riassumere il pensiero attorno ad una crisi dimostrata nei numeri e, in parte, dalle parole di Bob Iger, che appaiono profetiche per un futuro magari più scarno di uscite, ma con una maggiore attenzione ai contenuti Disney (e Marvel) offerti allo spettatore. Del resto, tirare troppo la corda, può mettere alla prova la fedeltà dei fan, ormai stiracchiati tra il grande schermo e lo streaming. Alcuni problemi, infatti, sono deflagrati con il moltiplicarsi delle serie Marvel su Disney+, che come nel caso di The Marvels sono propedeutiche alla visione e alla comprensione generale - per "capire" meglio il film di Nia DaCosta andrebbero viste WandaVision e Ms. Marvel, o Loki 2. Dal 2017 in poi (escluso il 2020), ogni anno sono usciti al cinema tre film dell'MCU, a cui si sono aggiunte dal 2021 tra le tre e le quattro serie originali.

Una calca probabilmente eccessiva, che ha posto le produzioni nella condizione di dover continuamente sfornare contenuti, magari agendo di copia-e-incolla (gli sfondi e gli VFX sono degli esempi), senza la possibilità, fin ora, di invertire quella tendenza adesso 'ordinata' da Bob Iger. Un'opinione, questa appena scritta, dettata proprio dalla consapevolezza di quanto Kevin Feige abbia letteralmente tenuto in vita i botteghini di mezzo mondo nell'ultima decade, truccando la fredda industria con la maschera suggestiva di una storia infinita, nel quale potersi in qualche modo ritrovare. Ora, sembra che la storia abbia smarrito la strada, forse stanca di dover correre, e di dover dimostrare di essere il meglio che può offrire il cinema pop. Con una domanda, che in qualche modo si incastra con la recente rivelazione di Jeremy Allen White. Il protagonista di The Bear (uno che di qualità ne ha da vendere), in una recente intervista a GQ ha rivelato di aver fatto "un provino per una specie di film Marvel", spiegando che alla fine dell'audizione ha detto, con le braccia incrociate, "Ditemi perché dovrei fare il vostro film?". Ecco: noi, invece, perché dovremmo ancora continuare a vederli?