Recensione Panic Room (2002)

Una straordinaria Jodie Foster prigioniera di sé stessa e un piccolo omaggio ad Alfred Hitchcock: in 'Panic Room' l'enfant prodige David Fincher punta il dito contro il divario tra diverse realtà sociali.

La porta sull' incubo

Diverso dal precedente Fight Club di cui non ha la stessa sorprendente originalità, Panic Room è più un divertissement non privo di virtuosismi tecnici, splendida fotografia, ottima recitazione, con il quale l'enfant prodige David Fincher si diverte a strizzare l'occhio al maestro indiscusso della suspence, Alfred Hitchcock : gli splendidi titoli di testa, realizzati in maniera impeccabile, ricordano un pò quelli creati da Saul Bass per Intrigo Internazionale e il finale, con l'ex marito di Meg Altman, bloccato su una sedia, che abbaglia uno dei rapinatori, è una brillante citazione a La finestra sul cortile.
Fincher, però non annulla sè stesso in favore di Hitchcock e a discapito del film (come è successo per il controverso Le verità nascoste di Robert Zemeckis) e dirige un film splendido e molto personale dal punto di vista tecnico.

Impossibile non lasciarsi conquistare dai colori base della fotografia: quel verde gelido, insaturo che distingue buona parte delle opere di Fincher, e che incredibilmente non uccide il colore ma lo esalta in modo tale da creare lo scenario ideale in cui i personaggi si muovono a rappresentare un ipotetico, violento gioco di scacchi basato sugli istinti primordiali . In Seven si parlava di sette fondamentali caratteristiche del lato oscuro del genere umano, in Fight Club , tra le altre cose, si affronta il tema del cambiamento radicale del maschio e dei suo compiangersi per la perduta virilità, in Panic Room il tema principale è l'istinto di sopravvivenza: l'unica fiammella di sentimenti brucia tra madre e figlia, ma credo che questo si debba all'interpretazione eccellente di una straordinaria e magnetica Jodie Foster , più che alla regia di Fincher, attorno a loro prevalgono solo gli istinti primordiali dell'uomo, mai del tutto sopiti; allo stesso tempo, pur essendo il cinema di Fincher algido e cinico, non è privo di emotività.

La panic room del film, pochi metri quadrati di pura claustrofobia, imprigiona Meg Altman e sua figlia, isolandole dal mondo esterno altro non è che un' accusa di Fincher ai malesseri della società moderna: come in Fight Club gli uomini tendono a ghettizzarsi, o nel caso di Panic Room, a chiudersi in prigioni sofisticate di cui loro stessi sono i carcerieri, isolandosi dal mondo esterno, e dalle sue diverse problematiche. I tre uomini che fanno irruzione in casa di Meg appartengono a realtà sociali diverse, tra di loro c'è un padre di famiglia, con un lavoro onesto e c'è anche chi vive solo di crimine, tutte persone molto diverse da Meg eppure quando tra loro inizia il gioco del gatto con il topo le differenze sociali si annullano in nome dei loro istinti: inizialmente Meg e la figlia sembrano essere vittime dei tre intrusi, poi Fincher cambia abilmente l'ordine del gioco ed inverte più volte le loro parti, e la violenza che esplode nottetempo in quella casa signorile ed elegante di Manhattan sembra armarsi delle mani e dei pensieri di tutti. Nessuno escluso.

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4.0/5