Recensione Love for Life (2011)

Funziona bene l'integrazione di registri diversi presenti in Love for Life, dal crudo realismo di una storia di malattia e morte all'umorismo grottesco e sopra le righe di alcuni dei suoi personaggi, fino al romanticismo di una love story assoluta, rappresentata con grande intensità pur nella sua inevitabile fragilità.

L'amore ai tempi dell'AIDS

Siamo all'inizio degli anni '90 in un piccolo paesino cinese. L'AIDS si è diffuso nel villaggio a causa di un traffico illecito di sangue iniziato da Zhao Qi Quan, giovane in cerca di soldi facili. Nell'arretrata società rurale cinese c'è pochissima informazione sul virus, e la gente inizia così a fuggire dal villaggio, terrorizzata. Il padre di Qi Quan, sentendosi responsabile per la diffusione del contagio, decide di trasformare l'abbandonata scuola locale in un ricovero per malati: qui, suo figlio minore De Yi, anch'egli contagiato, incontra Qin Qin, moglie di suo cugino, a sua volta rimasta recentemente vittima del virus. Nonostante i due siano entrambi sposati, nonostante il coinvolgimento delle famiglie e soprattutto la loro condizione che equivale a una condanna imminente, De Yi e Qin Qin si innamorano. La rabbia del marito della donna non impedisce la relazione tra i due, che presto diviene pubblica: De Yi e Qin Qin si trovano così a dover fare i conti non solo con l'ostilità degli abitanti non contagiati del villaggio, che li evitano con paura, ma anche con la disapprovazione dei loro compagni ricoverati nella scuola. Presto, quest'ultima viene chiusa e i due vanno a vivere insieme, decidendo anche di sancire la loro unione con un matrimonio. Ma la dura realtà della loro condizione di malati, purtroppo, non potrà essere ignorata.

Tra i "nuovi" nomi del cinema cinese, quello di Gu Changwei è sicuramente tra i più interessanti, pur provenendo anch'egli, in realtà, da un passato che è antecedente agli enormi cambiamenti attraversati da questa cinematografia negli ultimi anni. Gu è stato infatti direttore della fotografia per alcune delle più significative opere di Chen Kaige e Zhang Yimou (Addio mia concubina e Sorgo rosso su tutti) prima di esordire alla regia nel 2005 con Peacock, Orso d'Argento al Festival di Berlino. Non è un caso che questo Love for Life sia ambientato all'inizio degli anni '90, e non solo perché la vicenda raccontata potrebbe aver luogo solo in quel periodo: nel modo di fare cinema di Gu, infatti, si ritrova più di una traccia del cinema di quegli anni, del realismo misto a un'ironia quasi fantastica che animava quella scena, di una descrizione precisa e puntuale della realtà della Cina rurale che non escludeva, tuttavia, storie incentrate sui sentimenti e di grande presa emotiva. E' in effetti primariamente una love story, questo film, pur se posta sullo sfondo di un contesto sociale ben definito, in cui una società chiusa e tradizionalista deve far fronte a una nuova minaccia che rischia di scardinarne i fondamenti. Sarà proprio la consapevolezza della propria precaria condizione a far sì che De Yi e Qin Qin (due bravissimi e intensi Aaron Kwok e Zhang Ziyi, che riescono nel non facile intento di non far pesare i loro volti da star) riescano a non farsi condizionare dalle convenzioni sociali e dall'inevitabile emarginazione a cui saranno condannati, traendo il massimo giovamento dalla relazione che hanno costruito.
Un'altra scelta curiosa, e certo anticonvenzionale, del film di Gu è quella di far raccontare la vicenda in prima persona da un personaggio deceduto, il figlio più piccolo di Zhao, di cui vediamo la morte nei minuti iniziali. Un espediente che conferisce forza alla componente surreale e quasi fiabesca del film, e che va a bilanciare la durezza della vicenda narrata; innervandosi, inoltre, di un umorismo a tratti grottesco, incarnato anche in alcune scene che coinvolgono il personaggio del trafficante di bare, carattere cinico e costantemente sopra le righe. Funziona in effetti bene, non riuscendo affatto forzata, questa integrazione di registri diversi presenti nel film, dal crudo realismo di una storia di malattia e morte all'umorismo grottesco e sopra le righe di alcuni dei suoi personaggi, fino al romanticismo di una love story assoluta, rappresentata con grande intensità pur nella sua inevitabile fragilità. E' proprio la componente romantica a riempire per intero la seconda parte del film, quella successiva alla chiusura della scuola e maggiormente incentrata sui due protagonisti: qui, De Yi e Qin Qin possono vivere senza lacci o limitazioni il loro rapporto, compensando la limitatezza del tempo con la quantità dell'amore di cui dispongono l'uno per l'altra, percorrendo spudoratamente le strade di una cittadina ormai svuotatasi per annunciare il loro matrimonio. L'inevitabile, duro epilogo non cancellerà il clima sostanzialmente positivo di cui la sceneggiatura ha riempito la seconda metà del film: e persino la voice over finale, con parole che in altre condizioni sarebbero state a un passo dal ridicolo involontario, riesce al contrario a convincerci e ad emozionarci.

Movieplayer.it

3.0/5