Recensione Una casa alla fine del mondo (2004)

Una storia di famiglia e di amicizia, attraverso gli anni '70 e '80, che inizia a Cleveland e si conclude a New York. Tratto dal romanzo omonimo del Premio Pulitzer Michael Cunningham.

Storie di amicizia

Ricordando Il grande freddo, American Graffiti, lo stesso Forrest Gump, Una casa alla fine del mondo è uno di quei film che si appoggiano alla nostra memoria, ci riportano in tempi e periodi in cui la musica è una colonna sonora (e che colonna sonora!) che scandisce ogni minuto, ogni secondo dei giorni che trascorrono.

Nella periferia di Cleveland nel 1967 Bobby è un ragazzino che vive l'atmosfera degli anni'60 sotto la guida del fratello più grande che lo introduce alle droghe e ai messaggi "peace and love". L'improvvisa e tragica morte del suo punto di riferimento (la sequenza della morte del fratello è realmente impressionante), priva Bobby di una famiglia sostituita dall'amicizia con Jonathan, suo coetaneo, e da sua madre, entrambi affascinati dal suo modo di essere e dalla sua libertà nel vivere. Il tempo passa, e negli anni '80, Bobby conosce Clare, curiosa ragazza che condivide un appartamento con Jonathan. Fra i due nascerà una relazione che cambierà per sempre il destino dei tre amici.

Tratto dall'omonimo romanzo di Michael Cunningham (premio Pulitzer per The Hours) che ha anche scritto la sceneggiatura, il film di Michael Mayer affronta i temi della famiglia, dell'amicizia, dell'amore e dell'omosessualità in periodi di grandi rivoluzioni (Il flower power e Woodstock) e di cambiamenti (i tempi dell'Aids e di Reagan) per la società statunitense.
Il taglio dato da Mayer non è particolarmente originale, soprattutto per il desiderio di ricercare uno stile di regia eighties volto a ricreare un'atmosfera molto diversa da quella di oggi. Gli interpreti al contrario, in particolar modo Dallas Roberts, riescono a creare una forte sintonia fra loro, dando alle relazioni una chimica che si fonde con la musica, co-protagonista per importanza ed emozionalità.

Una casa alla fine del mondo è intenso, piacevole da vedere, criticabile in alcuni dettagli, apprezzabile per il tentativo di fotografare una società "figlia dei fiori". Certamente non un film perfetto e indimenticabile, ma l'ora e mezza della sua durata scorre fra sorrisi e lacrime come le note di Because the Night cantata da Patti Smith.