La ragazza del treno: la memoria è bugiarda per Emily Blunt

Il regista Tate Taylor porta sul grande schermo l'adattamento del best seller di Paula Hawkins, con Emily Blunt protagonista assoluta nel ruolo di una donna alcolizzata coinvolta in un inquietante mistero: il risultato è un thriller illustrativo che ripropone l'intreccio del romanzo in maniera piuttosto superficiale.

È un paragone probabilmente impietoso, ma immediato e inevitabile, quello fra La ragazza del treno, trasposizione dell'omonimo romanzo di Paula Hawkins, e L'amore bugiardo - Gone Girl, capolavoro (non certo l'unico) di David Fincher uscito nelle sale americane esattamente due anni prima. Un paragone inevitabile non solo per i motivi più evidenti: in entrambi i casi ci troviamo di fronte a un thriller, in entrambi i casi il plot è incentrato su un'affascinante gone girl dalla vita apparentemente perfetta, in entrambi i casi la fonte letteraria è un best seller firmato da una scrittrice contemporanea.

La ragazza del treno: Emily Blunt e Justin Theroux in una scena del film
La ragazza del treno: Emily Blunt e Justin Theroux in una scena del film

De L'amore bugiardo, autentica folgorazione dell'autunno 2014, si è già scritto e detto tantissimo, com'è giusto quando ci si trova di fronte a un film capace di adottare i meccanismi del genere di appartenenza per decostruirli, rovesciarli e rinnovarli con una sagacia così sorprendente. Non ambisce a vette tanto alte, invece, la pellicola diretta da Tate Taylor, regista noto finora per il dramma sul razzismo The Help e per il biopic su James Brown Get on Up.

Amori bugiardi e ragazze scomparse

La ragazza del treno: Rebecca Ferguson e Justin Theroux in una scena del film
La ragazza del treno: Rebecca Ferguson e Justin Theroux in una scena del film

Cos'altro hanno in comune, dunque, L'amore bugiardo della coppia David Fincher/Gillian Flynn (quest'ultima, ricordiamolo, anche sceneggiatrice) e La ragazza del treno del duo Taylor/Hawkins? Il tratto distintivo dello storytelling: non solo l'utilizzo di una focalizzazione del tutto interna e soggettiva, ma una ripartizione dei punti di vista di un racconto che, di volta in volta, adotta la prospettiva di un diverso personaggio. Se tuttavia nel film di Fincher tale ripartizione si tramutava in un gioco metanarrativo finissimo, vertendo su una riflessione più ampia a proposito della scrittura come strumento di deformazione e ricomposizione della realtà stessa, ne La ragazza del treno l'espediente delle prospettive multiple si limita a sostenere i meccanismi canonici del whodunit; e se assumeva sfumature più interessanti nel romanzo della Hawkins, senz'altro sopravvalutato ma dotato comunque di qualche idea stimolante, nel film di Tate Taylor tale espediente risulta drasticamente appiattito, tanto da non generare mai un vero "corto circuito" fra le tre focalizzazioni proposte.

La ragazza del treno: Haley Bennett in una scena del film
La ragazza del treno: Haley Bennett in una scena del film
La ragazza del treno: Luke Evans in una scena del film
La ragazza del treno: Luke Evans in una scena del film

I punti di vista in questione corrispondono a quelli dei tre personaggi femminili della storia: Rachel Watson (Emily Blunt), una donna reduce da un doloroso divorzio e con problemi di alcolismo, che ogni giorno percorre in treno il tratto dalla provincia verso il centro urbano; Megan Hipwell (Haley Bennett), moglie di Scott (Luke Evans), una giovane coppia che Rachel osserva quotidianamente dal finestrino del treno; e Anna Boyd (Rebecca Ferguson), nuova consorte di Tom Watson (Justin Theroux), l'ex marito di Rachel, e vicina di casa degli Hipwell. Quando, una notte, Megan scompare nel nulla, la polizia sospetta che possa essere stata vittima di un atto di violenza e Rachel, credendo di aver visto qualcosa di importante, decide di contattare Scott. Il film alterna queste tre prospettive, inserendo tramite brevi flashback quella di Megan e concedendo la maggior parte dello spazio a Rachel, che trova in Emily Blunt un'interprete più che all'altezza di un personaggio così travagliato.

(Non) so cosa hai fatto: fra memoria e illusione

The Girl on the Train: Emily Blunt in mezzo a una folla di passeggeri
The Girl on the Train: Emily Blunt in mezzo a una folla di passeggeri

C'è però almeno un altro elemento di fascino nell'intreccio intessuto dalla Hawkins e restituito in maniera fin troppo pedissequa dalla pellicola di Taylor: la centralità della memoria. Una memoria imperfetta, gravata da amnesie selettive e da ricordi ingannevoli, che per gli spettatori più cinefili innescherà una spontanea connessione con Io ti salverò, magistrale thriller di Alfred Hitchcock che proprio nei "buchi neri" e nelle distorsioni dell'inconscio identificava il proprio motore di tensione. Ma purtroppo, i punti di forza del libro della Hawkins (per il resto inferiore rispetto allo splendido romanzo di Gillian Flynn) non vengono sfruttati al meglio dalla sceneggiatura di Erin Cressida Wilson (Secretary), che si mantiene ad un livello superficiale senza scavare in profondità nei drammi interiori delle tre comprimarie, e soprattutto riduce al minimo lo spazio e lo spessore dei personaggi secondari, come lo psichiatra Kamal Abdic di Edgar Ramirez e il detective Riley di una Allison Janney ben poco sfruttata.

La ragazza del treno: Emily Blunt in un momento del film
La ragazza del treno: Emily Blunt in un momento del film

L'altro tallone d'Achille de La ragazza del treno è costituito dalla regia di Tate Taylor: molto più a suo agio con l'impostazione 'classica' e sobria di un film come The Help (in cui però poteva contare su uno script assai più convincente), alle prese con il thriller Taylor tenta di ricorrere a virtuosismi che appaiono però forzati e patinati, non riuscendo a sopperire ai difetti del copione in termini di caratterizzazioni e di gestione della suspense. Privo della complessità così come della sottile, ambigua perversione de L'amore bugiardo (eppure qualche spunto c'era eccome), La ragazza del treno dissipa in fretta le discrete premesse dei primi minuti, scivolando infine verso un epilogo abbastanza prevedibile (perlomeno per gli spettatori/lettori più scafati) e restituito senza l'adeguata intensità (e anzi, con un tocco gore alquanto stonato). E i modelli di paragone restano inarrivabili: Fincher, al confronto, è lontanissimo, di Hitchcock & company non vi è alcuna traccia.

Movieplayer.it

2.5/5