Oscar 2019: commento alle nomination tra il record di Roma e altre sorprese

Oscar 2019, il commento alle nomination: Roma di Cuarón e La favorita di Lanthimos fanno il pieno in un'edizione ricca di sorprese, da Cold War a Dafoe e Aparicio.

Roma Set Alfonso Cuaron Yalitza Aparicio
Roma: Alfonso Cuaron e Yalitza Aparicio in una scena del film

Forza Roma? Sembra essere stato questo il motto della maggior parte dei membri dell'Academy, che hanno tributato al capolavoro di Alfonso Cuarón un bottino che va oltre le più rosee previsioni della vigilia: dieci nomination agli Oscar 2019, un record assoluto per un film in lingua non inglese (condiviso da Roma con La tigre e il dragone di Ang Lee, del 2000). Dieci candidature anche per La favorita di Yorgos Lanthimos, altra pellicola che si conferma tra i grandi favoriti (nomen omen) di questa awards season, mentre registrano otto nomination a testa A Star Is Born, remake del classico hollywoodiano a opera del regista e interprete Bradley Cooper, e Vice, black comedy a sfondo politico di Adam McKay.

The Favourite
La favorita: un momento del film con Olivia Colman

Tutto come da programma, insomma, nella categoria per l'Oscar al miglior film, con un totale di otto titoli in lizza (esattamente gli stessi otto dati in vantaggio nei vari pronostici). Arriva a quota sette candidature il fenomeno Black Panther di Ryan Coogler, che diventa pure il primo cinecomic sui supereroi ad essere incluso nella categoria per il miglior film. Sei nomination per il corrosivo BlacKkKlansman di Spike Lee, mentre segnano cinque candidature a testa il biopic musicale Bohemian Rhapsody di Bryan Singer e la commedia Green Book di Peter Farrelly, considerata da più parti addirittura il frontrunner della vigilia ma in parte ridimensionata dal momento che - come sospettavamo - Farrelly è stato escluso dalla cinquina dei registi. Ma andiamo ad analizzare nel dettaglio i dati, le sorprese, le omissioni e le curiosità di queste nomination agli Oscar 2019.

Forza Roma: valanga di nomination per Alfonso Cuarón, Yalitza Aparicio e Marina de Tavira

Roma Cast
Roma

Ripartiamo proprio da Roma, il commovente memoriale di Alfonso Cuarón sul Messico dei primi anni Settanta, con cui Netflix celebra un'annata a dir poco trionfale: oltre alle dieci nomination per Roma, infatti, il servizio di streaming può vantare pure le tre nomination a sorpresa (miglior sceneggiatura adattata, canzone e costumi) per La ballata di Buster Scruggs, il western a episodi dei fratelli Coen. A stupire, nel successo di Roma, è inoltre la presenza della giovane protagonista Yalitza Aparicio nella cinquina per la miglior attrice (un'ipotesi fino a ieri possibile, ma tutt'altro che certa) e ancor di più di Marina de Tavira, l'interprete della madre di famiglia Sofia, come miglior attrice supporter: una candidatura totalmente inaspettata, considerando che il nome della de Tavira non era saltato fuori in nessuno dei numerosi precursors degli Oscar. Alfonso Cuarón stabilisce inoltre un clamoroso record personale, con ben cinque candidature a suo nome: miglior film (in qualità di co-produttore), regia, sceneggiatura originale, fotografia e film straniero (per quanto, in questa categoria, il nome del regista non figuri ufficialmente nei registri dell'Academy).

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Registi stranieri alla carica: dentro Pawlikowski, fuori Bradley Cooper

Cold War
Cold War

Se non fosse per l'annata straordinaria di Roma, ci sarebbe un'altra pellicola in lingua non inglese (anch'essa, fra l'altro, girata in bianco e nero) di cui parlare tantissimo: Cold War, dramma romantico del cineasta polacco Pawel Pawlikowski. Cold War si è aggiudicato infatti tre nomination: miglior film straniero, miglior fotografia e, a sorpresa, miglior regia per Pawlikowski, candidato insieme al messicano Cuarón, al greco Yorgos Lanthimos e agli americani Spike Lee e Adam McKay. Escluso invece dalla cinquina dei registi uno dei favoritissimi della vigilia, Bradley Cooper, per il suo esordio dietro la macchina da presa; Cooper si consola in compenso con una tripla candidatura come produttore, attore e sceneggiatore di A Star Is Born, che vede in lizza pure Lady Gaga, nominata sia come miglior attrice che per la canzone Shallow, e il veterano Sam Elliott come miglior attore supporter.

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Veterani a caccia dell'Oscar: Glenn Close, Willem Dafoe ed Amy Adams

At Eternitys Gate Willem Dafoe
At Eternity's Gate: Willem Dafoe in una scena del film

Passiamo appunto alle categorie dedicate agli interpreti, che hanno riservato qualche colpo di scena e che vedono tornare in pista diversi veterani ancora in attesa di una statuetta. A partire da Glenn Close, che grazie a The Wife - Vivere nell'ombra agguanta la settima nomination della propria carriera (la quarta da protagonista) e che, dopo il Golden Globe, punta a ottenere finalmente la sua prima statuetta: se la vedrà, oltre alla Aparicio e a Lady Gaga, con la 'regale' Olivia Colman de La favorita e con la Melissa McCarthy di Copia originale (tre nomination, inclusa quella per l'attore supporter Richard E. Grant). Se per la Close la candidatura agli Oscar 2019 era scontata, arriva invece un po' a sorpresa una quarta nomination, ma la prima come protagonista, per Willem Dafoe, che dopo appena un anno sarà di nuovo agli Oscar con il suo Van Gogh - Sulla soglia dell'eternità, per la regia di Julian Schnabel.

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The Wife - Vivere nell'ombra: Glenn Close e Jonathan Pryce in un'immagine del film
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Christian Bale e Amy Adams in Vice

Difficile però che Dafoe possa prevalere con una concorrenza tanto agguerrita: dal Christian Bale trasformista di Vice - L'uomo nell'ombra, anch'egli alla quarta nomination, passando per Bradley Cooper e Viggo Mortensen (Green Book), fino ad arrivare a un neofita degli Oscar, Rami Malek, nominato per il suo ritratto di Freddie Mercury in Bohemian Rhapsody. Per Vice trovano spazio inoltre, nelle categorie per i supporter, il campione in carica Sam Rockwell, stavolta nei panni farseschi di George W. Bush, e la Lynne Cheney di Amy Adams, ormai alla sua sesta nomination; e anche la Adams, come Glenn Close, è ancora in attesa di vincere un sacrosanto Oscar (basterà a convincere i membri dell'Academy?).

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I grandi esclusi: First Man, Emily Blunt e Timothée Chalamet

Beautful Boy: Timothée Chalamet e Steve Carell in una foto del film
Beautful Boy: Timothée Chalamet e Steve Carell in una foto del film

Un risultato discreto, ma non pienamente soddisfacente è quello riportato da First Man, l'originale biopic di Damien Chazelle su Neil Armstrong: quattro nomination tecniche (scenografia, sonoro, effetti speciali ed effetti sonori), ma omissioni pesanti non solo nella categoria come miglior film, ma anche per Claire Foy come miglior attrice supporter, per la fotografia e per le splendide musiche di Justin Horwitz, che aveva vinto invece il Golden Globe per la miglior colonna sonora. Claire Foy, comunque, non è l'unica interprete esclusa a dispetto del favore dei precursors: la fumata nera ha colpito pure per il beniamino dei critici Ethan Hawke, protagonista di First Reformed (in lizza per la sceneggiatura di Paul Schrader), la Emily Blunt canterina de Il ritorno di Mary Poppins (quattro nomination in categorie tecniche e musicali) e soprattutto Timothée Chalamet, dato come candidato quasi certo come miglior attore supporter per la sua prova nello struggente Beautiful Boy. Una nota di delusione infine per la Corea del Sud, che rimane la "pecora nera" per l'Oscar come miglior film straniero: non ce l'ha fatta il semifinalista Lee Chang-dong con il suo magnifico Burning, premiatissimo ai precursors, ma messo purtroppo da parte dall'Academy.

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