L'avamposto, la recensione: salvando l'Amazzonia al ritmo dei Pink Floyd

Ritratto dell'ecoguerriero Christopher Clark e del suo sogno di salvare l'Amazzonia con un epocale concerto dei Pink Floyd nella giungla nel racconto di Edoardo Morabito, regista de L'avamposto.

L'avamposto, la recensione: salvando l'Amazzonia al ritmo dei Pink Floyd

L'avamposto è uno dei quei documentari che pone al centro della narrazione un soggetto talmente interessante da non aver bisogno di molti altri ingredienti. Protagonista del film di Edoardo Morabito è l'eco-guerriero scozzese Christopher Clark che, dopo aver studiato a Milano (da qui l'ottimo italiano che sfodera nell'arco di tutto il film), ha scelto di trasferirsi in Brasile fondando la riserva naturale di Xixuau-Xiparina, un parco di 581.000 ettari nell'Amazzonia brasiliana. Scomparso nel 2020 a causa di un tumore, Clark ha lavorato per decenni fianco a fianco con gli indios per combattere il cambiamento climatico attraverso la salvaguardia del polmone verde della Terra e dei suoi abitanti.

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L'Avamposto: un'immagine del film

Unendo la sensibilità e il senso pratico occidentali alla profonda conoscenza delle leggi della natura delle tribù locali, Christopher Clark ha combattuto a lungo la mancanza di legislazione e gli interessi dei latifondisti per migliorare le condizioni di vita delle popolazioni e di proteggere la biodiversità della foresta, ideando programmi di difesa del territorio visionari come Visit Amazzonia, che ha attirato migliaia di turisti nei territori protetti così da favorire la creazione di posti di lavoro nel settore accoglienza per gli indios. Ma la sua visione utopistica si è spinta perfino oltre, arrivando a caldeggiare la reunion dei Pink Floyd per un eccezionale concerto in Amazzonia così da convincere il governo brasiliano a istituire una riserva nel luogo che l'eco-guerriero aveva eletto a propria dimora.

Un regista presente

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L'Avamposto: un frame del film

Edoardo Morabito non è un regista invisibile. Pur senza rubare la scena al soggetto del suo documentario, fa sentire la sua presenza intervenendo a più riprese con la sua voce fuori campo per sottolineare l'eccezionalità del personaggio che ha accettato di essere seguito dal suo obiettivo. Da buon utopista, Christopher Clark sogna di lasciare il segno e mentre si sporca le mani aiutando gli indios a spegnere gli incendi che minacciano la foresta, si attacca al computer nel tentativo di comunicare con David Gilmour e Roger Waters per convincerli a sposare la sua causa lasciandosi momentaneamente alle spalle i dissidi che separano i due ex membri dei Pink Floyd. Il tutto lasciando trasparire il suo humor british.

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L'Avamposto: un frame del film

Nonostante la drammaticità della situazione in cui versano gli indios amazzonici, Clark non perde mai il suo aplomb e tra un incontro con le autorità e un videomessaggio a Gilmour (ma lo conosce davvero? Quesito, questo, che aleggia per tutto il film) si ritaglia il tempo per farsi un cocktail nel suo avamposto e progetta concerti epocali nel ben mezzo della foresta. A Christopher Clark non manca certo la caparbietà né la faccia tosta, ma quando prova a esporre il suo progetto a Londra, dove si reca per curare i suoi contatti, la telecamera di Morabito non manca di immortalare volti perplessi e sguardi smarriti nei suoi interlocutori. Il punto di vista del regista sulle gesta dell'eco-guerriero trapela spesso e volentieri restituendo tutta la complessità di un utopista coraggioso e battagliero che ha scelto di non arrendersi di fronte alla realtà dei fatti.

Ritratto complesso di un personaggio fuori dal comune

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L'Avamposto: una foto del film

D'altronde la stessa esistenza di Christopher Clark si fonda su un'utopia. L'avamposto che ha fondato per sottrarre gli indios a traffici loschi, fornendo loro gli strumenti a vivere una vita dignitosa in perfetto connubio tra natura e modernità è un organismo vacillante. Basta un incendio o una legge promulgata dal politico sbagliato per mettere a repentaglio tutto ciò che l'attivista scozzese ha costruito con fatica in trent'anni di vita. E lui, che ne è consapevole tanto quanto Morabito, compie un'operazione politica sfruttando il film che ne ritrae le gesta come cassa di risonanza (e come risorsa economica) per realizzare il suo progetto.

L'ingresso dello spettatore nella giungla a bordo di una canoa che solca le onde rappresenta così l'immersione in una personalità tanto eccezionale quanto ambigua e sfuggente nel suo operato. Eroe o pazzo? L'enigma su Christopher Clark non viene sciolto neppure dopo la sua morte e L'avamposto fa ciò che ogni buon film dovrebbe fare: più che fornire risposte, solleva quesiti che starà allo spettatore sciogliere.

Conclusioni

L'avamposto è un documentario on the road su un personaggio fuori dal comune. Il film di Edoardo Morabito distribuito da Luce Cinecittà accende i riflettori sull'eco-guerriero scozzese Christopher Clark e sul suo progetto utopistico di salvare una fetta di Amazzonia organizzando un concerto dei Pink Floyd nel cuore della giungla. Ritratto appassionante di una figura complessa sviscerato attraverso il punto di vista di un regista puntuale e partecipe.

Movieplayer.it
3.5/5
Voto medio
4.7/5

Perché ci piace

  • L'eccezionalità del personaggio di Christopher Clark.
  • La complessità del ritratto che restituisce tutta la problematicità delle scelte dell'eco-guerriero.
  • Il punto di vista del regista che emerge chiaramente.
  • Tutto ciò che a fare coi Pink Floyd.

Cosa non va

  • Alcune testimonianze sembrano mettere in discussione i tentativi di Christopher Clark di realizzare la sua utopia, gettando ombre sulla sua serietà.