Il signore delle formiche, la recensione: L’amore, i diritti i violati, la società civile

La recensione de Il signore delle formiche, il film con cui Gianni Amelio ripercorre le vicende del caso Braibanti, la prima e unica condanna per plagio del nostro paese.

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Il signore delle formiche: Luigi Lo Cascio in primo piano

Partigiano, poeta, antifascista, drammaturgo, filosofo, scrittore e studioso delle formiche: Aldo Braibanti oltre che un grande intellettuale fu infatti anche un esperto mirmecologo. Così ce lo presenta Gianni Amelio nel film di cui vi parliamo nella recensione de Il signore delle formiche, in sala dall'8 settembre per 01 Distribution, che ne ripercorre l'assurda vicenda giudiziaria, che si sarebbe conclusa nel 1968 con la prima e unica condanna per plagio del nostro paese. Presentato in concorso alla 79° Mostra d'Arte Cinematografica di Venezia, ricostruisce la storia del caso Braibanti, un evento cruciale per la società civile dell'epoca e che tredici anni più tardi avrebbe portato all'abrogazione del reato grazie all'impegno dei Radicali, che Amelio ha voluto omaggiare in un fotogramma con una brevissima apparizione di Emma Bonino. Il signore delle formiche è un film profondamente politico: lo è quando sceglie di puntare il dito contro l'ottusità della discriminazione, o nel momento in cui offre uno spaccato del bigottismo della provincia italiana negli anni '60. E non smette di esserlo neppure nel racconto di quello che fu prima di tutto un amore tragico.

La provincia italiana tra bigottismo e discriminazione

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Il signore delle formiche: Sara Serraiocco, Elio Germano in una scena del film

È l'amore cresciuto nella campagna emiliana del 1959, tra le mura del torrione Farnese di Castell'Arquato dove Aldo Braibanti (Luigi Lo Cascio) aveva fondato un laboratorio artistico destinato a coinvolgere i giovani della provincia piacentina. Il primo incontro tra il poeta e Giovanni Sanfratello (nel film Ettore) avviene tra libri, prove teatrali, lunghe disquisizioni filosofiche e le teche dove Aldo custodisce le formiche che studia, osserva, colleziona. Gianni Amelio ne affida la rievocazione a un lungo flashback, prima di spostare la narrazione a Roma nel 1965 quando inizia un processo destinato a fare scalpore e che si sarebbe chiuso solo quattro anni dopo confermando l'accusa di plagio contro Braibanti e condannandolo a nove anni di reclusione, scesi a due dopo il ricorso in appello a un anno di distanza.

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Il signore delle formiche: Luigi Lo Cascio in una foto

Il reato che gli veniva contestato era quello di aver sottomesso alla sua volontà, sia in senso fisico che psicologico, il suo allievo e successivamente compagno. A stabilirlo era l'articolo 603 del codice penale che puniva "chiunque avesse sottoposto una persona al proprio potere, in modo da ridurla in totale stato di soggezione", in realtà fu solo un modo per normare quella che era un'accusa di omosessualità. A denunciarlo fu la famiglia di Giovanni che spedì il ragazzo in un ospedale psichiatrico per sottoporlo a devastanti elettroshock, la "cura" dell'epoca per "guarire" dall'influsso del "diabolico". Nell'indifferenza dell'opinione pubblica solo un giornalista de L'unità, Ennio (Elio Germano), si impegnerà a sostenerlo e a ricostruire la verità.

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Una storia tragicamente moderna

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Il signore delle formiche: Luigi Lo Cascio in un'immagine

Lontano da facili retoriche Il signore delle formiche affida la narrazione a rigore e compostezza, forse un po' sbilanciato in una prima parte troppo verbosa, ma capace di spiccare il volo nella seconda metà del film, quella del processo che restituisce attraverso le inquadrature fisse dei testimoni nell'aula di tribunale il senso di tutto: la provincia italiana retrograda nella quale ai giovani "fanno male i libri che hanno meno di cento anni" e dove "gli invertiti hanno due strade: o si curano o si ammazzano". L'Italia che da lì a poco sarebbe stata travolta dalla spinta rivoluzionaria del '68 e la straziante deposizione di Ettore, che Leonardo Maltese riesce a portare sullo schermo con misura e stupefacente disincanto.

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Il signore delle formiche: Leonardo Maltese in una scena del film

Luigi Lo Cascio nei panni di Aldo è un intellettuale dallo sguardo commosso e silente, convinto che "voler bene sia la più grande crudeltà"; di straordinaria potenza e verità i duetti con Ennio, scalcinato cronista del giornale di partito a cui Elio Germano regala la sincerità che merita, l'unico ad accorgersi che "con le campane, Gesù Cristo e Padre Pio" l'accusa avrebbe portato a casa la vittoria. "Questo processo è lo specchio del nostro paese retrivo, meschino e criminale", tuona in uno dei suoi slanci alla ricerca di giustizia, con una battuta che rende questa storia tragicamente moderna, un atto di denuncia contro l'omofobia. Con la consapevolezza ieri come oggi che "sta cambiando la gente, ma non chi ha il mano il potere". Chapeau.

Conclusioni

La recensione de Il signore delle formiche non può non concludersi ribadendo la tragica modernità di una storia liberamente ispirata al caso Braibanti. Gianni Amelio ne dà una rilettura tutta sua, personale e quasi autobiografica, realizzando un film sul coraggio di ribellarsi ad ogni forma di discriminazione. Funziona soprattutto la seconda parte della storia, quella in cui tengono banco le testimonianze sul banco degli imputati, su tutte la struggente deposizione del compagno di Aldo, Ettore, interpretato da Leonardo Maltese, piacevole scoperta di questo film. Spiccano i duetti tra Luigi Lo Cascio e Elio Germano.

Movieplayer.it
3.5/5
Voto medio
3.7/5

Perché ci piace

  • La capacità di raccontare uno degli scandali giudiziari del nostro paese con rigore e compostezza.
  • Un film politico sul coraggio dei ribelli, che fa del caso Braibanti una storia straordinariamente moderna, una denuncia contro un paese omofobo.
  • Un cast di interpreti che fa della verità la propria scommessa: Elio Germano, Luigi Lo Cascio e Leonardo Maltese reggono due ore di film senza perdere un colpo.

Cosa non va

  • Una prima parte del racconto troppo verbosa e priva del giusto coinvolgimento emotivo.