Recensione Grace di Monaco (2014)

Una diva del cinema del presente per raccontare una tra le più grandi del passato, un biopic non canonico e tante polemiche che arrivano dal Principato. L'apertura di Cannes 67. aveva tutte le carte in tavola per far parlare di sé, e così è stato, ma dal film era lecito aspettarsi molto di più.

Non è certo mai stata una principessa come quelle delle storie che leggiamo ai nostri figli o che magari vediamo nei cartoon della Disney, ma senza dubbio la vita della divina Grace Kelly è stata, nell'immaginario collettivo, quanto di più vicino ad i sogni di qualsiasi ragazza del ventesimo secolo: una bellezza da perdere il fiato, talento e popolarità tale da farne una regina di Hollywood (con tanto di Oscar a pochi anni dal debutto) ed un matrimonio con il sovrano di un piccolo ma splendido regno europeo. Eppure, tutti sanno che la storia della Principessa Grace non è mai stata, nella realtà, felice come si poteva auspicare e che dietro quel sorriso capace di ammaliare milioni di uomini - spettatori e registi, principi e star - si nascondevano ombre e dubbi.

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L'idea che la mia vita possa essere una favola è essa stessa una favola

La principessa infelice

Grace di Monaco: Nicole Kidman in un'immagine nei panni della principessa Grace di Monaco
Grace di Monaco: Nicole Kidman in un'immagine nei panni della principessa Grace di Monaco

L'idea per questo Grace di Monaco parte probabilmente da questa significativa dichiarazione della stessa attrice, così come da altre di persone a lei vicine (Alfred Hitchcock che commentò la notizia del fidanzamento con "Ha trovato il ruolo della vita"), visto che lo script del giovane Arash Amel in nessun modo vuole essere un biopic classico, ma piuttosto una parentesi, della durata di un anno, di questa vita da principessa e dei sacrifici che una donna piena di passione ha dovuto compiere per mantenere fede alla promessa fatta al marito, ai sudditi e al mondo intero. Nel fare questo Arash sceglie un anno particolarmente significativo, seppure ambiguo e sprovvisto di molti documenti ufficiali, un anno che comincia proprio con l'arrivo del Maestro Hitch nel principato per proporre alla sua protetta il ruolo di Marnie e che si conclude con la consapevole rinuncia dell'attrice alla sua carriera, alle sue ambizioni e alle sue passioni artistiche.

Intrigo internazionale

In questo anno alla nostra Grace succede un po' di tutto, compresa una sorta di congiura che cerca di minare il trono di Ranieri e porta la Francia di Charles De Gaulle vicinissima ad occupare militarmente il Principato, e sembra essere proprio questa titubanza ad accettare ufficialmente il suo ruolo ad essere causa di tutto, ed è così che guidata da Padre Francis Tucker e da un Conte esperto in usi e tradizioni monegasche che comincia la sua effettiva "trasformazione". Se è vero che fin dall'inizio del film viene specificato che si tratti di una storia di fiction semplicemente basata su fatti realmente accaduti, è difficile non storcere il naso dinanzi ad alcune stramberie dello script che portano il film spesso in direzioni completamente opposte, dal thriller hitchcockiano alla fiaba disneyana (come peraltro riconosciuto nello stesso discorso finale del film), ancor di più quando questi bruschi cambiamenti di tono finiscono con lo svilire anche le interpretazioni degli attori, spesso a disagio con dialoghi scritti con troppa superficialità, anche e soprattutto quando trattano argomenti seri quali la politica, guerre o affari diplomatici.

Quella Grazia mai raggiunta

Grace di Monaco: Nicole Kidman in una scena nei panni della principessa Grace di Monaco
Grace di Monaco: Nicole Kidman in una scena nei panni della principessa Grace di Monaco

Nicole Kidman dal canto suo cerca di fare quello che può in un ruolo già molto difficile in partenza e certamente mai aiutata dalla regia insicura di Olivier Dahan, autore che in verità non ci aveva troppo convinto nemmeno ai tempi del celebrato La vie en rose e che qui mostra dei limiti evidenti anche nella direzione degli attori, visto che tutti quanti, dal Ranieri/Tim Roth ai veterani Frank Langella e Derek Jacobi, senza contare la coppia Aristotele Onassis (Robert Lindsey)/Maria Callas (Paz Vega) e il terribile De Gaulle di André Penvern, sono poco più che macchiette e mancano di un qualsiasi approfondimento. Ma la Kidman, come già detto, ci prova, mette a disposizione le sue indubbie doti d'attrice, il suo volto ormai segnato dagli anni che passano ma comunque espressivo e bellissimo, e cerca di caricarsi sulle sue spalle questa enorme responsabilità di riportare sul grande schermo uno dei volti più amati e riconoscibili di sempre. E quando fallisce, come già detto, è sempre per colpe altrui: per le mancanze dello script, per una regia poco convinta ma anche e soprattutto perché in Grace Kelly si nascondeva un allure impossibile da imitare, un fascino dovuto proprio al contrasto tra quella bellezza solare e suadente e quella tristezza e malinconia, quel suo essere "ghiaccio bollente", la descrizione che utilizzò il regista de La finestra sul cortile e ancora oggi rimane forse l'unico modo per descrivere sua Altezza Grace.

Conclusione

Che il film di Dahan non sarebbe stato memorabile era un'impressione che in tanti avevano avuto già dalle premesse e dalle prime immagini del film, eppure l'idea di raccontare l'attrice non con il tradizionale biopic ma con ritratto più intimo e personale poteva essere la strada giusta. Sebbene discreto da un punto di vista tecnico e scenografico, il problema vero della pellicola sta soprattutto nei difetti di sceneggiatura e regia, nell'incapacità di saper bilanciare i diversi toni presenti, finendo così col realizzare un qualcosa che scontenta tutti, in particolare i diretti interessati (la famiglia Grimaldi) e i tanti adoratori di Grace verso cui compie un (doppio) reato di lesa maestà.

Movieplayer.it

2.0/5