Paolo e Vittorio Taviani: 5 film per ricordare il loro (grande) cinema

Dopo Vittorio si è spento anche Paolo Taviani. Dunque, ricordiamo il loro punto di vista artistico, stilistico, politico e letterario attraverso 5 titoli della loro filmografia.

Paolo e Vittorio Taviani: 5 film per ricordare il loro (grande) cinema

E se esistesse un punto d'incontro in cui cinema, letteratura, religione, cronaca e Storia possono coincidere al punto da fondersi l'uno con l'altro? Un luogo ideale in cui questi linguaggi abbiano la possibilità di sovrapporsi, e dar vita a qualcosa che possa mettere in accordo tradizione e novità. Se esistesse un posto del genere allora potrebbe benissimo essere la filmografia dei fratelli Paolo e Vittorio Taviani.

Berlino 2012: i Taviani dopo la consegna del premio per Cesare deve morire
I fratelli Taviani alla Berlinale nel 2012

La scintilla da cui nasce la loro filmografia proviene dalla costola più politica del Neorealismo italiano, quella che ha sposato la narrazione degli ultimi trovando nelle loro vicende la verità da servire, ma anche la musicalità cinematografica e il melodramma più crudo per creare la poesia e il lirismo visivo che l'ha contraddistinta per più di mezzo secolo. Una costola che nell'idea dei fratelli toscani doveva incontrare le riflessioni acute, amare e appassionate dei grandi scrittori nostrani (in primis Luigi Pirandello, basti pensare a Kaos del 1984, film a episodi ispirato a quattro Novelle per un anno) e dei sommi protagonisti del pensiero letterario mondiale (Tolstoj su tutti, guardate a San Michele aveva un gallo e Il sole anche di notte). Riflessioni ambientate negli sfondi rurali sede dei microcosmi popolari, rappresentativi i grandi snodi storici (il racconto del genocidio armeno in La masseria delle allodole) e metaforiche sedi dei conflitti esistenziali dell'umanità.

Paolo e Vittorio Taviani all'aeroporto di Berlino dopo aver vinto l'Orso d'Oro per Cesare deve Morire
I fratelli Taviani con l'Orso d'oro.

Il loro è stato, fino alla fine, un cinema complesso, cosparso di trappole semantiche e di simbolismi ricorrenti, in cui si riusciva a far coesistere un'idea artistica importante, un senso della spiritualità elevato e misterioso e una voglia di raccontare la realtà attraverso tutte le possibilità che il mezzo cinematografico concede. Un cinema in grado di regalare sequenze iconiche, momenti di dolcezza straordinaria e scene di una crudeltà quasi intollerabile, caratteristiche di una umanità senza censure, divisa tra bassezze animali, grandi pensieri e sentimenti cannibalizzanti. Tutti aspetti presenti nelle loro opere, dai primi documentari e le collaborazioni con quel Valentino Orsini "compagno" del cineclub di Pisa fino alla messa in scena del romanzo partigiano di Beppe Fenoglio, ultimo film fatto in coppia, poco prima della morte di Vittorio Taviani.

Paolo e Vittorio Taviani sul set del film La masseria delle allodole
I fratelli Taviani sul set.

Per quanto riguarda invece l'ultimo titolo in assoluto che porta la firma "Taviani" bisogna arrivare a Lenora Addio del 2022, a 60 anni esatti dal loro debutto. Il film ancora tratto da uno scritto di Pirandello e premiato con il FIPRESCI alla Berlinale, lo stesso festival che una decade prima premiò il loro meraviglioso Cesare deve morire con l'Orso d'oro (solo sei registi italiani ci sono riusciti). Parliamo di ultimo titolo perché nella sera del 29 febbraio, un giorno che esiste ogni 4 anni, si è spento anche Paolo Taviani, che stava lavorando ad un nuovo titolo, Canto delle Meduse. La fine di un'era straordinaria per il nostro cinema rappresentata da due autori impagabili che in questa sede proviamo ad omaggiare citando 5 loro film, non mossi dall'intenzione di riassumere la forza della loro carriera, ma dalla voglia di invitare a scoprire o riscoprire tutta la loro opera.

1. I sovversivi

I Sovversivi
Lucio Dalla ne I sovversivi.

Il primo film diretto in solitaria dai Fratelli Taviani dopo il sodalizio iniziale con Valentino Osini I sovversivi del 1967, presentato in concorso alla 32esima edizione della Mostra d'Arte Cinematografica di Venezia. Alcuni militanti del partito comunista raggiungono Roma per assistere ai funerali del segretario Palmiro Togliatti, evento catalizzatore di uno smarrimento comune a tutti loro, che è sia di impronta politica e che personale, due sfere che il film mostrerà fatalmente collegate l'una all'altra. Uomini di pensiero, di lotta e di impegno che trovano in quel momento tragico della loro vita collettiva un corrispettivo delle loro contraddizioni intime. C'è chi vede la moglie scoprirsi omosessuale, chi decide di seguire il sentiero di colui che ha rinunciato a tutto, chi si prepara la rivoluzione e chi fantastica di una nuova guida in cui potersi immedesimare. Un film molto personale in cui i registi mettono in scena la loro difficoltà nel rapportarsi con il mondo che stava per nascere sulle ceneri dei loro valori, quelli che hanno pensato potessero essere invece fautori di un futuro in cui sentirsi più comodi e rappresentati e che invece li faceva sentire già vecchi. Come Ermanno, il 23enne con il volto di Lucio Dalla. Si può però essere ribelli anche in tarda età.

2. Allonsanfàn

Allonsanfan
Marcello Mastroianni in Allonsanfàn.

La prima collaborazione tra i fratelli Taviani ed Ennio Morricone avviene in Allonsanfàn, film del 1974 con protagonista Marcello Mastroianni, durante una delle sequenze più iconiche dell'intera filmografia dei registi toscani. Forse la più impressionante per potenza e rappresentatività. La pellicola è stata presentata Quinzaine des Réalisateurs al Festival di Cannes 1975 e deve il suo titolo ad una sorta di italianizzazione delle prime parole della Marsigliese, "Allos enfants", suggerimento di una riappropriazione sgangherata dell'ideologia rivoluzionaria croce e delizia di Fulvio, aristocratico ex-giacobino, ex-ufficiale napoleonico ed ex-membro di una setta carbonara, rilasciato durante la Restaurazione perché ritenuto ormai innocuo.

Una constatazione esatta, dato che l'uomo è ormai stanco di lottare, fiaccato dai fallimenti e ormai convinto che i vecchi ideali siano ormai tramontati. L'antica passione è però sempre in agguato e basta una visione giovanile, sgangherata e sognatrice, per farla riemergere. Una pellicola complessa che narra la tragicomica Odissea di un residuo di un'epoca passata, divisa tra la volontà di sopravvivere, anche avvalendosi di ignominie inaudite nei confronti dei suoi ex compagni e i suoi vecchi valori, e la voglia di vestire di nuovo gli abiti che hanno animato la sua vita e urlare al mondo che non si era sbagliato.

3. Padre padrone

Padre Padrone: Omero Antonutti e Saverio Marconi in una scena
Una delle scene iconiche di Padre Padrone.

Padre padrone, Palma d'oro al Festival di Cannes del 1977 è il film più conosciuto e premiato dei fratelli Taviani e uno dei più apprezzati dell'intero movimento italiano degli anni '70. La storia della sua ideazione parte da lontano, dato il desiderio di fare questa pellicola germogliò nella testa dei registi quando lessero l'articolo giornale che riportava la vicenda di Gavino Ledda, ancora prima che egli scrivesse l'omonimo romanzo autobiografico da cui il titolo fu poi liberamente tratto. La pellicola è un'opera di emancipazione simbolica di una generazione intera, raccontata attraverso la storia di una schiavitù patriarcale perpetrata ai danni di un giovane ragazza sardo costretto ad abbandonare la scuola per lavorare la terra di famiglia. La storia di un conflitto, in un certo senso un film che racconta una guerra per la conquista della propria vita, cercando di coniugare l'amore per la terra e per le proprie radici con quello per l'evasione, l'aria, la musica e le arti in grado di far volare. Pellicola nata con la voglia di distruggere il senso di colpa ricattatorio che non permette di raggiungere quella libertà che invece deve essere ottenuta anche combattendo fisicamente contro l'oppressore.

Padre padrone è un titolo dalla potenza incredibile, in grado di rielaborare il neorealismo secondo la prospettiva dei Taviani e riesce ad unire la fabula locale con il mito classico per parlare del contemporaneo. Forse l'apice dell'idea di cinema dei registi (nonostante le controversie che suscitarono molte critiche dei sardi) perché, nonostante sia nato come sceneggiato per la tv, risultò vincitore al salotto d'eccezione del cinema mondiale. Un successo dovuto alla volontà irremovibile, guarda caso, di Roberto Rossellini, che presiedeva quella commissione della kermesse. Quasi un ultimo gesto simbolico, dato che morì poco dopo.

4. La notte di San Lorenzo

La Notte Di San Lorenzo
Una scena de La notte di San Lorenzo.

Storia, cronaca e vicenda personale. Questi sono i tre ingredienti de La notte di San Lorenzo del 1982, Grand Prix Speciale della Giuria alla 35esima edizione del Festival di Cannes, una pellicola in cui i fratelli Taviani mascherarono la loro città natale, San Miniato, con il nome fittizio di San Martino, per raccontare la famosa strage del duomo del 22 luglio del 1944, erroneamente attribuita ai tedeschi, ma in realtà compiuta dall'esercito degli alleati. Una voce femminile introduce un racconto corale, che più che dare importanza alle vicende politiche che animarono i moti della Liberazione, si concentra sulle vicende personale dei protagonisti, vittime di un momento di confusione, violenza e odio, in cui scompaiono le bandiere e le fazioni, dato che sul campo si muore tutti quanti. Non una fredda cronaca, ma un moto di emozioni e ambizioni, che muove i passi dei superstiti, dilaniati dalla lotta continua. Uno dei film più drammatici dei fratelli Taviani, che però, oltre a riportare le sofferenze di una popolazione contadina vittima di quello che, fondamentalmente, è stato prima di tutto un grande massacro, vuole concentrarsi sulla loro forza d'animo. Un gruppo di persone che si è fatto protagonista di un esodo, come altri popolazioni sono state costrette a fare prima di loro, in cerca di una libertà (ancora la libertà), da ricercare in ogni modo e che ha in sé la promessa di un futuro migliore.

5. Cesare deve morire

Cesare deve morire: una scena del film
Una scena clou di Cesare deve morire.

Quando abbiamo parlato, all'inizio dell'articolo, della capacità dei fratelli Taviani di utilizzare ogni strumento concesso dal cinema, abbiamo contato sulla possibilità di poter parlare del già citato Cesare deve morire del 2012. La pellicola che vinse a Berlino e che tra i grandi meriti che ha dal punto di vista drammaturgico, attoriale e ideativo, spicca per aver donato ai registi una nuova vita cinematografica. Un docu-drama meraviglioso che racconta della produzione e della messa in scena del Giulio Cesare di William Shakespeare all'interno del carcere di Rebibbia con protagonisti i detenuti reali (alcuni hanno addirittura iniziato, grazie al film, una carriera nel cinema).

Un trattato cinematografico sul senso della costruzione visiva della scena, sull'abilità nell'unire individuo e collettività e le sfumature stilistiche dove si possono incontrare cinema e teatro. Un film sul senso terapeutico dell'arte e sull'immortalità della condivisione e della cooperazione, oltre che un monito sociale e politico potentissimo: lo scopo della detenzione carceraria dovrebbe essere quello di far recuperare il senso di comunità e di socialità a delle persone da reintegrare e non solo da punire. Un'idea di cinema altissima, contemporanea e totale.