Recensione Dream (2008)

Il cinema di Kim Ki-duk trova una nuova dimensione onirica in questo Dream, una favola cupa d'amore e morte che insinua dubbi e instilla tormento nello spettatore.

L'incubo d'amore di Kim Ki-duk

"Un giorno ho fatto un sogno: stavo dormendo nella mia macchina mentre un amico guidava per me, quando abbiamo avuto un incidente. Stranamente al mio risveglio, ho avuto la sensazione di essere stato io a causarlo. Non ero ancora completamente sveglio quando ho cominciato a scrivere questa storia. Lo stato a metà tra la veglia e il sonno potrebbe essere un sogno o un incubo. Come quando camminiamo per la strada della vita: incontriamo gente che siamo destinati a incontrare e non c'è modo di evitare che i percorsi si incrocino". Kim Ki-duk

Ancora una volta il dolore come sublimazione dell'amore tra uomo e donna: è il tradimento a scatenare le declinazioni più estreme della rabbia e della follia, l'ineluttabilità del destino a dettare le regole del gioco, l'arte insieme ai colori e alle luci della città gli unici spiragli di salvezza. Ma stavolta è il sogno (o l'incubo, a seconda delle interpretazioni) ad ossessionare e a cadenzare il delirio immaginifico del cinquantenne regista sud-coreano: il sogno di un amore eterno, il sogno come oasi in cui si materializzano nel nostro inconscio paure e desideri nascosti, in cui prendono corpo stranezze e paradossi, un mondo parallelo in cui tutto diviene possibile e plausibile, una dimensione spazio-temporale in cui poter incontrare chiunque e qualunque cosa, in cui per una strana forma di telepatia si può arrivare persino a condividere lo stesso dolore con altri. Per il maestro Kim Ki-duk il sogno diviene tutt'uno con la realtà fino alle estreme conseguenze, si materializza fino a condizionare l'esistenza di chi lo vive, a provocare azioni incontrollate accompagnate da una lenta ed inesorabile metamorfosi fisica e mentale. Un viaggio verso la libertà, verso la felicità, verso il perdono, un percorso lungo e tortuoso che accompagna la fine di ogni storia d'amore, che costringe ogni amante ferito al confronto con gli errori del passato e lo conduce attraverso la ricerca di nuovi stimoli e nuove passioni sino alla fatidica liberazione. Nei casi più disperati alla morte.

Jin è un artista nell'intagliare il legno, Ran cuce abiti coloratissimi e soffre di una grave forma di sonnambulismo. Entrambi vivono in una casa che è anche il loro laboratorio creativo, un ambiente intimo e silenzioso in cui entrare in contatto con la propria anima. L'uno ignora l'esistenza dell'altra fino a quando una notte Jin non si sveglia di soprassalto dopo aver sognato un incidente stradale da lui provocato. Turbato dall'estremo realismo dell'esperienza vissuta esce, prende la macchina e si reca nel luogo incriminato scoprendo una tragica realtà: l'incidente è avvenuto davvero ma a provocarlo è stata Ran che però non ricorda assolutamente di essere uscita di casa. Le prove schiaccianti della polizia costringeranno i due ragazzi a fare i conti con una incredibile verità: quel che Jin sogna di notte Ran lo mette in pratica durante le sue crisi. L'analisi del caso con un esperto rivelerà che i due giovani si trovano agli 'opposti dello spettro' a causa di una storia d'amore irrisolta: Jin è ancora profondamente innamorato della sua ex-fidanzata, la sogna ogni notte nelle situazioni più disparate mentre Ran tenta di dimenticare un uomo che detesta e che per colpa di Jin è costretta a sognare ogni notte. Amore e odio, due forze uguali e contrarie che nel sonno uniscono due destini fino a schiacciarli l'uno contro l'altro. Non servirà flagellarsi di dolore per evitare di dormire e salvare l'altro, né dormire a turno o ammanettarsi l'uno all'altra per evitare le estreme conseguenze di quest'assurda simbiosi. La soluzione sta nel perdersi in un unico grande e profondo desiderio di amare ancora, in questa o in un'altra vita.

Non c'è sonno che distingua la notte dal giorno, non c'è amore che sia bianco o nero, non c'è vita che si nutra solo di realtà o solo di sogni. Il cinema di Kim trova una nuova dimensione onirica in questo Dream, una favola cupa d'amore e morte che insinua dubbi e instilla tormento nello spettatore, che lo accarezza per un'ora accompagnandolo in un viaggio incoerente e surreale tra due dimensioni portandolo sulla vetta più alta per poi lasciarlo cadere nel vuoto verso la fine, quando arriva di colpo la svolta e il cineasta sferra il colpo del k.o. con una veemenza agghiacciante.
E' questo il cinema di Kim Ki-duk: sorprendente, sadico, crudo, eccentrico, irrisolto e irrisolvibile, deliziosamente incoerente, sregolato, angosciante, sempre meno lineare, sempre meno classificabile, sempre più suggestivo. Tante le lacune di sintassi, diverse le ingenuità di scrittura e forse qualche banalità di troppo nella costruzione della storia, errori che da uno come lui non ti aspetti; ma alla fine questo Dream è solo l'accezione più profonda della cinematografia di questo straordinario autore. E' poesia pura, è doloroso silenzio, è emozione, è scontro-incontro con la psiche, è sensazione, è un contatto quasi fisico con i sentimenti e con i personaggi, è l'amore narrato con un linguaggio assai diverso da quello cui siamo abituati noi occidentali, più elevato, più vivido, di un'autenticità quasi disarmante.

Cinema d'autore senza mezze misure quello racchiuso in Dream, per molti, ma non per tutti. Chi ama Kim Ki-duk lo amerà ancora di più dopo questo film, chi lo giudica in declino commette una sconsiderata leggerezza.

Movieplayer.it

4.0/5