Orion e il buio, la recensione: abbracciare l'oscurità secondo Charlie Kaufman

La recensione di Orion e il Buio, nuovo e prezioso film d'animazione DreamWorks targato Netflix che guarda a Charles Dickens, Inside Out e a Le 5 Leggende per un racconto profondamente esistenzialista, divertente e toccante.

Orion e il buio, la recensione: abbracciare l'oscurità secondo Charlie Kaufman

Ancora Netflix, ancora animazione, ancora una sorpresa. Non bastassero i recenti successi del colosso dello streaming che hanno portato anche Nimona (leggi la recensione) a una nomination ufficiale agli Oscar 2024, la piattaforma di Hastings continua a dedicare ingenti risorse creative ed economiche nei prodotti animati, un settore dove Netflix ha sempre dimostrato visione e lungimiranza. Se l'unione è allora tra autore e animazione, il risultato è ancora più interessante.

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Orion e il buio: un'immagine del film

È il caso di quest'ultimo Orion e il Buio, debutto alla regia di Sean Charmatz che trova però il suo più grande valore nella scrittura del brillante Charlie Kaufman, alla sua seconda collaborazione con la piattaforma dopo il complesso e bellissimo Sto pensando di finirla qui. Un ritorno alle origini, quelle di solo sceneggiatore, che lo storyteller mette al servizio di un modello cinematografico già sfruttato (con Anomalisa) e apprezzato, qui con un taglio cinematografico aperto a tutte le generazioni e un messaggio esistenzialista, concreto ma anche sognante che abbatte più di un porta, arrivando al cuore stesso della paura.

Orion e il Buio: fuori dalla comfort zone

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Orion e il buio: un'immagine del film

Orion e il Buio è l'omonimo adattamento del romanzo per bambini di Emma Yarlett, da cui differisce in modo sostanziale nel modello narrativo e nella scrittura stessa. Kaufman non è certamente tra gli autori più semplici, e qui declina la sua cultura e il suo talento in un film destinato anche e soprattutto ai più piccoli senza rinunciare al peso etico e filosofico del suo pensiero. Protagonista della storia è Orion (Jacob Tremblay), con lo stesso nome della costellazione di cui il poeta Manilio elogia le virtù astrologiche, sostenendo che "al suo levarsi, la notte simula la luminosità del giorno e ripiega le sue ali sicure". Un eroe mitologico posto tra le stelle da Zeus che nel film è in realtà un fifone, spaventato da tutto e da tutti, vuoi dal bulletto della scuola, vuoi dal confronto con la ragazza amata, vuoi dai ragni, dalle api, dallo scarico del water, dalle onde radio. La sua più grande paura, quella che supera tutto il resto, è però quella del buio. Orion non riesce proprio a comprendere e convivere con l'oscurità, da cui si sente tormentato, finché il Buio stesso (Paul Walter Hauser) non decide di palesarsi ai suoi occhi sotto forma di entità astrale personificata. L'obiettivo è passare 24 ore insieme e vincere la paura di Orion, che in un miracoloso viaggio intorno al globo impara a conoscere anche le altre entità notturne (ricordano un po' Le 5 Leggende o le emozioni di Inside Out) e comprendere il significato più reale e vitale del Buio.

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Orion e il buio: un'immagine del film

La penna di Kaufman si sente. Si percepisce quando cita David Foster Wallace, quando contrappone il nichilismo superomistico al suo tanto amato esistenzialismo, quando parla del Sundance Film Festival o tira in ballo - indirettamente - Werner Herzog. Citazioni, riferimenti e riflessioni che non sembrerebbero adatte a un bambino di 7 anni e che invece vengono perfettamente integrate in un racconto tenero, chiaro e delicato, dove chi vuole o può scendere a fondo lo fa, godendosi nella sua interezza concettuale e revisionata (rispetto al romanzo originale) un film di grande caratura cinefila e intellettuale - a dispetto di ciò che sembra -, ma chi resta in superficie vive una piccola e pedagogica esperienza sull'affrontare le proprie paure uscendo dalla comfort zone, in particolare imparando a conoscere ciò che più si teme. Sta qui, crediamo, il senso della scelta di Orione come nome: un astro che irradia la notte e spazza via l'oscurità.

L'identità del Buio

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Orion e il buio: un frame del film

La domanda più intima che si pone Charlie Kaufman è però relativa all'identità stessa del Buio, che a causa di chi lo teme vive una forte dicotomia esistenziale, e cioè se essere Buio significhi potersi auto-determinare o essere soltanto "ciò che vedono gli altri", che è soltanto oscurità. Buio ha un cuore, è simpatico, ama il suo lavoro e ama i suoi amici, ma la paura millenaria di grandi e bambini nei suoi confronti lo spinge a credere di non essere ben voluto, di essere il cattivo. Mentre Sonno (esilarante il modo in cui mette a dormire le persone!), Sogni, Rumori Notturni, Insonnia e Quiete rappresentano delle conseguenze che vivono all'ombra del Buio, quest'ultimo comincia a percepire se stesse come il più grande problema al mondo, specie se contrapposto all'instancabile e iridescente rivale Luce. Coadiuvato dallo sguardo di Charmatz in un solido e irresistibile debutto, ma anche dall'ottimo lavoro animato di Mikors Animation (già dietro a Capitan Mutanda e Tartarughe Ninja: Caos Mutante), con modello produttivo ibrido, Kaufman tenta di mostrare la fondamentale compenetrazione tra gli opposti, che pure vivendo in alternanza reciproca devono sempre e comunque ospitare una parte dell'altro al loro interno. Così se nella luce può esistere comunque oscurità, nel buio deve per forza di cose sopravvivere della luce.

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Orion e il buio: una scena del film animato

C'è vita nel giorno e c'è vita nella notte, anche se non la vediamo; esistono i colori anche nell'oscurità, pure se spenti o appannati. L'autore riflette sulla paura come grande motore di preservazione e sopravvivenza ma anche come primo e immenso ostacolo che ci impedisce semplicemente di vivere e di essere. A volte, banalmente, bisogna provare paura e fare qualcosa lo stesso. In questo senso, il messaggio è cross-generazionale se non addirittura sempreverde, destinato al pubblico di ieri, di oggi e di domani, come poi chiarificano direttamente Kaufman e Chartmatz. L'essenziale è fare come Orione: combattere e cacciare i propri demoni e illuminare la notte, per noi stessi e per gli altri. Che poi lo scrittore supera persino il nichilismo di Nietzsche, perché Orion "guardando l'abisso" viene a sua volta scrutato dallo stesso senza precipitare nell'oscurità e, anzi, imparando ad apprezzarla e a conviverci, concretamente e metaforicamente parlando. Perché la Luce illumina tutto in superficie ma il Buio scava dentro, nel profondo. Esistono e convivono insieme pure se diversi e alternati, sopra e sotto, maschera ed ego, nobilitandosi a vicenda. Ed è forse questo il messaggio più vitale di Orion e il Buio: la vera bellezza è nei contrasti.

Conclusioni

Orion e il Buio è l'ennesima scommessa animata vinta da Netflix - a DreamWorks -, anche e soprattutto grazie alla brillante penna di Charlie Kaufman, che qui unisce la profondità della sua cultura e del suo pensiero a un titolo che sa (e che vuole) raggiungere un pubblico di grandi e piccoli. È insieme un ritorno e un debutto, Orion, animato con stile ibrido fluido, poetico, inventivo e delicato e con un messaggio cross-generazionale che è davvero un'inaspettata, dolcissima e sorprendente lezione di vita.

Movieplayer.it
4.0/5
Voto medio
4.8/5

Perché ci piace

  • Lo stile animato ibrido, le tante idee visive messe in campo.
  • La regia di Sean Charmatz in un debutto solido e convincente.
  • La magnifica penna di Charlie Kaufman, immensa e identitaria anche quando parla ai più piccoli, che non sottovaluta...

Cosa non va

  • ... Ma che, a tratti, potrebbero non comprendere fino in fondo.