La sala professori, la recensione: la scuola di Leonie Benesch per un film magnifico (e politico)

La recensione de La sala professori: İlker Çatak sceglie l'universo di una scuola tedesca per raccontare un mondo polarizzato e conflittuale. Splendido ritmo, splendida colonna sonora, splendida la protagonista, Leonie Benesch. Il film rappresenta la Germania agli Oscar 2024.

La sala professori, la recensione: la scuola di Leonie Benesch per un film magnifico (e politico)

La sala professori di İlker Çatak, oltre essere un film splendido, mette in scena, fin dalla costruzione della protagonista, una serie di meravigliose contraddizioni. E qui, in apertura di recensione, la digressione è obbligatoria: in un mondo che punta alla perfezione snervante e al mantenimento dello status quo (a qualunque costo), Çatak - l'unico "moro" della sua classe in Germania - cerca in ogni momento una costante conflittualità, riversando ossessioni e nevrosi moderne in un formato visivo 4:4 che non lascia spazio, e anzi ingloba lo spettatore in una storia che si ramifica in una serie di piccoli dettagli, nonché di scelte che determinano l'andamento, eccezionalmente sincronizzato tra la regia, il montaggio e, ovviamente, la sceneggiatura, firmata da Çatak insieme a Johannes Duncker, tedesco cresciuto ad Istanbul.

La Sala Professori
La sala professori: un'immagine di Leonie Benesch

Scelto per rappresentare la Germania agli Oscar 2024, La sala professori (Das Lehrerzimmer in originale, o The Teacher's Lounge come titolo internazionale), infatti, è una sorta di cosmo perfetto e circoscritto, ed è la materializzazione cinematografica di una serie di storie comuni che confluiscono in una vicenda capace di riassumere in modo puntuale i pensieri spaccati di una società mai così divisa, impaurita, anestetizzata e, per di più, impossibilitata ad avere dubbi. La "tolleranza zero" contro l'empatia e la comprensione, le regole contro il buon senso. Tuttavia, se di imperfezione si tratta, la sceneggiatura, attraverso la sua protagonista, punta volutamente al contraddittorio, segnando dunque un passo verso un cinema di forte vicinanza alla realtà.

La sala professori, la trama: chi ha rubato le matite?

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La sala professori: Leonie Benesch in una scena del film
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La sala professori: una scena

E İlker Çatak, nella sua regia fluida, che si aggira tra i corridoi e le aule di una scuola, non perde mai di vista la professoressa Carla Nowak, interpretata da Leonie Benesch. Insegna matematica e di educazione fisica in una seconda media, è idealista, e mantiene un professionale distacco con gli altri insegnanti. La segue, nei primi piani, di spalle, nei campi larghi, mettendo in risalto i colori tenui di una scenografia quanto mai protagonista (fin dal titolo). La scuola è il filo conduttore, e allora ne La sala professori va in scena il teatro di un piccolo, grande dramma: c'è un ladro (o una ladra), che sottrae denaro dai portafogli, così come rubacchia accessori di cancelleria. "Cosa dovranno mai farci con mille matite?", si chiede il professor Thomas Liebenwerda (Michael Klammer), che sposa la linea dura della preside (Anne-Kathrin Gummich). Tolleranza zero, quindi. Anzi, sotto-zero. Tanto che i professori, con una sconcertata Carla, non si sottraggono a metodi poco nobili per scoprire il colpevole dei furti. Intenta a far luce sulla situazione, dubitando dell'onestà degli stessi insegnati, Carla lascia accesa la webcam del suo computer, scoperchiando una verità (forse solo apparente?) capace di alterare l'equilibrio della scuola.

Un film di alta classe

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La sala professori: Leonie Benesch in una scena del film

L'equilibrio, appunto. Quello seguito da Carla, durante le sue lezioni, e l'equilibrio che si infrangerà in un ritmo narrativo che si rifà, quasi, alle sfumature di thriller. Ilker Çatak tiene le redini della storia, mutando, di secondo in secondo, l'umore di una storia emotiva, in cui le conseguenze si legano alle scelte dei personaggi, tra ipocrisia e soggettività, portando in superficie una battaglia in cui non ci sono né vincitori né vinti (e il regista ha dichiarato che per tono si è ispirato a Diamanti Grezzi dei Safdie Brothers, il che gli fa guadagnare un punto). Un film che resta fermo, ma intanto si muove in avanti, guardando al guizzo, all'irrimediabilità di una situazione in cui si riassume la stessa società al di fuori della scuola. Un pretesto, quello scolastico, e una storia marcatamente politica nella sua accezione, dove Çatak rivede i confini della democrazia e dell'intolleranza, senza però alzare i decibel, o rimarcando troppo.

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La sala professori: un momento del film

A proposito di decibel, se La sala professori si struttura interamente sulla performance di Leonie Benesch, è la colonna sonora di Marvin Miller a modulare le frequenze: come in un thriller, la musica altera la nostra percezione, dettando le tempistiche e, addirittura, decidendo lo spazio d'azione, in cui Carla - di cui sentiamo il fiato corto - finisce per incastrarsi, pagando il suo stesso idealismo, inficiato da una contraddizione figlia di una scelta che si rivela incontrollabile. Un'idealismo che vorrebbe aspirare alla rivoluzione, ma che finisce per sbattere dolorosamente con una realtà che miscela figli e genitori, insegnanti e controllori. Un melting pot di profili, di etnie, di sguardi. Ognuno per sé, per un'individualismo pericoloso, incapace di ascoltare e di capire, vivendo di conflitti - interni ed esterni - che si riversano nella sacralità di una scuola, luogo di formazione, di conoscenza, di educazione. Luce calda e fotografia in grani, La sala professori di İlker Çatak è un film magnifico, e come ogni film di alta classe, resta sedimentato e immortalato nel finale. Tanto rivelatorio quanto amaro. Applausi.

Conclusioni

Un ritmo teso, da thriller, tenuto costantemente dal regista, legandosi tanto alla colonna sonora quanto alla prova di Leonie Benesch. La sala professori, come scritto nella recensione, è un film splendido, che re-inventa un microcosmo preciso all'interno di una scuola, per riassumere così la conflittualità moderna che schiaccia l'idealismo e la verità.

Movieplayer.it
4.0/5
Voto medio
4.2/5

Perché ci piace

  • Il tono tenuto dal regista.
  • La colonna sonora.
  • La bravura di Leonie Benesch.
  • La metafora sociale.

Cosa non va

  • Potremmo aver poco da segnalare: forse potrebbe lasciar delusi coloro che cercano l'oggettività della vicenda.