La villa: Robert Guédiguian e la famiglia riunita

Il regista francese firma un film intimo e struggente dall'impianto malinconicamente teatrale. In concorso alla 74. Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia.

La Villa: Robinson Stévenin, Ariane Ascaride e Jean-Pierre Darroussin in un'immagine del film
La Villa: Robinson Stévenin, Ariane Ascaride e Jean-Pierre Darroussin in un'immagine del film

In una baia nei pressi di Marsiglia c'è una villa, proprietà e residenza di un anziano signore ormai in fin di vita. Attorno a lui si riuniscono i tre figli: Angela, attrice attiva a Parigi; Joseph, che frequenta una ragazza molto più giovane; e Armand, l'unico dei tre rimasto a Marsiglia per gestire il ristorante di famiglia. Insieme dovranno fare i conti con il passato e il presente, e con quella casa che ha avuto un ruolo importante nelle loro vite. Mentre i fratelli tirano le somme delle rispettive esperienze, nella medesima zona ha luogo uno sbarco di profughi...

Leggi anche: Venezia 2017: la nostra guida ai 15 film più attesi della Mostra

Mare malinconico

"La calanque de Méjean, nei pressi di Marsiglia, mi ha sempre fatto pensare a un teatro. Le colorate casette incastonate nelle colline sembrano nulla più che facciate, su di esse si affaccia un viadotto i cui treni sembrano giocattoli di bambini; l'apertura sul mare trasforma l'orizzonte in un fondale, come una tela dipinta, soprattutto con la luce invernale quando ormai tutti se ne sono andati. Allora diventa un set abbandonato, malinconico e bellissimo".
Con questa affermazione, che accompagna la scheda de La Villa nel catalogo della 74a Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia, dove il film è stato selezionato all'interno del concorso ufficiale, il cineasta francese Robert Guédiguian (per la prima volta presente al Lido nella corsa al Leone d'Oro) spiega in parte le tematiche del suo nuovo lavoro ma anche il fascino peculiare che può avere sullo schermo la sua città, quella Marsiglia che nella filmografia del regista ha sempre contribuito al ritratto di una Francia lontana dalla centralità delle località parigine che caratterizzano molte produzioni transalpine. Una città portuale, dove il ritrovo di una famiglia si sovrappone all'argomento attuale dei profughi. Guarda caso, una premessa simile è alla base dell'ultimo lungometraggio di Michael Haneke, Happy End, presentato a Cannes pochi mesi prima del debutto veneziano de La villa. Differiscono però gli intenti: laddove il regista austriaco, notoriamente "crudele" e interessato alla distruzione dell'unità famigliare, porta avanti un progetto che rasenta il nichilismo, Guédiguian ha un occhio più umano e ottimista, dedito alla riappacificazione.

Leggi anche: Happy End, la nostra recensione

Parenti, non serpenti

La Villa: Robinson Stévenin, Ariane Ascaride e Jean-Pierre Darroussin in una scena del film
La Villa: Robinson Stévenin, Ariane Ascaride e Jean-Pierre Darroussin in una scena del film

Guédiguian costruisce il suo racconto, dall'impostazione volutamente ma non visibilmente teatrale, intorno ai volti noti del suo cinema, in particolare i tre attori-feticcio Ariane Ascaride (moglie del regista nella vita), Jean-Pierre Darroussin e Gérard Meylan. Tre interpreti che, nel contesto di una riflessione sull'evoluzione personale in ambito famigliare, consentono all'autore de Le passeggiate al Campo di Marte e Le nevi del Kilimangiaro di meditare anche sul proprio percorso artistico, con un'intuizione intertestuale azzeccatissima e commovente: un flashback sulla gioventù dei tre fratelli, costituito da materiale tratto da un film precedente con gli stessi attori, Ki lo sa?. Il passato collide col presente in modo creativo e senza risultare straniante, dando l'impressione di un vero vissuto comune da un lungometraggio all'altro e traducendo sullo schermo la vera alchimia professionale e personale tra Ascaride, Darroussin e Meylan con risultati che difficilmente lasceranno indifferenti i cinefili.

La Villa: Anaïs Demoustier in una scena del film
La Villa: Anaïs Demoustier in una scena del film

Dalle loro interazioni sentite e realistiche nasce un affresco intimista e al contempo gigantesco, con un ambiente marsigliese quasi fuori dal tempo a fungere da teatro atipico per l'ennesima, grande reunion di una troupe in mano ad un regista che ha sempre saputo raccontare con delicatezza ed empatia l'esistenza umana e l'importanza della dignità in un mondo sempre più crudele. Non a caso Darroussin ha recitato anche in quel gioiello franco-nordico che è Miracolo a Le Havre di Aki Kaurismäki, e ora, tornato a casa, è nuovamente al servizio di un cineasta che, pur cedendo occasionalmente a una messa in scena un tantino "accademica", è capace di regalare grandi emozioni combinando una buona padronanza dello strumento filmico, un'intesa impeccabile con il cast e una coerenza etica indiscutibile.

Movieplayer.it

4.0/5