Per mio figlio: revenge thriller al femminile

Un'intensa Emmanuelle Devos si cimenta con il ruolo di una madre in lutto ossessionata dal proposito di vendicare la morte del figlio e determinata a scoprire la verità: la nostra recensione di Per mio figlio, thriller psicologico sceneggiato e diretto da Frédéric Mermoud dal romanzo di Tatiana de Rosnay.

Uno fra i tanti meriti del cinema francese contemporaneo consiste nella costante fiducia riposta nel valore delle sue attrici, anche (e soprattutto) oltre la soglia dei quarant'anni: quello che, nel cinema americano ma non solo, rimane tuttoggi un handicap non da poco, nell'industria cinematografica francese corrisponde invece a uno spazio più che meritato per film di rilievo su storie di donne di ogni età, in grado di catalizzare l'attenzione del grande pubblico.

Per mio figlio: Nathalie Baye ed Emmanuelle Devos in una scena del film
Per mio figlio: Nathalie Baye ed Emmanuelle Devos in una scena del film

L'anno scorso era stato il turno, ad esempio, delle pluripremiate Emmanuelle Bercot di Mon roi - Il mio re e Catherine Frot di Marguerite, mentre il 2016 si è rivelato un anno trionfale per la Isabelle Huppert de L'avenir e di Elle. E fra le 'mature' primedonne del cinema francese si contano anche due attrici magnifiche del calibro di Emmanuelle Devos e Nathalie Baye: interpreti di comprovato talento in grado, da sole o quasi, di sorreggere l'impianto narrativo di un film non del tutto riuscito come Per mio figlio, revenge story dal taglio psicologico che le vede protagoniste assolute.

La madre in nero

Per mio figlio: Emmanuelle Devos in macchina in una scena del film
Per mio figlio: Emmanuelle Devos in macchina in una scena del film

In particolare la Devos, attrice affermatasi grazie a registi come Arnaud Desplechin e Jacques Audiard, lavora di sottrazione per calarsi nel ruolo di Diane Kramer: nella prima sequenza del film la vediamo con lo sguardo perso nel vuoto, mentre colpisce con la fronte il vetro della propria finestra. Scopriremo di lì a breve che Diane sta vivendo il dolore straziante per la perdita del figlio adolescente, investito da un pirata della strada e lasciato a morire sull'asfalto senza che gli fosse prestato soccorso. Determinata a inchiodare i colpevoli (un uomo e una donna) alle loro responsabilità, Diane ha un unico, fondamentale indizio in grado di condurla alla verità: la Mercedes color caffè (il Moka del titolo originale) avvistata da un testimone al momento dell'incidente. E una Mercedes color caffè è proprio l'auto che un certo Michel (David Clavel), abitante di una cittadina di montagna sul confine tra Francia e Svizzera, sta tentando di vendere a un prezzo stracciato.

Per mio figlio: Nathalie Baye in una scena del film
Per mio figlio: Nathalie Baye in una scena del film

Tratto dall'omonimo romanzo di Tatiana de Rosnay e presentato al Festival di Locarno 2016, Per mio figlio vede al timone di regia lo svizzero Frédéric Mermoud, noto soprattutto per aver diretto numerosi episodi di Les Revenants, serie di culto della moderna TV francofona. E Mermoud, autore anche dell'adattamento insieme ad Antonin Martin-Hilbert, si muove nel solco del canonico thriller di provincia, con un andamento e un approccio alla materia narrativa che paiono modellati sul magistero del massimo esponente del filone, l'indimenticato Claude Chabrol (e proprio la Baye, fra l'altro, aveva recitato in uno dei suoi capolavori, Il fiore del male): dunque l'attenzione per le sfumature psicologiche, per i dettagli quotidiani, e la consapevolezza - innanzitutto nostra, in qualità di spettatori - della violenza latente e dell'ipocrisia che si celano dietro la natura apparentemente placida della vita di una piccola comunità.

Gli innocenti dalle mani sporche

Per mio figlio: Samuel Labarthe ed Emmanuelle Devos in una scena del film
Per mio figlio: Samuel Labarthe ed Emmanuelle Devos in una scena del film

Pertanto, mentre il pubblico viene 'stuzzicato' a proposito delle intenzioni di Diane (cosa farà la protagonista, una volta individuati con certezza gli assassini del figlio, e fino a dove si spingerà la sua vendetta?), il film si cura di porre in evidenza sia la parabola di una donna comune, posta nell'anomala condizione di investigatrice, sia le dinamiche delle sue interazioni con gli altri personaggi coinvolti nella vicenda. A partire dai due principali sospettati dell'omicidio: il ruvido Michel, fin troppo ansioso di liberarsi della Mercedes incriminata, e la sua compagna, l'estetista Marlène, che sotto la sua chioma platinata e dietro il sorriso di circostanza nasconde tensioni inespresse e frustrazioni ben mascherate. E proprio nel sottile gioco del gatto e del topo fra Diane e Marlène, interpretata appunto da Nathalie Baye, risiedono i momenti più indovinati di un racconto che costruisce la suspense gradualmente, ma che non sempre procede in maniera impeccabile.

Per mio figlio: Emmanuelle Devos in una scena del film
Per mio figlio: Emmanuelle Devos in una scena del film
Per mio figlio: un primo piano di Emmanuelle Devos
Per mio figlio: un primo piano di Emmanuelle Devos

Qualche difficoltà, in effetti, si riscontra sul piano della sceneggiatura: risulta evidente, per esempio, che Mermoud non sappia che farsene di due comprimari maschili legati alla figura di Diane, ovvero l'ex marito Simon (Samuel Labarthe) e Vincent (Olivier Chantreau), giovane trafficante con una certa dimestichezza con le armi da fuoco, e le loro storyline scivolano così su un binario morto. Mentre l'epilogo, a dispetto delle valide premesse, si risolve in una sorta di anticlimax, il cui impatto arriva con forza decisamente minore rispetto a quanto sarebbe stato lecito attendersi. Eppure, difetti a parte, è negli occhi di Emmanuelle Devos, nell'emozione trasmessa dai suoi più piccoli gesti (la sofferenza, la rabbia, la paura), che va individuato il senso di un film come Per mio figlio: gli occhi di una donna e di una madre in cerca di una risposta impossibile a una domanda atroce.

Movieplayer.it

2.5/5