Parla il regista di Summer: 'La mia è una storia di vincenti'

Presentato uno dei film più duri e interessanti della sezione Alice nella Città del Festival di Roma. Kenneth Glenaan ci spiega perchè il mondo che racconta è solo apparentemente popolato da perdenti.

Summer è un film il cui inserimento nella sezione Alice nella Città del Festival di Roma, dedicata ad un pubblico di giovanissimi e adolescenti, ha destato qualche perplessità, considerato il tema duro e tutt'altro che facile da interiorizzare.
"Capire come un pubblico di ragazzi potrà accogliere questo film sarà una scoperta - ammette il regista, Kenny Glenaan - I giovani mi sorprendono sempre, la giuria di Alice (formata da ragazzi) ci ha posto domande incredibilmente profonde. Non so quanto si sia sentita la mia volontà di far fare un viaggio nel passato, e non so quanto questo possa essere interessante per un pubblico ancora non maturo. Spero che sia uno stimolo per i giovani per porsi queste domande".
Oltre che un valore educativo, la pellicola si fa portatrice di una fortissima connotazione locale e ambientale: quella della Scozia della generazione della crisi, "la mia generazione", dice il regista. "quella che ha sofferto incredibilmente della crisi legata alla chiusura di gran parte degli impianti minerari di quella zona".
"Ma attenzione - precisa lo sceneggiatore Hugh Ellis - la nostra non è affatto una storia di sconfitti, ma di vincenti, anche se con tutti i limiti che il realismo impone, di gente che rifiuta con coraggio di essere considerata una vittima. Certo poi c'è anche la disperazione che attanaglia quando si guarda al proprio passato, che non può essere cambiato".

Un film, dicevamo, profondamente attaccato alla terra nel quale è nato e cresciuto. Glenaan tiene a sottolineare come abbia scelto proprio Edimburgo ed il suo festival per il primo lancio, nel tentativo di valorizzare la terra e la gente del film. "Per la gente di quella terra, di origini modeste, come sono i protagonisti del film, chiusi nel loro ambiente, definiti solo dal loro codice postale, l'unico posto dove andare, per evadere, è dentro la loro mente".
Questa la ragione fondamentale di costruire il film impostandolo su tre piani temporali differenti, andando a scavare nel passato dei protagonisti. "E' complicato lavorare con i bambini - ci confida il regista - ma tutti gli attori sono stati fantastici, tutti a modo loro. Giravamo su tre piani temporali, diversi tra di loro e dunque con attori di età diverse. Abbiamo cercato di fare le audizioni a livello locale, trovare la gente del posto per le parti minori, ma era molto complicato, perchè la comunità è molto chiusa in sè stessa. Ci vogliono generazioni per riguadagnare la fiducia nella vita dopo eventi come quelli che hanno passato loro. Lì c'è stato un terremoto, ed i miei personaggi sono cresciuti con questo evento come sfondo, in un'atmosfera di oppressione che caratterizza il film. In ogni caso, non volevo fare un film sulle vittime - insiste sul punto - i miei sono personaggi reali, che perdono, soffrono, vincono".
Un'insistenza che viene evidenziata anche dalla percezione che la comunità ha degli individui che ne fanno parte: "Il loro background, le loro case, sono come un museo. Piccoli particolari dai quali si percepiscono molte storie stratificate, che fanno capire quanto tutto sia legato al passato, che non può essere mai negato. ".