L’amore secondo Dalva, la recensione: ritratto di una “ragazza interrotta”

La recensione del film L'amore secondo Dalva: l'esordio alla regia di Emmanuelle Nicot disegna il coinvolgente ritratto di un'adolescente sottratta agli abusi di un padre pedofilo.

L’amore secondo Dalva, la recensione: ritratto di una “ragazza interrotta”

L'irruzione del mondo esterno, incarnato da un manipolo di poliziotti, nel microcosmo chiuso e malato di un rapporto padre/figlia dai connotati mostruosi: è l'incipit del lungometraggio d'esordio della regista e sceneggiatrice francese Emmanuelle Nicot, presentato all'interno della Semaine de la critique al Festival di Cannes 2022, dove è stato insignito del premio FIPRESCI. Come illustreremo nella nostra recensione de L'amore secondo Dalva, il film della Nicot opta per raggiungere la massima aderenza possibile alla focalizzazione della sua protagonista: la Dalva del titolo, a cui presta il volto la giovanissima Zelda Samson, al suo debutto sullo schermo. Per ottanta minuti è lo sguardo di Dalva, con la sua fierezza inquieta e ferina, ad accompagnare noi spettatori nel suo percorso di 'rieducazione' a una realtà ben diversa da quella vissuta fino ad allora.

L'intensa opera prima di Emmanuelle Nicot

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L'amore secondo Dalva: una scena

La Dalva che conosciamo all'inizio del racconto, infatti, è una sorta di donna-bambina che reagisce con rabbiosa frustrazione al fatto di essere strappata dalle braccia del padre Jacques (Jean-Louis Coulloc'h), l'uomo che per lei è stato un partner idealizzato, piuttosto che una figura genitoriale. Un "rovesciamento di prospettiva" di cui la dodicenne Dalva, cresciuta secondo l'archetipo di Lolita, non percepisce né il carattere di anormalità, né tantomeno l'intrinseca violenza ai propri danni. Da qui il suo difficile inserimento in una casa-famiglia considerata, almeno in principio, alla stregua di una prigione, gli impeti di ribellione e le frizioni con Jayden (Alexis Manenti), il tutore incaricato di occuparsi di lei e con il quale Dalva intesse un legame ambivalente, in cui la tensione cederà progressivamente il posto alla stima e all'affetto.

La nuova vita a dodici anni

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L'amore secondo Dalva: una scena

Attraverso un registro naturalistico che si mantiene a debita distanza dalle tentazioni didascaliche, L'amore secondo Dalva si propone dunque come l'immersione in uno spaccato di adolescenza contrassegnato dal conflitto e dalla scoperta: il conflitto fra un prima e un adesso, che costringerà la protagonista a ridefinire la propria idea di sé; e la scoperta della relazione con i coetanei, dalla routine scolastica alle ovvie pulsioni trasgressive, passando per l'amicizia con la volitiva Samia (Fanta Guirassy), affascinata dal carattere indomito di Dalva. Sempre in bilico tra un futuro tutto da scrivere a un passato da cui prendere per sempre le distanze, come la esorterà a fare il suo stesso padre-aguzzino, durante quell'incontro in carcere in cui si consuma una delle scene più incisive e di maggior impatto del film.

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L'amore secondo Dalva: una scena

Seguendo un percorso tutto sommato lineare, e con il merito di evitare il ricorso a pietismi o svolte forzate, l'esordio di Emmanuelle Nicot si mantiene ancorato a un rigoroso realismo e all'assoluto rispetto per la sensibilità e il punto di vista di Dalva: un punto di vista spesso confuso e distorto, com'è inevitabile quando si cerca di mettere a fuoco qualcosa di sconosciuto. Ma è proprio tale confusione a costituire la ragion d'essere del film, la sua sincerità e la sua forza drammatica.

Conclusioni

Opera prima decisamente promettente, L’amore secondo Dalva ci conduce nell’esplorazione di un territorio quanto mai complesso, quello della proverbiale “innocenza violata”, con attenzione, lucidità e profonda coerenza. E al pregevole risultato del lavoro di Emmanuelle Nicot contribuisce in misura essenziale l’eccellente prova d’attrice di Zelda Samson, alle prese con un ruolo a dir poco impegnativo e capace di sfoderare un’intensità tanto spontanea quanto coinvolgente.

Movieplayer.it
3.0/5
Voto medio
3.8/5

Perché ci piace

  • Il senso di realismo e l’attenzione ai dettagli di un film che evita i cliché e le spettacolarizzazioni forzate.
  • L’efficacia nell’affrontare il tema degli abusi sui minori in maniera consapevole e non banale.
  • La mimetica interpretazione di Zelda Samson, in grado di sorreggere tutto il peso emotivo del racconto.

Cosa non va

  • Uno sviluppo sostanzialmente semplice, a cui forse avrebbe giovato l’ampliamento di alcuni percorsi narrativi.