Recensione Crash (1996)

Cronenberg si insinua tra le pieghe della fantascienza colta New Wave utilizzandone le convenzioni per perseguire una poetica, come in altri casi, assolutamente personale.

Il sesso senza desiderio

Vaughan, un giornalista scientifico televisivo ricoperto di cicatrici provocatigli da numerosi incidenti, è ossessionato dall'unione della tecnologia automobilistica con quella che scopre essere una sorta di cruda vitalità che fluisce nelle vittime degli incidenti. Attraverso una serie di rapporti sessuali all'interno di veicoli, alla ricostruzione dal vero di incidenti occorsi a personaggi celebri, esami di foto e filmati, coinvolge nella sua ricerca altre persone interessate a percorrere le opportunità di una nuova sessualità offerta all'uomo da quella che si configura come una benigna psicopatologia. Al pari di un nuovo cristo Vaughan rivela ai suoi discepoli la verità, e si avvia verso la nemesi in un'orgia di lamiere, sangue, sperma e olio lubrificante.

Crash, scritto nel 1973, oltre ad essere un romanzo rivoluzionario nella sua forma, è un documento fondamentale di un'epoca di transizione nel rapporto dell'uomo con la macchina, incentrato ossessivamente sull'esplorazione della possibilità di un felice incontro sessuale fra il corpo umano e l'automobile. Per descriverla J.G. Ballard evidenzia l'esistenza di una nuova forma di pornografia - una specie di "ipervisione", di analisi così ravvicinata e intensiva delle cose da decontestualizzarle e privarle della loro funzionalità - e la applica alla trama del suo libro. Ciò che resta è un insieme di dettagli che vengono rielaborati in nuove forme, in una combinatoria dei segni che si è sostituita al desiderio.

Cronenberg si insinua tra le pieghe della fantascienza colta New Wave (quella di Ballard, Spinrad e altri) utilizzandone le convenzioni per perseguire una poetica, come in altri casi, assolutamente personale. Seguendo un suo progetto mai interamente interrotto che percorre tutta la sua filmografia, la trasformazione, l'adattamento, l'evoluzione, avvengono sempre dall'interno, nella carne, nel sangue prima, nei flussi neuronali e nei territori della psiche poi, per manifestarsi all'interno della struttura dei rapporti sociali solo in un successivo momento. Le implicazioni della poetica cronenberghiana rimangono come sempre sullo sfondo mentre ne emerge imponente il suo segno più materiale; la sceneggiatura del film, nella misura in cui rimane fedele al testo e allo spirito dell'opera da cui è tratta non ne mutua, quella programmaticità didascalica tipica di un certo tipo di intellettuale impegnato, ruolo da cui Cronenberg si è sempre tenuto, anche con una certa indolenza, distante.

Quello che era il tema principale del romanzo di Ballard, il ripensamento dei rapporti sociali provocato dal flusso interminabile e ininterrotto delle automobili, è sostituito da Cronenberg da una rifondazione delle relazioni sessuali a un livello prima di tutto puramente biologico. Sin dai primi cortometraggi l'elemento corporeo è sempre al centro dell'opera di Cronenberg. Nella sua opera il corpo è stato via via il contenitore di strabilianti poteri psichici, il veicolo di trasmissione di virus, l'oggetto inconsapevole di mutazioni genetiche. In Crash esso diviene, per la prima volta, oggetto di un'attenzione estetica. Il corpo umano come oggetto d'arte.

Già in Inseparabili avevamo assistito a uno sguardo esteticamente interessato a parti anatomiche, e i due gemelli Mantle agivano sul corporeo, con i loro inediti strumenti chirurgici, come scultori su un blocco di creta o pittori su una tela. Altre volte erano stati organismi non umani (Il demone sotto la pelle) a trasformare la materia corporea per adattarla ad esigenze non riconducibili alla sopravvivenza o alla morte del soggetto a cui appartenevano. In altri casi erano le emozioni ad agire sul corporeo e a dare ad esso una nuova forma, più adeguata alla contemporaneità ( Brood, la covata malefica, Scanners). Il corpo come centro di attenzione quindi, ma mai come vero soggetto dell'azione.

In Crash il corpo umano è per la prima volta primo attore. L'interazione con le macchine è il modo in cui lo sguardo sul corpo si libera da ogni istanza etica o morale. Il corpo come materia, che agisce su stesso attraverso la macchina, il simbolo del trasferimento di materia nel mondo contemporaneo, così come il traffico lo è per la circolazione delle informazioni e delle idee.

Nell'immaginario postmoderno ballardiano, l'unico modo per il corpo di riprendere il controllo sul mondo materiale è quello di conquistare un suo ruolo nel mondo degli oggetti, farsi "cosa" e così acquistare attraverso la stretta interazione con altri oggetti la possibilità di plasmare la materia di cui è composto. I protagonisti di Crash, sofferenti a causa di una integrazione incosciente in un flusso di oggetti ormai dotato di una propria autonomia indipendente dai bisogni primari (in questa chiave possono leggersi tutti gli angosciosi riferimenti al fluire del traffico, come se fosse un qualcosa dotato di vita propria), non possono far altro che integrarsi, e utilizzare quel flusso incosciente ed ipnotico per modellarsi, alla ricerca di una nuova sensibilità di sé stessi che non può darsi in altri modi. Per compiere questo passo bisogna che il corpo interagisca con il mondo delle cose dal di dentro. Ridotto a materia plasmabile al pari di un blocco di creta o di una tela bianca, modificato nelle proporzioni e nelle funzionalità da intelaiature metalliche, unito alle macchine nel groviglio di lamiere di un incidente d'auto.

In Crash, la gente utilizza le automobili come estensione dei propri organi sessuali. E' solo un altro modo per relazionarsi in un mondo di alienazione e sessualità esaurita. Queste persone ricavano una spinta iper-erotica dagli incidenti stradali.
Uno degli aspetti più straordinari del film è la scelta di caratterizzare i personaggi con uno sguardo asciutto ed obbiettivo, piuttosto che farli apparire come esseri in preda a oscure e insolite spinte compulsive. Quello che a un primo sguardo puo' apparire come una bizzarra devianza ben presto guadagna, sotto lo sguardo freddo e clinico di Cronenberg, attributi di familiarità e logicità, malgrado resti forte la sensazione di trovarsi davanti a un mondo altro.
Quella di Cronenberg è in realtà una potente e ispirata metafora dell'omni-sessualità del tardo ventesimo secolo. "L'incidente è un evento fertile, non distruttivo", afferma uno dei personaggi in un momento apparentemente banale. Una tesi affascinante esposta in uno stile provocatorio e assertivo ma, al contrario di altri registi che potrebbero facilmente accontentarsi di esprimere un'idea simile in un modo epigrafico, per Cronenberg è solo l'inizio. Da autore "empirico", Cronenberg trasporta lo spettatore dentro la sua idea e comincia ad esplorarne le varie implicazioni e ramificazioni.

Ancora una volta, gli eroi cronenberghiani sfuggono alle classificazioni di ordine morale in quanto sottostanti a una logica che da questo ordine prescinde, per far riferimento a un disegno non finalistico e privo di una precisa appartenenza culturale. A guidarci nella loro evoluzione è appunto quella "benigna psicopatologia" che fa prevalere in maniera violenta il dato biologico su quello etico.