L’appartamento di Billy Wilder: Lemmon, MacLaine e l’importanza di essere umani

Nel suo film capolavoro L'appartamento Billy Wilder racconta il dilemma fra carriera e sentimenti, firmando una delle migliori commedie romantiche nella storia del cinema.

"Lo specchio è a pezzi." "Oh, sì, lo so. Mi piace così: mi ci vedo come mi sento."

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L'appartamento: Jack Lemmon e Shirley MacLaine in una scena

Nel 1934, il cosiddetto Codice Hays aveva imposto delle rigorose linee guide agli studios hollywoodiani su cosa fosse opportuno mostrare all'interno di un film, ma soprattutto su cosa non dovesse essere mostrato: a partire da quella data, ogni elemento potenzialmente problematico rispetto alla morale comune avrebbe dovuto essere bandito o, tutt'al più, abilmente mascherato per far sì che una pellicola ottenesse un'ampia distribuzione nelle sale. Ma fin dal decennio successivo uno dei registi più irriverenti d'America, Billy Wilder, avrebbe sfidato a più riprese tali restrizioni, imbarcandosi in una "singolar tenzone" con il Codice Hays che, nel 1960, lo avrebbe visto realizzare una delle sue pellicole più celebrate: L'appartamento.

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L'appartamento: un'immagine promozionale di Jack Lemmon, Shirley MacLaine e Fred MacMurray

Ennesimo frutto del sodalizio fra Billy Wilder e il suo co-sceneggiatore di fiducia, I.A.L. Diamond, L'appartamento debutta negli Stati Uniti il 30 giugno 1960, registrando un immenso successo. La tenerissima storia d'amore fra il contabile C.C. Baxter di Jack Lemmon e la graziosa ascensorista Fran Kubelik, interpretata da Shirley MacLaine, entra da subito nel cuore del pubblico, vincerà cinque premi Oscar e sarà consacrata fra i maggiori capolavori di sempre (l'American Film Institute la inserirà nella lista dei cento titoli più importanti di tutti i tempi). Se da un lato L'appartamento costituisce dunque una delle vette della produzione wilderiana, da un punto di vista storico si tratta di un'opera-chiave per comprendere la svolta del cinema americano e il cambiamento culturale in atto all'alba degli anni Sessanta.

Una commedia tabù fra sesso e adulterio

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L'appartamento: Jack Lemmon nella scena della racchetta

Si tratta di un dato molto significativo: pur avendo già in mente questo soggetto da diverso tempo, dieci anni prima Billy Wilder avrebbe avuto parecchia difficoltà a trasformarlo in un film. La trama de L'appartamento ruota infatti attorno ad aspetti che, nella puritanissima America degli anni Quaranta e Cinquanta, sarebbero risultati decisamente controversi: l'abitudine del protagonista C.C. Baxter, di concedere il proprio appartamento per favorire le scappatelle dei colleghi e la relazione sentimentale del personaggio di Fran Kubelik con un uomo sposato, il capo del personale Jeff Sheldrake (Fred MacMurray, beniamino dei "film per famiglie" qui in un insolito ruolo sgradevole). Promiscuità e adulterio: due "patate bollenti" per chiunque volesse ricevere l'imprimatur del Motion Picture Production Code.

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L'appartamento: Shirley MacLaine e Jack Lemmon in ascensore
Celia Johnson e Trevor Howard in una scena di BREVE INCONTRO
Celia Johnson e Trevor Howard in una scena di BREVE INCONTRO

Nel 1942, per esempio, la scelta di Ilsa Lund di partire con il marito Victor Laszlo anziché restare con Rick Blaine era l'unico epilogo possibile per Casablanca: in un clima culturale volto a preservare i valori dell'American way of life, l'adulterio non era ammesso o andava 'punito', mentre la fine di un film doveva obbligatoriamente rinsaldare il sacro vincolo del matrimonio. Una parziale trasgressione era stata rappresentata dal britannico Breve incontro, diretto da David Lean nel 1945 e distribuito con successo negli Stati Uniti l'anno seguente: la cronaca dell'amore platonico fra un uomo e una donna, entrambi sposati con altre persone. Non a caso Breve incontro fungerà da fonte d'ispirazione per Wilder, che nel frattempo non si era fatto mancare la sua buona dose di frizioni con il Codice Hays.

A qualcuno piace caldo: nessuno è perfetto, ma il film di Wilder lo è

Billy Wilder e l'indiscreto fascino del peccato

Fred Macmurray And Barbara Stanwyck In Double Indemnity
La fiamma del peccato: Fred MacMurray e Barbara Stanwyck in una scena del film

La filmografia wilderiana, del resto, è imperniata sul fascino dell'illecito e sulle contraddizioni morali dei personaggi, ed era inevitabile che il regista austriaco diventasse un "sorvegliato speciale" dei censori di Hollywood. Nella sua prima regia americana, Frutto proibito (1942), Ginger Rogers si fingeva una minorenne per non pagare il biglietto di un treno, attirandosi però diverse attenzioni maschili; nel capolavoro noir La fiamma del peccato (1944) i due protagonisti non si limitavano all'adulterio, ma arrivavano a pianificare e commettere un omicidio; in Viale del tramonto (1950), la relazione gerontofila di Joe Gillis con Norma Desmond implica una sorta di prostituzione maschile; mentre Quando la moglie è in vacanza (1955) rendeva la prorompente Marilyn Monroe l'oggetto per antonomasia di desideri extraconiugali.

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A qualcuno piace caldo

Nel 1959, per Billy Wilder e il Codice Hays giunge l'ora della resa dei conti: ad A qualcuno piace caldo viene negato il visto del Production Code a causa di due elementi ritenuti intollerabili, il travestitismo maschile e le implicite allusioni all'omosessualità (che in sostanza si riducono al memorabile "Nessuno è perfetto" in chiusura). Ciò nonostante, il film si rivela uno dei maggiori campioni d'incassi dell'annata, dimostrando di fatto che il Codice Hays aveva perso quasi del tutto il proprio potere (nel 1968 sarebbe stato definitivamente abolito). Quando, pochi mesi più tardi, L'appartamento approda nei cinema, la United Artists non esiterà a sfruttare la natura in apparenza licenziosa del racconto, inclusa la malizia della tagline sulla locandina: "Improvvisamente, l'inverno scorso, lui scoprì che il suo appartamento veniva usato per qualcosa di malvagio" (una parodia della tagline di Improvvisamente l'estate scorsa).

La fiamma del peccato: come Billy Wilder ha reinventato il cinema noir

Dignità e compromessi

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Billy Wilder con i premi Oscar per miglior film, regia e sceneggiatura per L'appartamento

Se oggi aspetti del genere sarebbero considerati assolutamente innocui, nel 1960 una pellicola come L'appartamento poteva destare ancora un certo scandalo. Ma a parte gli strali di qualche voce più conservatrice, il responso per il film sarà un autentico plebiscito: la commedia di Wiler concorre al Festival di Venezia, dove Shirley MacLaine viene insignita della Coppa Volpi, e vince tre Golden Globe (miglior film, attore e attrice) e dozzine di altri trofei. All'edizione degli Academy Award 1960, L'appartamento si presenta come l'indiscusso favorito con dieci nomination e si aggiudica cinque premi Oscar: miglior film, regia, sceneggiatura, montaggio e scenografia. Stavolta, la commistione creata da Wilder e Diamond fra humor, dramma e romanticismo mette d'accordo tutti, dando vita ad un'opera praticamente perfetta nel suo connubio fra l'eleganza classica della narrazione e l'estrema lucidità nella descrizione dei caratteri.

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L'appartamento: Jack Lemmon, Shirley MacLaine ed Edie Adams in una scena
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Shirley MacLaine in una scena de L'appartamento

I protagonisti de L'appartamento, come molti personaggi del cinema di Wilder, sono messi di fronte a compromessi morali che li collocano in una posizione non semplice: per Baxter, il compromesso consiste nella complicità con i suoi superiori, ai quali lascia usare la propria abitazione allo scopo di fare carriera; per Fran si tratta di continuare la sua segreta frequentazione con Sheldrake nella speranza che l'uomo, come promesso, lasci la moglie. Entrambi, seppure da prospettive differenti, dovranno confrontarsi con la propria dignità personale, decidendo fino a che punto piegarsi al compromesso. In tal senso Baxter e Fran sono due figure speculari, sottoposte loro malgrado ai meccanismi sociali che si riflettono nella struttura gerarchica della compagnia di assicurazioni per cui lavorano, e nella disposizione verticale di quell'ufficio che fa da cornice alla maggior parte dei loro rapporti sociali.

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"Perché è così che gira il mondo"

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L'appartamento: Jack Lemmon in una scena

A permettere a Baxter e Fran di guadagnarsi la partecipazione dello spettatore è la coscienza, talvolta dolorosa, alla base delle loro scelte, e la conseguente riluttanza a mantenerle fino in fondo. Il nostro primo incontro con C.C. Baxter avviene attraverso un'immagine emblematica: un campo lungo sulla sterminata sala, gremita di scrivanie, al diciannovesimo piano di un grattacielo di New York. Un microcosmo regolato da dinamiche di potere a cui Baxter ha accettato di piegarsi, prestando ai superiori le chiavi del suo appartamento in virtù di un'agognata ascesa professionale: la scalata (letterale) al diciannovesimo piano. Al contempo, Wilder non esita a evidenziare la solitudine che domina la sua vita privata: le interminabili attese nel freddo dicembrino e le cene preconfezionate davanti al televisore, con l'intrusiva presenza della pubblicità (ovvero la legge del mercato).

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L'appartamento: un'immagine di Shirley MacLaine e Jack Lemmon

Se Jack Lemmon, a un anno dalla strepitosa performance comica in A qualcuno piace caldo, dipinge forse il ruolo della vita nei panni di questo everyman impacciato e dall'animo gentile, una magnifica Shirley MacLaine conferisce alla sua Fran una dolcezza e una fragilità a tratti addirittura commoventi. "Dovrei avere imparato, ormai: quando si è innamorate di un uomo sposato non bisogna mettersi il rimmel", osserva malinconicamente la ragazza, divisa fra l'illusione di un rapporto 'rispettabile' con Sheldrake e la consapevolezza di essere destinata al fallimento. "Perché non mi innamoro mai di una persona come lei?", si domanda al cospetto di Baxter; "Perché è cosi che gira il mondo".

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Essere o non essere mensch

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L'appartamento: un'immagine di Jack Lemmon

Sebbene dunque, mediante i codici della commedia, L'appartamento si proponga di indagare i conflitti etici dei due protagonisti, lo sguardo di Wilder non appare tuttavia mai giudicante o moralistico: sia perché caratterizzato dall'inconfondibile ironia dell'autore austriaco ("Vuoi dire che frequenti altre ragazze?"; "Oh, ci mancherebbe! Sono un uomo sposato e felice"), sia perché il cinismo wilderiano non prescinde mai da un profondo senso di empatia. Un'empatia riscontrabile, ad esempio, nel personaggio del dottor Dreyfuss (Jack Kruschen), il medico vicino di casa di Baxter, che lo esorta affettuosamente a prendersi carico delle proprie responsabilità: "Perché non cresce un po', Baxter? Sia un mensch! Conosce il tedesco? Un mensch, un essere umano!".

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Jack Lemmon e Shirley MacLaine ne L'appartamento
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L'appartamento: Jack Lemmon e Shirley MacLaine nel finale del film

È la frase che servirà da bussola morale per Baxter quando, dopo aver conquistato gli status symbol tanto desiderati (l'ufficio al ventisettesimo piano, la chiave della toilette dei dirigenti), non accetterà più di barattarli con la propria dignità, rigettando con pacata fierezza gli ordini di Sheldrake: "Seguo gli ordini del dottore: ho deciso di diventare mensch. Lei conosce il tedesco? Un essere umano". È il preludio a un finale innestato in un congegno narrativo impeccabile: la corsa di Fran la notte di Capodanno, lo sgomento nell'udire quello scoppio che sembra un colpo di pistola e una chiusura di limpida, inarrivabile dolcezza. "Ha sentito cosa ho detto, Miss Kubelik? Io la adoro alla follia!"; "Fa' le carte e poi ridillo", è la replica serafica di Fran, ma in originale la battuta ha un sapore ancora più squisitamente wilderiano: "Shut up and deal", "Sta' zitto e da' le carte".

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