Sucker Punch: il film di Zack Snyder e il girl power da videoclip

Il 25 marzo 2011, usciva il film Sucker Punch di Zack Snyder: passo falso clamoroso o opera incompresa che precorreva i tempi?

Le ragazze guerriere di Sucker Punch capitanate da Emily Browning
Le ragazze guerriere di Sucker Punch capitanate da Emily Browning

Per chi detesta il cinema di Zack Snyder, Sucker Punch è sempre stato un'arma a dir poco preziosissima nel demolire lo stile, la dimensione visiva e soprattutto narrativa del regista di Man of Steel e 300. All'epoca, Snyder si tuffò in questo progetto forte proprio del successo del suo cinecomic sugli spartani delle Termopili, ma il film si rivelò un fiasco di critica e botteghino, nonostante ancora oggi il regista lo rivendichi come una delle sue opere preferite. Su Sucker Punch si scrisse (e si scrive ancora oggi) di tutto e solitamente nel peggior modo possibile. Ma davvero questo film è stato così tremendo, così malriuscito e così scadente? O forse dieci anni fa non si colsero elementi di grande novità e persino di audacia? La domanda è molto meno gratuita di quanto sembri, soprattutto alla luce di quanto sia cambiata la rappresentazione femminile sul piccolo e grande schermo in questi anni.

Un fantasy per la MTV generation

Emily Browning, guerriera in Sucker Punch
Emily Browning, guerriera in Sucker Punch

Incentrato sulla tragica vicenda della giovane Babydoll (Emily Browning) Sucker Punch era una sorta di fantasy in cui sogno e realtà, finzione e verità si univano e si confondevano in modo sicuramente inedito per gli standard dell'epoca. Babydoll, ventenne a cui il sadico patrigno, ha ucciso la sorella per poi rinchiuderla in un ospedale psichiatrico da incubo, in breve tempo si trova dentro un multiverso in cui lo spettatore non riesce per molto tempo a capire cosa sia vero e cosa no, fino al sorprendente finale. Sicuramente non si vuole qui negare che Sucker Punch abbia dei difetti, su tutti la vecchia, cara, mania di Zack Snyder di esagerare con slow motion, i giochi di camera, i dialoghi che più che tendere all'epica o al sentimenti spesso scivolano nel banale. Lo stesso iter narrativo, composto di ben tre sotto-trame, risulta in diversi momenti poco sviluppato, con le avventure guerresche di Babydoll e delle sue amiche, non ben connesse tra di loro. La finalità ultima del regista apparve a suo tempo alla critica molto nebulosa, o se non altro ben poco più complessa dal voler chiudere ragazze sexy in succinti abiti mentre sparavano a più non posso. Il rapporto del regista con la critica è stato del resto sempre poco felice, così come per l'altro esperto in estetica da videoclip applicata alla settima arte: Michael Bay. Il film assomiglia del resto molto ad un videoclip, uno di quelli che formò la generazione millennial, la MTV generation, lungo però due ore, con una dimensione musicale preponderante, una componente action coreografata in modo massiccio, connettendosi alla dimensione punk, rock e teen pop.

Un film sulla violenza di genere

Emily Browning tra Abbie Cornish e Jena Malone in Sucker Punch
Emily Browning tra Abbie Cornish e Jena Malone in Sucker Punch

Sucker Punch omaggiava in modo palese e per altro molto elegante, il mondo videoludico, la realtà degli anime e manga giapponesi, il filone cyberpunk in particolare, ma al suo interno, vi era anche una disamina tutt'altro che banale e scontata della condizione femminile nella società, in particolare nella narrazione mediatica. Tutte le protagoniste sono costrette a compiacere gli uomini, un genere che Sucker Punch dipinge come totalmente negativo, per il quale la donna è un semplice trastullo, carne di piacere per individui prepotenti, sadici. Ciò che sono costrette ad essere in quel bordello è la perfetta rappresentazione delle fantasie erotiche maschili declinate dai media al maschile per decenni, dalla pubblicità alla realtà porno: infermiere, ballerine esotiche, eterne "scolarette" e via discorrendo. Non proprio qualcosa che al cinema viene proposto tutti i giorni. In un'epoca (la nostra) in cui si vanno a ridiscutere identità e rappresentazione del corpo femminile, Sucker Punch da questo punto di vista, può sicuramente dire di aver assunto il ruolo di precursore. Il fatto che all'epoca fosse stato visto come disturbante o paradossalmente indicato come un film misogino dalla critica americana, non fa che confermare quanto in realtà Snyder avesse colto perfettamente nel segno. Ad oggi la dimensione femminile nella narrazione moderna è un discorso assolutamente aperto, che questo film affrontò senza problemi ben dieci anni. Nel farlo pagò un prezzo ovviamente, visto che criticare la cultura americana è tuttora un esercizio che può costare caro.

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Una dimensione girl-power incredibilmente attuale

Jena Malone, Abbie Cornish e Vanessa Hudgens in Sucker Punch
Jena Malone, Abbie Cornish e Vanessa Hudgens in Sucker Punch

Sucker Punch sposava una dimensione girl-power assoluta. Senza battutine o humor, senza far finta che le sue protagoniste non fossero belle, anzi quella bellezza era un pericolo nel mondo machista in cui vivevano. Il che poi è quello che succede spesso anche nella realtà. Oscar Isaac fu un villain assolutamente perfetto, un esempio di maschio sadico, manipolatore, ipocrita e possessivo, in realtà molto più realistico di quanto si pensi. Se consideriamo come la Marvel ha presentato il suo girl power, se torniamo alla "carica" al femminile di Avengers: Endgame o alla dimensione piattissima di Captain Marvel, occorre ammettere che se non altro Snyder lo fu in modo molto più articolato, più originale, nonché sicuramente meno cringe. Le sue ragazze-guerriere, si aggiravano in un mondo di fantasia, in cui maneggiavano mitra, fucili e spade con disumana perizia, lottando contro creature che erano la metafora visiva della violenza sessuale, del testosterone aggressivo con cui avevano a che fare una volta tornate alla realtà, dove erano in sostanza indifese. Si perché nel mondo reale, con buona pace della narrativa cinematografica dove eroine di 50 kg distruggono uomini il doppio più grossi di loro, Babydoll e le altre erano vittime di una violenza preponderante. Nel finale anche la casa di piacere e tutta la narrazione ad essa connessa ci veniva rivelata come un'altra costruzione della fantasia di Babydoll, condannata (come lo sono state per secoli tantissime donne) ad essere resa innocua, torturata, distrutta, da un sistema che ha definito le ribelli come isteriche, pazze o magari streghe pur di liberarsene.

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Vietato non essere ottimisti nei blockbuster

Emily Browning nei panni di Baby Doll in Sucker Punch
Emily Browning nei panni di Baby Doll in Sucker Punch

Tutto questo non fu tenuto in considerazione, così come il coraggio di Snyder non solo di negare un happy ending classico e confortante, ma anche nell'aver concepito uno script che in realtà è stato sicuramente molto meno banale di tanti altri film d'intrattenimento spacciati per epifanie creative. Il suo vero, autentico, peccato, è quello di essere portatore di una dimensione visiva che a molti non è mai andata giù, per l'eccesso di barocchismo, l'autocompiacimento con cui si dilatano i tempi cinematografici, in perfetta antitesi con un mondo che invece ha sempre più fretta. Probabilmente se Sucker Punch fosse stato girato da Patty Jenkins, Taika Waititi o Shane Black, sarebbe stato meno dark, pieno di ottimismo e speranza, quella che al pubblico mainstream piace sempre. Magari ora sarebbe additato a cult o ad esempio di creatività. Invece lo fece Snyder, lo fece mettendo in scena, tra una mitragliata e un pezzo degli Skunk Anansie, la realtà della condizione femminile nel nostro tempo, libera solo di essere oggetto del desiderio, intrappolata sia nel mondo reale che in quello dell'espressione artistica. Poteva sicuramente riuscire meglio, ma non fu l'orrore di cui si parlò e si parla ancora, se non altro per aver portato nel cinema d'intrattenimento, qualcosa di diverso dal già visto e già sentito.

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